Governo M5S-Lega: un equilibrio dinamico tra i desideri e la realtà
Guardando alle prossime scadenze spiccano le elezioni europee. È vero che in Italia vincere le elezioni europee non porta fortuna, come si è visto cinque anni fa. Tuttavia, con buona pace delle propagande, dall’Unione europea non si può prescindere. Bisogna però governarla e gestirla, in modo nuovo.
È un tema strategico che forse per la prima volta unifica le varie elezioni nazionali in una posta comune. Ma prima ci saranno le elezioni di medio termine negli Stati Uniti. Un passaggio molto importante per la sfida all’Unione che Trump sta portando avanti. Tutto si tiene, in una situazione complicata e inestricabile, dove fare previsioni è impossibile, ma in cui c’è tanto spazio per un lavoro originale, realistico e creativo.
Quest’anno niente vacanze per la politica italiana. La tragedia di Genova, sollevando strutturali interrogativi sugli indirizzi delle politiche pubbliche di questi vent’anni, ha mantenuto altissima la tensione del dibattito politico. A proposito del quale si possono annotare alcuni dati e indicare due nodi prospettici.
Il primo dato è, secondo i sondaggi, un largo consenso alle due forze di governo, sia pure a rapporti di forza ribaltati rispetto alle elezioni del 4 marzo. Il secondo è una stabilità dialettica della coalizione e una pressoché unanime opinione che, cadesse questo governo, non ci sarebbero elezioni immediate. L’ambivalente stabilità dell’alleanza di governo è legata al duplice volto sia di Lega che di M5S, forze “di alternativa e di governo”. Esemplare la dichiarazione del vicepresidente del Consiglio Di Maio davanti alle macerie del ponte Morandi a Ferragosto, su quello che potremmo definire il management della “rabbia”. Questo significa tenere sotto tensione la comunicazione (e l’elettorato), salvo la disponibilità a più realistiche soluzioni di governo.
Lo schema di fatto è applicato a tutti i dossier sul tappeto, dall’immigrazione, all’Ilva. In prospettiva la prova del nove sarà la prossima legge di bilancio.
Lo schema fino ad ora funziona, anche se comporta una continua tensione per mantenere un equilibrio dinamico, tra i desideri e la realtà, la comunicazione e le decisioni.
La convergenza, tra quella che si può definire “formula politica” e l’“indirizzo politico o di governo”, richiede tempo e maturità: si tratta di una operazione strutturale di stabilizzazione che implica anche una sistemazione culturale adeguata. Ma il divorzio tra cultura, economia e politica e la bassa qualità sistemica sono uno dei grandi problemi, oggi, delle democrazie occidentali, alla radice del malessere con cui ci stiamo quotidianamente confrontando.
Qui si colloca la riflessione, proposta già da mesi dal presidente della Cei, sul prossimo centenario dell’appello del 19 gennaio 1919 ai “Liberi e forti”, occasione per un ripensamento e un rilancio ideale e programmatico. Ma il richiamo da solo non basta.
Servirebbe, proprio per rendere un servizio strutturale alla qualità della transizione verso quel nuovo assetto che non è chiaro, ma che pure è in corso, una regia delle varie e plurali iniziative dei cattolici che questo centenario può implicare. Senza questa regia resterà il tutto nel catalogo infinito della buone intenzioni.
Guardando alle prossime scadenze spiccano le elezioni europee. È vero che in Italia vincere le elezioni europee non porta fortuna, come si è visto cinque anni fa. Tuttavia, con buona pace delle propagande, dall’Unione europea non si può prescindere. Bisogna però governarla e gestirla, in modo nuovo. È un tema strategico che forse per la prima volta unifica le varie elezioni nazionali in una posta comune. Ma prima ci saranno le elezioni di medio termine negli Stati Uniti. Un passaggio molto importante per la sfida all’Unione che Trump sta portando avanti.
Tutto si tiene, in una situazione complicata e inestricabile, dove fare previsioni è impossibile, ma in cui c’è tanto spazio per un lavoro originale, realistico e creativo.