Giornata infanzia, se il papà è “il re di Atlantide”. Parlano i figli caregiver

L'associazione Comip (Figli di genitori con disturbo mentale) ha sottotitolato in italiano il film svedese “King of Atlentis”, che racconta la vita vera di un giovane figlio con papà schizofrenico. L'incontro alla visione e al dibattito rivolto a tutte le scuole italiane, perché “noi da studenti avremmo voluto poter parlare di quello che vivevamo”

Giornata infanzia, se il papà è “il re di Atlantide”. Parlano i figli caregiver

 “Pensi mai 'Posso fare quello che voglio'?”. “Io? Mai pensato!”. E' forse questo semplice scambio di battute a raccontare più di tante parole la condizione di un figlio che è caregiver di suo padre (o di sua madre). Un ragazzo come tanti, con una vita apparentemente normale, ma che dentro di sé tiene nascosto un mondo, tanto più nascosto se quel mondo si chiama malattia mentale e riguarda uno dei suoi genitori. A raccontare ciò che pochi raccontano ma che tanti tengono segreto è un film svedese, “King of Atlantis”, di Marina Nyström e Noni Jorgensen: uscito nel 2018, mai tradotto in italiano, che ora l'associazione Comip (Children of mentally ill parents) ha voluto sottotitolare, in occasione della Giornata internazionale dell'infanzia e dell'adolescenza e del proprio 4° compleanno, per accendere una luce su queste vite spesso buie, dando voce a quel silenzio in cui affondano paura e vergogna.

E proprio per “spezzare il tabù”, il film è stato proiettato questa mattina, in diretta streaming su Mymovies (disponibile fino alle 23.59 di oggi), introdotto e commentato dalla presidente di Comip Stefania Buoni e dall'attore protagonista e sceneggiatore Simon Settergen, che si è ispirato alla propria storia personale di figlio e caregiver di padre schizofrenico. L'invito alla visione e al dibattito con l'attore è stato rivolto “a tutte le scuole d'Italia – spiega l'associazione - perché è davvero un'occasione unica di dare finalmente voce ai giovani caregiver figli di genitori che soffrono di un disturbo psichico e rendere l'argomento sempre meno un tabù”. L'evento, completamente gratuito, è stato realizzato grazie alle donazioni ricevute nell'ambito del progetto collegato alla miniguida "Quando Mamma O Papà Hanno Qualcosa Che Non Va" di Stefania Buoni.

Il film racconta la vita di Samuel e di tanti, come lui, che vivono con un genitore con un disturbo mentale e se ne prendono cura. Il papà di Samuel, in particolare, soffre di schizofrenia: convinto di essere il re di Atlantide, incaricato di far atterrare un cilindro da cui deriverà la salvezza della Terra, ha nominato suo figlio principe ed erede: la loro casa, la loro vita in due, è un regno da difendere, per il quale ogni estraneo è una possibile minaccia e un sospetto traditore. Tra i due c'è un amore tangibile, un rapporto che è fatto non solo di accudimento e di obblighi quotidiani, ma anche di momenti di serena condivisione e sincero divertimento. E' il legame che unisce ogni figlio al proprio padre, per quanto “eccentrico” questi possa essere.

Sarà l'arrivo di Cloe a far dilatare gli spazi angusti di un rapporto tanto ravvicinato ed esclusivo da soffocare le aspirazioni irrinunciabili di Samuel: “Non puoi lasciarmi”, è l'appello drammatico che il padre rivolge ripetutamente al figlio, quando lo vede allontanarsi. Consapevole, confessa: “So che non è facile vivere con un padre pazzo, che entra e esce dal reparto psichiatrico”. E invoca: “Perdonami”.

Ma “non è facile trovare un equilibrio tra prendersi cura di sé e prendersi cura di un padre”, ha spiegato Settergent, collegato da Stoccolma, agli studenti delle decine di scuole che hanno preso parte alla visione e al dibattito, animandolo con le loro domande. Domande spesso profonde, a cui è difficile trovare risposta: “Fare il caregiver è una scelta dettata dall'amore o è una condizione nella quale ci possiamo trovare nostro malgrado?”, oppure “E' più facile fuggire o restare?”. O, semplicemente, “cosa si prova a vivere con delle persone con malattie mentali, specialmente quando sono i tuoi genitori?”.

Domande importanti, perché “noi da adolescenti avremmo voluto che qualcuno ci parlasse di quello che stavamo vivendo – ha spiegato Stefania Buoni - Quando ero ragazza non avevo idea di essere una giovane caregiver. Uno tsunami ha investito mia famiglia fino a travolgerla: si chiamava problema di salute e quando colpisce un genitore o entrambi i genitori e tu sei ancora bambino o adolescente, è complicato. Se poi il problema è di salute mentale, allora il carico per un figlio può essere molto pesante: è fatto di paura, rabbia, senso di colpa, amore-odio, sensazione costante di camminare sule uova, difficoltà a concentrarsi, doversi occupare di questioni domestiche, gestire la terapia, essere vittime di bullismo per i comportamenti bizzarri dei genitori. In aggiunta, potresti dover gestire emergenze a cui nessuno ti ha preparato: stati maniacali depressivi, psicosi assistere o perfino sventare tentativi di suicidio, ecc. Ma come se non bastasse, c'è un altro carico: non poterne parlare con nessuno. Se dici che tua mamma o papà hanno un problema fisico, nessuno li riterrà per questo cattivi genitori, né considererà te come geneticamente compromesso e destinato a ereditare il disturbo. Ma se dici che ha un disturbo bipolare, o la schizofrenia, è sicuro che la risposta del mondo esterno sarà diversa”.

E' per questo che “abbiamo cercato di prendere quello che ci è successo e di piantare semi per il cambiamento – ha spiegato ancora Buoni - :un futuro in cui si possa contare su un supporto maggiore, buttando giù pregiudizio e paura”.

Chiara Ludovisi 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)