Giorno del ricordo. La storia brucia ancora

Il 10 febbraio si celebra il Giorno del ricordo delle foibe e dell'esodo delle popolazioni giuliano dalmate e istriane. Sabato 3 a Saonara si ricorda Dario Odoni, medico di base del paese per quarant'anni e profugo da Pola nel 1943.

Giorno del ricordo. La storia brucia ancora

A migliaia. Tra il 1943 e il 1947, durante e nei due anni successivi alla seconda guerra mondiale, uomini, donne, bambini che abitavano lungo il confine orientale italiano, furono prelevati dalle proprie case dai soldati di Tito con la sola “colpa” di essere italiani o considerati fascisti. Furono annegati nell’Adriatico, fucilati nei campi di prigionia jugoslavi, scaraventati nelle foibe, le cavità carsiche dove si gettavano spazzatura e carcasse di animali morti. E con il trattato di Parigi del 10 febbraio 1947 che ridefinì i confini tra Italia e Jugoslavia, con l’ordine di tracciare due zone (la A amministrata da un governo militare alleato e la B dal maresciallo Tito), l’esodo delle popolazioni giuliano dalmate e istriane, iniziato nel ’45 per sfuggire all’eccidio, diventò ancor più massiccio. 

Ogni anno dal 2004, in Italia, il 10 febbraio è di queste dolorose vicende che si fa memoria con il Giorno del ricordo per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe – come stabilisce la legge 92/04 – dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

In questo contesto il comune di Saonara organizza sabato 3 febbraio, alle 21 in sala civica Pertini, l’incontro “Per non dimenticare… Dario Odoni” che, nato a Pola nel 1924, fu medico di base a Saonara per quarant’anni dal 1955 al 1995. Cittadini e amministrazione vogliono ricordare la sua figura che tanto fece per la città sotto il profilo umano e non solo sanitario, ma anche la sua storia di esule istriano. Tra i tanti gesti generosi nei confronti degli altri, Dario Odoni per quarant’anni accompagnò ad esempio con l’Unitalsi i malati a Lourdes.

A Italia Giacca Zaccariotto, presidente onorario dell’Associazione nazionale Venezia Giulia Dalmazia, spetta il compito sabato 3 di parlare di Dario Odoni come profugo istriano.

«Dietro a Dario Odoni c’è la nostra storia drammatica: non aveva ancora vent’anni quando scappò da Pola. Io, allora, ne avevo sei anni quando la mia famiglia fuggì da Stridone, che secondo la tradizione diede i natali a san Girolamo. Per anni insieme a Dario Odoni abbiamo girato le scuole del territorio parlando delle foibe e dell’esodo, sebbene con due esperienze diverse alle spalle dettate dalla nostra età di allora. Con i ragazzi esordiva sempre così: “Immaginate di svegliarvi la mattina e di essere costretti a lasciare la vostra casa per sempre, portando con voi solo una valigia...”. Gli studenti rimanevano in silenzio e stavano ad ascoltarlo».

I segni di quanto è scritto sui libri di storia sono ancora dentro alle parole di molti testimoni diretti del massacro delle foibe e dell’esilio causato dalla barbarie dell’esercito comunista: «Le varie stagioni della mia vita – continua Italia Giacca – mi hanno fatto comprendere sfumature differenti di quanto fummo costretti a subire. Quando divenni madre capii la sofferenza dei miei genitori costretti a lasciare tutto e a non guardarsi più indietro. Da nonna ho compreso, invece, il dolore straziante di mio nonno che decise di restare a Stridone perché temeva di essere un peso per la famiglia e che continuava a ripetermi: “Non ti vedrò più, non ti vedrò più...”».

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