“Il carcere sia l’extrema ratio”: le richieste dei Garanti per il sistema penitenziario del futuro

Inviato alla commissione ministeriale presieduta da Marco Ruotolo il contributo della Conferenza dei Garanti territoriali per la riforma e l'innovazione del sistema penitenziario e dell'esecuzione penale”. “Non si potrà tornare al passato, come se la pandemia fosse una nuvola passeggera”. Punto per punto, le richieste dei Garanti

“Il carcere sia l’extrema ratio”: le richieste dei Garanti per il sistema penitenziario del futuro

“Il sistema penitenziario del futuro non potrà tornare a essere quello del passato, come se la pandemia fosse una nuvola passeggera”. E’ quanto si legge nel “Contributo della Conferenza dei Garanti territoriali per la riforma e l'innovazione del sistema penitenziario e dell'esecuzione penale”, indirizzato al presidente della Commissione l’innovazione del sistema penitenziario, Marco Ruotolo, recentemente istituita con decreto della ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
Il documento è stato discusso e approvato dalla Conferenza rappresentativa dei Garanti delle persone private della libertà nominati dalle regioni, dalle province e dai comuni italiani, durante l’assemblea svoltasi a Roma venerdì scorso, nel corso della quale il Garante del Lazio, Stefano Anastasìa, è stato riconfermato portavoce della Conferenza stessa.

“Con la costituzione della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario, la Ministra della giustizia Marta Cartabia ha dato un nuovo impulso alle aspettative di riforma che l’intero settore dell’esecuzione penale nutre da tempo e che – dopo la stagione di speranze degli Stati generali della esecuzione penale promossi dal Ministro Orlando - sono state in parte deluse dalla mini-riforma del 2018, poi contestate da un indirizzo politico carcero-centrico e infine frustrate dalla emergenza pandemica – affermano i Garanti nel documento -. L’impresa, dunque, non è facile e deve fare fronte a tare storiche del nostro sistema penale e penitenziario, rinnovate e rese più evidenti dalla pandemia. Questo significa, innanzitutto, che il sistema penitenziario del futuro non potrà tornare a essere quello del passato, come se la pandemia fosse una nuvola passeggera, anche se la prima cosa da fare è sottoporre a un’attenta verifica le disposizioni del regolamento del 2000 e della legge del 2018 ancora inattuate, insieme con le indicazioni operative della Commissione Palma della passata legislatura”.

“La pandemia – continuano i Garanti - ci ha insegnato che il penitenziario non può vivere in una condizione di perenne emergenza, con una capienza costantemente insufficiente alla domanda di incarcerazione. In queste condizioni, anche le minime misure di profilassi sanitaria, quelle che bisognerebbe assicurare anche al di fuori dello stato di emergenza, non possono essere garantite adeguatamente. Né la soluzione può trovarsi nell’ampliamento della capacità detentiva degli istituti penitenziari, visto che esso richiede una enorme quantità di risorse finanziarie e umane, non ha tempi di realizzazione rapidi e, come le vicende degli ultimi trent’anni dimostrano, finisce solo per inseguire la domanda di incarcerazione: negli ultimi venticinque anni la capienza degli istituti penitenziari, infatti, è aumentata di almeno quattordicimila unità, ma la popolazione detenuta è andata sempre e costantemente oltre. D’altro canto, proprio la pandemia ha messo in luce, più di quanto non fosse già a conoscenza degli operatori, la vulnerabilità sociale di buona parte delle detenute e dei detenuti, ospitati in carcere per minime condotte devianti e prive di riferimenti esterni per alternative al carcere.

Il carcere come “extrema ratio”. Le richieste dei garanti

I Garanti territoriali indicano, ancora una volta, il carcere come extrema ratio, con la valorizzazione di nuove forme di composizione dei conflitti tra autori e vittime di reato e attraverso nuove politiche di accoglienza delle persone detenute. Per i Garanti territoriali deve essere superato definitivamente il meccanismo delle preclusioni assolute nell’accesso ai benefici penitenziari, così come indicato dalla Corte europea dei diritti umani e dalla Corte costituzionale anche per gli autori dei reati più gravi.

Inoltre, si legge nel documento, le videochiamate devono diventare strumento ordinario di comunicazione, accanto e non in sostituzione dei colloqui o delle telefonate, così come internet deve diventare accessibile sia per le attività didattiche, formative e lavorative che per l’accesso alla cultura e all’informazione.
Per i Garanti, è necessario “dare efficace attuazione - si legge nel documento - sia agli investimenti per la individuazione di case famiglia, affinché nessun bambino sia più ospite dei penitenziari italiani, e per progetti di trattamento e reinserimento sociale di sex-offenders e maltrattanti”.

Tra gli altri temi affrontati: la corrispondenza in forma elettronica; le coperture di spese degli affidamenti al minimo ribasso del servizio del vitto, come recentemente rilevato dalla Corte dei conti per il Lazio; il potenziamento delle forme partecipative dei detenuti, nella programmazione delle attività, così come nella gestione delle biblioteche e nel controllo delle forniture per il vitto e delle graduatorie per il lavoro; il passaggio dalle parole ai fatti in tema di diritto all’affettività e alla sessualità in carcere; il potenziamento dei servizi di telemedicina e l’adozione di una cartella clinica elettronica per garantire un’adeguata continuità assistenziale alle persone detenute e il potenziamento dei servizi di salute mentale, con una propria presenza multidisciplinare in tutti gli istituti di pena.
Infine, i Garanti territoriali sostengono che nel piano dei ristori dovuti a seguito della pandemia, non possa mancare il risarcimento delle condizioni di detenzione particolarmente gravose subite durante l’emergenza, attraverso forme di liberazione anticipata speciale.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)