Economia e Vangelo. Le differenti misure del bene: il testamento

Il Testamento. Nessuno è mai pronto per farlo, ma rileggere la storia della nostra vita o della nostra comunità aiuta a scoprire che non basta il criterio economico per dare il giusto valore alle cose

Economia e Vangelo. Le differenti misure del bene: il testamento

Qualche anno fa, per i nostri 25 anni di matrimonio, mio marito e io ci siamo regalati un viaggio in Terra Santa. Sul monte Tabor, padre Paolo Bizzeti (che guidava il pellegrinaggio), presentando il testo della Trasfigurazione, ci ha aiutati a entrare nel racconto di questo passaggio decisivo nella vita di Gesù. Ci siamo soffermati sul disagio dei discepoli che non capivano, e abbiamo guardato alle figure di Mosè ed Elia che rappresentano il cammino del popolo di Israele accompagnato dalla legge e dai profeti.

Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante
Gesù viene riconosciuto come figlio di Dio, la voce dalla nube, che si era sentita anche in occasione del suo battesimo, lo attesta nuovamente e il suo volto assume un aspetto che non lascia dubbi sul fatto che è il Messia atteso dal popolo e narrato dai profeti e da Mosè. Padre Bizzeti al termine dell’esegesi del testo, ci ha presi in contropiede chiedendoci di dedicare un lungo tempo per la preghiera personale – e fin qua niente di straordinario – ma di usare questo tempo anche per scrivere su un foglio bianco il nostro testamento! Avevamo compreso che questo è il momento del testamento di Gesù, della piena consapevolezza e accettazione del suo esodo, della sua vita donata al Padre, ma cosa c’entrava il nostro testamento? Questo atto formale di scrivere nero su bianco a chi lasciamo le nostre proprietà è un passaggio che può prendere un altro sapore, un altro gusto: la consapevolezza insegnataci da Gesù di essere figli di un Padre che ci ama, ci riconosce, ci accompagna, e che ci ricorda che le cose che abbiamo non sono nostre, ma doni che siamo chiamati ad amministrare. Ognuno di noi vive il tempo che ci viene donato, e che si concluderà in questa vita, per essere portato a compimento nell’incontro faccia a faccia con Dio di cui già ora sperimentiamo la presenza. È veramente un’altra visione del testamento: non più solo un documento ufficiale e pubblico, ma un percorso che ci coinvolge emotivamente e spiritualmente e accompagna il nostro esodo.

Ed ecco due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme
Mosè ed Elia parlavano con Gesù della sua morte, del suo esodo. È il punto di incontro fra Antico e Nuovo Testamento, che si illuminano e riassumono nella presenza di chi li incarna e porta a compimento. L’uso del termine “testamento” accompagnato dagli aggettivi “antico e nuovo”, si richiama proprio al concetto di patto o alleanza bilaterale che lega Dio e il suo popolo, mentre solitamente noi utilizziamo questo termine come disposizione di una sola persona, quindi un contratto unilaterale dipendente solo da chi lo scrive (cfr. vocabolario Treccani). Pensare anche alla nostra storia come a un esodo è un importante cambio di prospettiva che ci educa a distaccarci dalle cose che servono solo ora, per migliorare la nostra quotidianità, ma che già nella nostra migrazione terrena – domani – potrebbero non servirci più e non avere lo stesso valore. Un’educazione al valore delle cose, al nostro esserne semplici amministratori e non possessori ci può aiutare a scrivere il testamento non solo come patto unilaterale ma testo che sancisce la nostra alleanza con Dio. È un cambio che riconosce la nostra autoconsapevolezza di stare in un cammino di cui ora viviamo solo un tempo, ma che avrà altri tempi e altre dimensioni. Gesù lo sapeva bene, e pur con la fatica di donare tutto e di farsi umiliare fino alla croce, nella preghiera e nel dialogo con la legge e i profeti, ha riconosciuto che il suo esodo lo portava a questo doloroso compimento, unico modo per poterci davvero mostrare il volto del Padre misericordioso.

Nella quotidianità non è sempre semplice la suddivisione ereditaria dei beni che legalmente sono in capo a una persona. A volte questo momento delicato diventa anche difficile per le relazioni all’interno delle famiglie. I miei genitori non hanno fatto testamento, ma io sono stata fortunata perché con mia sorella ho vissuto un’esperienza molto bella: sul piatto della bilancia c’erano una casa e del terreno con valori immobiliari diversi, ma poi c’era anche il sostegno alla mamma che era rimasta sola e che poi si è ammalata; anche questo aveva un peso “economico” importante. Senza ben sapere come sarebbe andato il futuro abbiamo con molta serenità diviso i beni in modo non equo dal punto di vista finanziario, ma accettando che poteva ricevere di più chi aveva anche la possibilità di assumersi la responsabilità di cura e accompagnamento della mamma. In seguito la vita ci ha dimostrato che questa è stata una scelta di bene di cui abbiamo potuto insieme ringraziare! Il valore dei beni cambia se li viviamo solo come bene economico o se ne intravediamo un uso più largo, utile anche a una famiglia più grande che, forse, può anche valorizzarlo meglio. Una visione diversa anche questa, che non ci toglie tutta la fatica di quando ci si mette a scrivere cosa lasciare e a chi, ma che aiuta a non fare differenze fra i diversi figli, non creare motivi di discussione o divisione nel rispetto delle caratteristiche di ciascuno, non lasciare pratiche in sospeso per evitare di accendere animosità o rivendicazioni. Franco Battiato, nella sua canzone Testamento, scriveva: «Il tempo perduto, chissà perché non si fa mai riprendere. I linguaggi urbani s’intrecciano e si confondono nel quotidiano... Peccato che io non sappia volare ma le oscure cadute nel buio mi hanno insegnato a risalire, e mi piaceva tutto della mia vita mortale». La consapevolezza che il tempo che stiamo vivendo ci educa a volare non è cosa di poco conto e, anche se ora non lo sappiamo fare, le cadute ci insegnano a risalire. Possiamo aiutarci a stare in questo tempo che ci viene dato di vivere crescendo insieme nella comprensione dell’esodo che stiamo percorrendo e sui valori diversi che vanno a formare il patrimonio di una comunità, di una famiglia, che sa fare i conti con eredità composte da tanti aspetti che hanno valori e pesi differenti e non sempre misurabili.

Il libro

Avarizia. Il rapporto deformato con le cose e il denaro è il volume di Enzo Bianchi, della serie “Se questa vita ha un senso”, collana Parole per lo Spirito (edizioni San Paolo, 2013, p. 48, 4,90 euro) dedicato all’avarizia. Un vizio che si insinua lentamente nel cuore dell’uomo: si inizia con il trattenere per sé ciò che può essere condiviso con altri; si prosegue con l’accumulare senza mai essere soddisfatti; ciò provoca una crescente inquietudine, la quale a sua volta genera l’ossessione dell’aumento del possesso.

Appuntamento ogni seconda domenica

Per proseguire il dialogo sui temi dell’economia c’è la possibilità di inviare riflessioni o porre questioni a don Gabriele Pipinato e a Vanna Ceretta utilizzando l’apposito indirizzo email economiaevangelo@diocesipadova.it

Vanna Ceretta

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