I detenuti di Sollicciano scrivono al Papa: “Santità, venga a trovarci”

Ecco la lettera integrale scritta da un gruppo di reclusi insieme al cappellano del carcere fiorentino don Vincenzo Russo. “Abbiamo bisogno della sua luce”

I detenuti di Sollicciano scrivono al Papa: “Santità, venga a trovarci”

Santità, carissimo Papa Francesco,
non ricordiamo più se questa è la quarta o la quinta lettera che Le scriviamo. Il numero delle nostre lettere non è importante; importante è invece la risposta che abbiamo ricevuto in occasione del nostro secondo invito a venirci a trovare nel carcere di Sollicciano. In quella risposta, ci veniva comunicato che non era possibile inserire una variante nel programma della Sua visita a Firenze perché già pieno. Ma c’era la promessa (parola di PAPA!!!!) che “nella prossima volta” si sarebbe trovato il tempo per stare con noi, magari mangiare con noi, parlare e pregare con noi, semplicemente, come Lei sa fare, da fratello, da pastore, un pastore che sta “in mezzo” al gregge, per ascoltare, per raccogliere e regalare speranza e luce.
Abbiamo un bisogno estremo di quella speranza e di quella luce, perché non ci piace l’attenzione che si accende su questo mondo buio e chiuso nelle tragedie, nelle emergenze, per i suicidi, gli omicidi o le rivolte. Chi scrive è un NOI, fluido, mutevole. Alcuni di noi siamo certamente altri da quelli delle prime lettere, ma siamo comunque gli stessi: arriviamo tutti dallo stesso inferno e andiamo tutti verso lo stesso girone d’inferno, stesse miserie materiali e culturali, stesse difficoltà di vita dignitosa, ovunque ci abbia portato il nostro cammino, perché noi siamo gli “scarti” di tutte le società. Però siamo attenti, e anche questa volta abbiamo colto l’informazione che il nostro cappellano ci ha fornito. Così abbiamo saputo che il 27 febbraio 2022 ci sarà a Firenze l’incontro dei Vescovi del Mediterraneo e, allo stesso tempo, il convenire dei sindaci provenienti da città piccole o grandi delle coste o dell’entroterra del Mare Nostrum, il Mediterraneo.
A questo incontro di sicuro Lei non mancherà di partecipare visto che i temi all’ordine del giorno sono gli stessi a cui Lei tiene fortemente: pace, giustizia, uguaglianza, solidarietà tra i popoli, vicinanza tra 2 religioni, rispetto e amore per il creato. Firenze è nell’entroterra, la città non si affaccia sul mare, ma Sollicciano, il carcere è completamente immerso in quel “mare nostrum”, che è uno dei nostri cimiteri, dove tanti nostri fratelli sono annegati e continuano ad annegare. Quel “mare nostrum è il nostro inferno, in cui siamo quotidianamente immersi, gelido in inverno, bollente in estate, carico di energia che esplode in temporali di violenza e in tempeste di rabbia, riempito con le nostre lacrime e asciugato dai nostri bisogni.
Non ci sono attorno cento città ma ci sono rappresentate 44 etnie, praticamente tutti i popoli delle coste del bellissimo e ricco di storia Mediterraneo. Siamo albanesi, calabresi, marocchini, siciliani, tunisini, pugliesi, slavi, napoletani...toscani, siamo interessati a quanto uscirà da questo incontro, se solo parole o anche scelte che possano influire sulle nostre vite. Il cappellano è sempre quel Don Vincenzo che ci fu vicino nel digiuno di preghiera, che ci cammina al fianco ogni giorno, senza fermarsi davanti alle differenze di etnia, di religione o di storia. Raccoglie i nostri dolori e cerca di sciogliere i nodi di amarezza che stringono i nostri cuori. Ci ha detto di questo incontro, ci ha parlato del Sindaco La Pira, personaggio importante per questa città in anni lontani che si è impegnato a fondo per accogliere profughi, par dare casa ai poveri. Ci ha parlato di altre persone che hanno illuminato quegli anni: Don Facibeni, Don Milani, Don Corso, che hanno speso la loro vita e le loro energie nella Carità e per la Carità, quella luminosa e generosa e non quella pelosa, interessata. Particolarmente ci ha parlato del venerabile don Giulio Facibeni, del suo mirabile esempio di amore per i poveri – ne ha accolti più di diecimila – e di abbandono totale alla Divina Provvidenza nel farsi servo degli ultimi, dei senza voce del suo tempo e di quelli a venire.
Tempi lontani quelli ma attuali: qualche sprazzo di quella luce arriva anche dietro le sbarre, ma “dentro” il tempo è fermo ed immobile: nessun passo avanti, piuttosto passi indietro. Le nostre condizioni e le nostre prospettive peggiorano sempre di più. Riceviamo visite, o meglio arrivano ispettori, direttori, ministri, autorità, sindaci. Arrivano, guardano, capiscono, rilasciano una dichiarazione, e poi tutto ritorna come 3 prima, il silenzio diventa più pesante. E’ venuto tempo fa anche il Sindaco di Firenze, Dottor Nardella, lo stesso che sta organizzando il prossimo incontro di febbraio. Anche lui ha fatto un lungo giro, guardato, parlato con operatori e una volta fuori ha fatto una importante dichiarazione: Sollicciano non è carcere da ristrutturare o riformare, è da CHIUDERE. Aveva ragione, ma sono passati anni, è passata anche una pandemia, morti, feriti, scontri, urla, proteste, richieste e siamo ancora qui, cresciuti di numero: tutto come prima. Cosa ci aspettiamo dalla Sua visita, Santità? Ci aspettiamo un abbraccio da chi non misura le distanze, da chi non costruisce muri di giudizio, ci aspettiamo parole di conforto, quelle parole che Lei pronuncia spesso e che danno dignità agli “scarti invisibili”, di questa, come di tutte le società che si affacciano sul Mediterraneo. Ci aspettiamo un momento di pace e di serenità, un momento di attenzione amorevole. Don Milani diceva “I care”, diceva anche che avrebbe preferito invitare l’ultimo arrivato e non il primo, che gradiva la vicinanza dei “perdenti più che dei “vincenti”, dei potenti insomma. Noi pensiamo che anche Lei sia un po' così e che dunque quando verrà a Firenze, il 27 febbraio (mancano 4 mesi!), vorrà stare un poco anche con noi. Non camminerà nelle navate della Cattedrale o nelle sale del palazzo della Signoria ma nei corridoi di sbarre e cemento, non avrà da ricordare belle immagini, ma le si scalderà il cuore perché “chi ha attraversato il deserto può diventare profeta”. Lo ha detto Lei e noi le abbiamo creduto. Le crediamo ancora e La aspettiamo.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)