Emergenza alimentare: più colpite donne con figli e famiglie straniere

Il rapporto di ActionAid e Csv Milano fotografa l’identikit di chi è in difficoltà e si rivolge agli enti di assistenza, in 4 comuni della città metropolitana di Milano: 2.024 persone aiutate (671 famiglie) nel 2019, 3.957 nel 2020. "Rafforzare gli interventi di sostegno al reddito"

Emergenza alimentare: più colpite donne con figli e famiglie straniere

“Ho saltato molti pasti perché preferivo che mangiassero loro, se avevo due uova le davo a loro e io non ne mangiavo”. E’ il racconto di una donna di origine straniera di Baranzate, una delle 53 voci raccolte nel rapporto “La fame non raccontata” lanciato oggi da ActionAid in collaborazione con Csv Milano, che ha fotografato l’identikit di chi vive in emergenza alimentare, a. Coinvolti La Speranza - Corsico, La Rotonda – Baranzate, Fondazione Progetto Arca/Bottega Solidale – Rozzano e  Il Torpedone – Cinisello) .

Ne emergono l’impatto e le caratteristiche della povertà alimentare nel territorio metropolitano di Milano - appunto Corsico, Cinisello Balsamo, Baranzate, Rozzano - insieme agli effetti prodotti dalla pandemia. “Un’emergenza già esistente che si è allargata nel corso del 2020”: erano 2.024 le persone aiutate (671 famiglie) del 2019 e sono diventate 3.957 nel 2020 (1151 famiglie) con una crescita del +95%. “E se oggi Milano è protagonista di una rapida ripresa economica, - commentano gli osservatori - la sua provincia resta segnata da una crisi acuta che ha il maggiore allarme proprio nella difficoltà all’accesso a un cibo sano e adeguato per i più fragili”.
Il 63% degli intervistatisi è rivolto al centro di assistenza prima della pandemia e il 37% durante la pandemia: “Persone che si trovavano con entrate minime che con il Covid19 sono scivolate nella povertà alimentare, che non significa semplicemente mancanza di cibo, ma di alimenti di qualità e salutari, di possibilità di scelta. Una questione di dignità per sé e la propria famiglia, che si crepa quando si arriva alla consapevolezza che non ci si può più concedere altro che gli aiuti alimentari”.
"La povertà alimentare è un fenomeno che va ben oltre il solo bisogno materiale e riguarda aspetti sensibili della vita di ognuno; chi non ha accesso a un cibo adeguato vede compromesso il proprio benessere psicofisico: mancanza di dieta salutare, stress, paura, esclusione sociale. Il contrasto a questo fenomeno non può passare solamente attraverso misure di natura emergenziale come è stato per i buoni spesa erogati negli ultimi diciotto mesi. - sottolinea Roberto Sensi, Policy Advisor Global Inequality ActionAid Italia - Servono politiche di contrasto più efficaci come, ad esempio, rafforzare gli interventi di sostegno al reddito in modo che garantiscano alle famiglie in difficoltà l’accesso a un cibo adeguato sotto il profilo socio-culturale e nutrizionale. Il cibo è un diritto umano fondamentale e le istituzioni a tutti i livelli hanno il dovere di garantirlo evitando che il numero di famiglie che vivono la povertà alimentare continui a crescere nei prossimi anni” spiega

Più colpiti donne con figli e famiglie straniere

“La povertà alimentare si presenta con volto di donna, sono l’81% delle persone intervistate, in un panel rappresentativo della composizione della popolazione che si rivolge agli enti del territorio. Le donne hanno l’impegno diretto nella gestione della spesa e della sua ripartizione tra la famiglia, si fanno carico dello stress legato alla mancanza di cibo e sono le prime che rinunciano alla propria parte per darla ai figli", si legge. Colpite anche le famiglie straniere, che sono il 60% del campione e "sono particolarmente esposte a questo fenomeno, anche se si sono stabilite in Italia da molti anni e sono inserite nella comunità dove vivono". Tra le famiglie più vulnerabili ci sono poi quelle che svolgono anche funzione di caregiver: in 9 famiglie intervistate è presente una persona disabile che richiede assistenza.
Oltre il 20% inoltre dichiara di aver perso il lavoro durante la pandemia e molte altre dichiarano di aver visto ridurre significativamente le ore di lavoro, con ripercussioni gravi sul reale reddito disponibile, per molti la situazione economica è diventata ancora più critica perché è venuto meno il reddito da lavori precari (a chiamata, ambulanti, badanti).  

Il cibo, (quasi) un bene secondario

Di fronte alla necessita di sostenere le spese, come affitto e bollette, a cui viene destinato il guadagno mensile della famiglia, anche per la paura di perdere la casa, “il cibo diventa quasi un bene secondario, a cui relegare un budget esiguo e che vede escludere gli alimenti più costosi, come carne e pesce”. A sostenere nel momento di massimo disagio i nuclei famigliari (il 50% del campione) sono state le forme di sussidio statali di contrasto alla povertà estrema: il 37% degli intervistati riceve il reddito di cittadinanza, il 19% la Naspi, il 7% è in cassa integrazione, il 4% un sussidio di disoccupazione, il 4% assegni o indennità di accompagnamento, l’11% invalidità civile ed il 30% ha confermato di ricevere altri tipi di sussidi (reddito di emergenza, bonus Covid). 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)