Il Gattopardo, un romanzo che nasconde profondità ignorate

La presentazione alla Festa del cinema di Roma del film “La nascita del Gattopardo” di Luigi Falorni, ha riaperto il discorso sul capolavoro dello scrittore siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Il Gattopardo, un romanzo che nasconde profondità ignorate

Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?

La presentazione nella sezione “Riflessi” della Festa del cinema di Roma del film “La nascita del Gattopardo” di Luigi Falorni, ha riaperto il discorso sul capolavoro dello scrittore siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa uscito nel 1958 e reso ancor più celebre (aveva intanto vinto un premio Strega “postumo” -Tomasi era morto due anni prima- nel 1959), grazie al sontuoso film di Visconti del 1963. Le celebri parole di Tancredi, nipote del principe Fabrizio Salina, fanno capire come l’autore non fosse ottimista sulle magnifiche e progressive sorti del nostro RisorgimentoCome nei Vicerè di De Roberto e nei Vecchi e i giovani di Pirandello, nel momento stesso del farsi dell’unità d’Italia avevano preso il via dinamiche che impediranno il vero compimento del risorgimento sognato da mazziniani e socialisti. Ma in quelle parole non vi è la celebrazione del trasformismo politico, personificata da un giovane scaltro che corteggia la “rivoluzione” per poi riportarla nell’alveo degli interessi padronali: è semplicemente la capacità di Tomasi di Lampedusa di capire l’origine di quegli inciampi che rafforzarono, invece di attenuare, il divario tra un nord in via di industrializzazione e un sud legato alla monarchia borbonica e a trazione latifondista.

Non è un caso che il protagonista, don Fabrizio, sia, come il don Cosmo Laurentano dei Vecchi e i giovani, un uomo distaccato, teso ad una dimensione assai diversa da quella della politica: l’osservazione delle stelle. La sua visione è disincantata, ma anche molto realista: gli interessi internazionali sono tali che se Garibaldi è potuto arrivare in Sicilia e fare fuori con pochi uomini l’esercito borbonico, vuol dire che questo è stato permesso in alto.

Le incomprensioni per “Il Gattopardo” che fioccarono all’interno della agguerrita squadra degli intellettuali di sinistra nascono da qui. L’uso sapiente delle voci narrative fu scambiato per rifiuto tout court del processo risorgimentale.

Un romanzo così strutturato non poteva piacere infatti ad alcuni critici “impegnati”: Vittorini, nel 1957 lo rifiutò per i Gettoni Einaudi e anche Mondadori declinò l’invito alla pubblicazione. Solo Giorgio Bassani, l’autore del “Giardino dei Finzi Contini”, convinse la Feltrinelli, permettendo la lettura di uno dei capolavori del Novecento italiano.

Ma il romanzo, e praticamente nessuno lo ha voluto notare, non parla solo di politica. Vi è qualcosa di profondo che emerge qui e là e che lascia intravedere abissi, sguardi verso l’oltre, come nel caso della pagina in cui vengono descritti gli ultimi istanti del protagonista. Tra la gente accorsa al capezzale di Fabrizio si fa largo una donna; mai immagine di autore laico era stata così vicina all’icona sacra della Non-Toccata che qui si fonde con le radici dell’amore umano e che forse solo Dante era riuscito a intravedere attraverso la guida di un’altra figura della grazia femminile:

“Era lei, la creatura bramata da sempre che veniva a prenderlo: strano che così giovane com’era si fosse arresa a lui; l’ora della partenza del treno doveva essere vicina. Giunta faccia a faccia con lui si sollevò il velo e così, pudica ma pronta ad essere posseduta, gli apparve più bella di come mai l’avesse intravista negli spazi stellari. Il fragore del mare si placò del tutto”.

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Fonte: Sir