Esclusione Bonus bebè e indennità di maternità: "Monito per il futuro: azioni da non ripetere”

Asgi, Patronato Inas Cisl Lombardia e Anolf Cisl hanno sostenuto i migranti in questo lungo contenzioso : “Ciascun bambino o bambina che nasce in una famiglia bisognosa ha il diritto di ottenere un aiuto pubblico a prescindere dalla condizione giuridica dei genitori”

Esclusione Bonus bebè e indennità di maternità: "Monito per il futuro: azioni da non ripetere”

Una sentenza importante e anche un monito perché non si ripetano in futuro scelte di questo genere. E’ questo il commento di Asgi, Inas Cisl Lombardia e Anolf Cisl, sulla sentenza della Corte costituzionale che ieri ha ritenuto incostituzionale escludere dal bonus bebé e dall’indennità di maternità gli stranieri privi di permesso di soggiorno di lungo periodo. “Scelte di questo genere rappresentano un danno non solo e non tanto per i migranti ma per la crescita e la coesione dell’intera collettività di chi vive sul nostro territorio” spiegano le organizzazioni. 

Nello specifico, la Corte costituzionale ha ritenuto che l’esclusione degli stranieri privi del permesso di lungo periodo dal bonus bebè e dalla indennità di maternità di base, è in contrasto con la Costituzione. Asgi, Patronato Inas Cis Lombardia e Anolf Cisl Milano, che hanno sostenuto i migranti partendo dalla prima presentazione delle domande, esprimono dunque piena soddisfazione per questo risultato “che riafferma non solo il principio di uguaglianza tra italiani e stranieri ma prima ancora il diritto di ciascun bambino che nasca in una famiglia bisognosa  di ottenere un aiuto pubblico senza distinzioni a seconda delle condizione giuridica dei genitori.” 

La vicenda nasce, per quanto riguarda il bonus bebè, nel 2015 (e prima ancora per quanto riguarda l'indennità di maternità) quando il Parlamento ha introdotto una misura di sostegno economico delle famiglie (80 o 160 euro a mese, a seconda del reddito)  escludendo però tutti gli stranieri privi del permesso di soggiorno di lungo periodo, cioè circa il 45% degli stranieri residenti in Italia. Nel frattempo, l’Unione europea aveva varato una direttiva in base alla quale tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti con un permesso che consente di lavorare hanno diritto alla parità di trattamento con i cittadini nelle prestazioni familiari. La Corte Costituzionale ha dapprima interpellato la Corte di Giustizia Europea che, con sentenza del 2.9.2021, aveva già dichiarato il contrasto dell’esclusione prevista dalle norme italiane con la direttiva 2011/98 e con la Carta dei diritti fondamentali UE. Ora la Corte Costituzionale  – rigettando le tesi del Governo italiano che si opponeva alla estensione della prestazione invocando l’autonomia dello Stato italiano rispetto all’Unione Europea – ha definitivamente cancellato dal nostro ordinamento la discriminazione di una parte cosi irrilevante di stranieri, consentendo a tutti coloro che hanno un permesso di almeno 6 mesi  che consente di lavorare di accedere alla prestazione.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)