Egitto, la procura: Zaky in cella per almeno altri 45 giorni

A otto mesi dal suo arresto e dopo 243 giorni dietro le sbarre, Patrick Zaky dovrà restare in carcere per un altro mese e mezzo. Lo ha ha stabilito la Procura suprema per la sicurezza dello stato, al Cairo

Egitto, la procura: Zaky in cella per almeno altri 45 giorni

A otto mesi dal suo arresto e dopo 243 giorni dietro le sbarre, Patrick Zaky dovrà restare in carcere per un altro mese e mezzo. Lo ha ha stabilito la Procura suprema per la sicurezza dello stato, al Cairo, come apprende l'agenzia Dire da fonti locali.

L'udienza, terminata intorno alle 16, era stata riprogrammata ad oggi dopo che quella del 27 settembre era stata rinviata per "incompletezza". Il giudice in quell'occasione aveva accolto infatti l'istanza degli avvocati di Zaki che lamentavano l'assenza dell'imputato in aula. Gli avvocati del ricercatore hanno impiegato circa un'ora per conoscere la decisione.

Lo studente e attivista per i diritti umani egiziano è stato arrestato nella notte tra il 7 e l'8 febbraio all'aeroporto del Cairo, di ritorno da Bologna, dove era iscritto a un master dell'Università Alma Mater studiorum nel capoluogo romagnolo.
Contro di lui, la giustizia egiziana aveva già spiccato un mandato d'accusa nel settembre del 2019, di cui però Zaky non è stato informato fino al momento dell'arresto. Per la sua partecipazione alle proteste di allora, è incorso in cinque capi d'accusa: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo.

Posto subito in detenzione cautelare rinnovabile ogni 15 giorni, da luglio in poi i rinnovi sono passati a 45 giorni in attesa del processo. Zaky, che ha compiuto i 28 anni dietro le sbarre, ha più volte chiesto che almeno gli fossero portati i libri in cella in modo da poter proseguire i suoi studi.
La famiglia di Zaky, stando al gruppo Facebook 'Free Patrick', qualche giorno fa aveva diffuso una lettera per tornare a sollecitare la liberazione dello studente: "Sono trascorsi otto mesi di dolore e sofferenza senza alcuna indicazione di quando Patrick tornerà a casa o di un motivo chiaro per cui ci e' stato portato via. Ricordiamo bene il giorno in cui siamo andati a prenderlo all'aeroporto, tutta la confusione, la paura e l'ansia, quei sentimenti non ci hanno mai lasciati".

"Ogni giorno - continuano i genitori - ci dobbiamo confrontare con la realtà: nostro figlio è ancora in prigione e questo pensiero ci terrorizza. Abbiamo passato mesi senza vederlo e senza sentire la sua voce, riuscite a immaginare di non poter parlare con vostro figlio per mesi mentre sapete che sta soffrendo rinchiuso in una struttura di detenzione durante una pandemia? Ora che le visite sono riprese- hanno continuato i famigliari - cominciamo a fare i conti con l'orribile prospettiva che Patrick possa trascorrere mesi o addirittura anni di detenzione senza fine". Il disegnatore Mauro Biani ha sintetizzato questa situazione in una vignetta dal titolo "Ergastolo cautelare".

Intorno alla vicenda giudiziaria di Zaky si è creata sin da subito una forte mobilitazione internazionale, che ha coinvolto soprattutto l'Italia, con gli studenti dell'università di Bologna divenuti il motore degli appelli al governo Al-Sisi affinché il compagno di corso venga liberato.

Il caso Zaky ha riportato all'attenzione anche il tema dei diritti violati in Egitto: stando ai difensori dei diritti umani egiziani, le proteste di un anno fa contro il governo hanno prodotto un'ondata di arresti tra manifestanti, ma anche attivisti, giornalisti, avvocati, intellettuali. La tesi è che grazie alla nuova legge sull'antiterrorismo del 2015 sia più facile arrestare e imprigionare dissidenti incriminandoli per reati che collegano l'uso dei social e la partecipazione alle proteste con la diffusione di fake news e attività volte a destabilizzare lo Stato. (DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)