Il documento finale del Sinodo per l'Amazzonia vuole il "peccato ecologico"

«Oggi si parla tanto dell’Amazzonia perché finalmente il mondo, grazie all’iniziativa di Papa Francesco, si è accorto che la deforestazione è una minaccia per tutta l’umanità» è il commento mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, sul Sinodo per l’Amazzonia che si è appena concluso.

Il documento finale del Sinodo per l'Amazzonia vuole il "peccato ecologico"

«Definire il peccato ecologico come un'azione o un'omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente». È una delle proposte del documento finale del Sinodo per l'Amazzonia, in cui si spiega che il peccato ecologico «è un peccato contro le generazioni future e si manifesta in atti e abitudini di inquinamento e distruzione dell'armonia dell'ambiente, trasgressioni contro i principi di interdipendenza e rottura delle reti di solidarietà tra le creature e contro la virtù della giustizia». Viene inoltre proposto di «creare ministeri speciali per la cura della “casa comune” e la promozione dell'ecologia integrale a livello parrocchiale e in ogni giurisdizione ecclesiastica, che abbiano tra le loro funzioni la cura del territorio e delle acque, nonché la promozione dell'enciclica Laudato si’».

«Come modo per riparare il debito ecologico che i Paesi hanno con l’Amazzonia», i padri sinodali propongono infine

«la creazione di un fondo mondiale per coprire parte dei bilanci della comunità presenti in Amazzonia che promuovono il loro sviluppo integrale e autosostenibile e, quindi, anche per proteggerle dal desiderio predatorio di aziende nazionali e multinazionali di estrarre le loro risorse naturali».

Non mancano, nel testo, consigli dettagliati e concreti in materia di ecologia e sostenibilità ambientale, come «ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili e l'uso della plastica modificando le nostre abitudini alimentari con stili di vita più sobri».

Il Sinodo per l’Amazzonia ha rappresentato un’occasione per scoprire «la bellezza ma anche la drammaticità di un territorio che è vittima di un saccheggio sistematico delle risorse naturali, con il rischio di compromettere non solo l’intero eco-sistema, ma anche la qualità della vita delle persone» racconta mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti e presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, secondo il quale «al primo posto del Sinodo c’è stato il tema della casa comune» e l’imperativo alla «conversione», in materia di ecologia integrale, proposta dalla Laudato si’. 

«Il messaggio ecologico è il vero e unico messaggio del Sinodo»

Dall’Amazzonia ad Amatrice e alle zone terremotate del Centro Italia, secondo il vescovo, il passo è breve: «Quello che hanno in comune realtà così diverse – spiega – è la scarsa attenzione alla dinamica della natura. In un territorio ‘ballerino’ come l’Italia, facciamo fatica a fare qualcosa di ecosostenibile, anche in questa fase in cui sembra ci si stia avviando alla ricostruzione. In Amazzonia domina la logica spietata delle multinazionali che non si curano delle conseguenze che provocano sul territorio, e quando succede un evento negativo piangono magari per qualche giorno ma ricominciano».

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Fonte: Sir