Giovani. D’estate la carità è a km zero. Le storie delle ragazze e dei ragazzi volontari nelle parrocchie verso gli ultimi

Per i giovani la proposta della diocesi è di dedicare questo tempo estivo senza grest, campiscuola, pellegrinaggi... a stare con i poveri della “porta accanto”. Ecco le storie delle giovani e dei giovani della diocesi di Padova impegnati nelle Caritas in parrocchia

Giovani. D’estate la carità è a km zero. Le storie delle ragazze e dei ragazzi volontari nelle parrocchie verso gli ultimi

Lo abbiamo già visto, lo abbiamo già raccontato. L’estate 2020, inaugurata astronomicamente la scorsa settimana, sarà molto diversa dalle sue omologhe. Niente campiscuola, niente pellegrinaggi, pochi grest e controllati. Eppure, in questo tempo “spoglio” al termine – si spera – della pandemia di Coronavirus, tanti giovani della diocesi di Padova dedicheranno l’estate a “esperienze di carità a km zero”. Questa, in sintesi, l’indicazione da parte della diocesi alle parrocchie padovane, ben riassunta dal documento sul sito www.giovanipadova.it/carita-e-giovane. Ma oltre ai tanti giovani che tra Cucine popolari, case di anziani, doposcuola parrocchiali e strutture locali sperimenteranno, forse per la prima volta, la dimensione della carità, molti sono i ragazzi e le ragazze che già da anni prestano servizio nelle Caritas delle loro parrocchie.

Sara Bevilacqua di Santa Giustina in Colle, ad esempio, ha 25 anni e studia per diventare ostetrica. Oltre allo studio e al lavoro, da quasi sei anni offre il suo tempo nel centro di ascolto Caritas del suo paese. Ed è stata proprio un’esperienza estiva a condurla a questo mondo: «Il tutto è nato grazie ai campiscuola quando ero ancora minorenne – racconta – ogni estate gli animatori ci chiedevano di fare un’esperienza diversa. Nel 2011 nella mensa Caritas di Roma, nel 2012 a Cagliari, per un servizio chiamato “Fratellanza di strada”». In Sardegna Sara conobbe l’esperienza di Simona, che si occupava di tre uomini, Piero, Simone e Salvatore, che avevano affrontato prove durissime nella loro vita. «Per me è stato un onore conoscerli, anche se hanno avuto disgrazie grandissime, dopo ogni caduta si sono rialzati. Da loro ho potuto capire che con la determinazione si riescono a raggiungere obiettivi insperati». A Santa Giustina in Colle Sara, insieme alle altre volontarie, incontra molte famiglie in difficoltà con cui ha ormai instaurato un rapporto profondo: «Prima del Coronavirus le incontravamo due volte al mese per sapere se avevano bisogno di qualcosa o se erano riusciti a portare a termine ciò che si erano prefissate. Dopo il lockdown abbiamo continuato a sentirci per telefono, confrontandoci poi in équipe su come trovare una soluzione nel più breve tempo possibile». Tra i vantaggi di operare come Caritas c’è quello di riuscire «a formare una vasta rete all’interno del Comune per avere più risorse a disposizione». Il gruppo di volontarie si dimostra affiatato e ben rodato: «Si è instaurato un bellissimo legame. Consiglierei ai giovani di vivere un’esperienza così: a volte è impegnativo coordinare tutto, ma lo sforzo viene ripagato. Auguro davvero a tutti di vivere le esperienze che ho avuto la fortuna di vivere io».

Anche Anna Marinaro, di Cristo Re, è impegnata in molti servizi nella sua comunità: «Da un anno e mezzo, con la Caritas parrocchiale, mi occupo della raccolta “Adotta una spesa”, coinvolgendo anche i giovanissimi dell’Azione Cattolica. In questo tempo di emergenza sanitaria abbiamo chiesto la collaborazione del supermercato locale. È un’iniziativa che ha riscosso un grande successo, proprio grazie alla partecipazione dei giovani». Ogni due giorni si svuota il carrello dai beni depositati dalla gente e si ripongono nella dispensa parrocchiale. Un impegno – tra i tanti – in cui Anna si ritrova completamente: «È un po’ nella mia natura cercare di aiutare le persone in difficoltà, in queste settimane di Covid19 mi sono sentita ancora più in dovere di farlo. Io sto bene, perché non aiutare chi ha bisogno di qualcosa?». Tra le esperienze che Anna porta nel cuore l’aiuto dato a un signore africano a ritornare a casa dopo l’insorgere di un handicap, esperienza già raccontata dalla Difesa qualche mese fa: «Trovare il pulmino, guidare all’aeroporto, salutarlo, abbracciarlo, sentirsi dire grazie. Sono gesti che ti riempiono. Ai ragazzi come me dico: “Buttatevi! Lasciatevi coinvolgere. Dite un sì che non costa niente”».

Piera Congia, di Legnaro, impegnata in parrocchia come educatrice, si è avvicinata al servizio in Caritas con la crisi del Coronavirus: «Ci siamo presi carico con alcuni giovani di svolgere il servizio della spesa alimentare, che normalmente vengono distribuiti ogni 15 giorni alle famiglie più bisognose e che in tempo di Coronavirus abbiamo portato a casa. È stata un’esperienza molto importante e positiva. Ho vissuto incontri con situazioni fragili, diverse tra loro, ma sempre autentiche». Piera non nasconde i vecchi pregiudizi: «Avevo l’idea che la Caritas fosse una “cosa da vecchi”. Invece, anche grazie a questa esperienza, ho capito come sia una realtà che permette a tutti di mettersi in gioco con una profondità che tante altre realtà non hanno». C’è spazio per i giovani nelle Caritas? «Spesso sono vissute da persone adulte, ma credo che i giovani, anche grazie alla guida e all’accompagnamento dei loro educatori, possano bussare alla porta delle Caritas per sperimentarsi. Basta una singola volta per conoscerla».

Giacomo Bianchi, impegnato nella distribuzione nel vicariato dell’Arcella, racconta di aver capito in questi mesi quanto l’impegno della Caritas sia di importanza vitale per tante, troppe persone: «Ho iniziato con il tempo libero del Covid, ma credo di continuare con il mio aiuto anche dopo il ritorno al lavoro. Consiglio questo servizio a tutti i giovani, perché fa toccare con mano quella povertà che in televisione e sui social sembra tanto lontana, e che invece si trova dietro casa nostra».

Angela Fontolan, 17 anni, dell’Arcella, è diventata volontaria in Caritas a seguito della cresima. Per ora si occupa della sistemazione del magazzino dei viveri a lunga conservazione, dove le famiglie in difficoltà del territorio si recano per chiedere un aiuto. «La carità mi gratifica e mi insegna molto. A contatto con il mondo degli ultimi, mi sono resa conto che la solidarietà non può e non deve fermarsi. In questo momento tante persone fanno i conti con difficoltà economiche, spesso avendo anche figli a carico. Nella relazione diretta sto imparando a camminare con loro. Dare un piccolo sollievo a queste situazioni familiari difficili mi riempie di gioia».

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