Il virus passa (forse). Restano invece tante domande

Dal Diario di un prete peccatore: se non vero, verosimile. «Dopo oltre quaranta giorni sospesi, provo a guardare in là»

Il virus passa (forse). Restano invece tante domande

Che settimana santa, che Pasqua quest’anno! L’emergenza per il virus ha cambiato abitudini secolari della Chiesa e le mie personali... di tutta una vita. Come prete, mi sono sentito spogliato da ciò che ci vestiva, da tanti “paramenti” abituali, ma ho cercato di vedere questa pandemia come kairòs, luogo di incontro con il Dio che parla attraverso gli avvenimenti quotidiani. Ho voluto attenermi al decreto del vescovo sulla settimana santa, non solo per senso di obbedienza – che qui diventava richiesta di comunione ecclesiale autentica – ma anche per trovare motivazioni “nuove” alla radice dei giorni santi. Chi crede obbedisce a Dio tramite la vita, e cerca di accogliere nella propria esistenza deserto e terra promessa, o no?

La domenica delle Palme non ho benedetto l’ulivo, perché era proibito ma soprattutto perché non ho trovato il senso di farlo: se non si festeggia Gesù che entra in Gerusalemme, il ramo benedetto rimane poco più che un oggetto di tradizione, un talismano… non c’è bisogno, mi pare, di incrementare abitudini a rischio di superstizione. È bastata la seconda parte del titolo della domenica: la passione del Signore.

L’adorazione eucaristica delle Quarantore l’ho sostituita con parecchie telefonate ad ammalati della parrocchia: il Corpo eucaristico non si poteva onorarlo, ho cercato di avvicinare la carne sofferente del Cristo. Mi è mancata la messa crismale soprattutto per la carica di energia che di solito ricevo: non tanto dagli olii in sé, quanto dalla comunione con i confratelli, dal vedere tanti preti (giovani) di diverse provenienze etniche insieme con noi mediamente più anziani. Ho supplito salutando alcuni collaboratori e poi facendo un collegamento video con i compagni di ordinazione.
La messa in Coena Domini l’ho celebrata, con il minimo dei ministranti necessari, per (ri)dedicare il mio servizio di prete a tutti i parrocchiani, alla Chiesa intera, in una comunione affettiva e spirituale che va oltre le effettive presenze fisiche. Il venerdì ho preferito unirmi alle celebrazioni in tv, così pure per la veglia pasquale, dando del tempo alla preghiera e meditazione personale. Venerdì mi sono proprio goduto la via crucis di papa Francesco, molto “padovana” e davvero efficace spiritualmente.

L’annuncio di risurrezione è arrivato allora con la messa “parrocchiale” (cinque persone, tecnici inclusi) di Pasqua, condivisa via social... ma non vedo l’ora di tornare a celebrare in presenza fisica, con la mia gente!
Questa sera, dopo oltre quaranta giorni sospesi, sento il bisogno di esplicitare la speranza che dentro questo dramma mondiale, una “prova” globale, possiamo ripensarci come credenti e trovare stimoli per una verifica della nostra vita ecclesiale. Concluso il necessario stand-by, torneremo a vivere (e a fare, correre, organizzare…) come prima o potrà sortirne una Chiesa più libera e agile? Vorremo riprendere quello che si faceva finora (“tutto come prima”) o cambierà qualcosa, anche solo nel passaggio alla fase endemica del virus? Ma cosa? E chi lo saprà dire?

«Meno pratica più raccoglimento, meno esteriorità più approfondimento, con progressiva spiritualizzazione dell’appartenenza religiosa» suggerisce qualcuno. Ma lo vorrei davvero? Non so, ho molti dubbi. Immagino un’estate senza grest, sagre e campiscuola… forse con soltanto – e scopriremo come – le messe festive e poco più. Resta la nuda fede, la comunità “svuotata” di attività qualificanti (e spesso economicamente rilevanti).
«Ora è il momento dell’adesione personale alla fede» ha detto il vescovo Claudio: ma come avverrà? E cosa bisogna cambiare per condurre tanti cristiani a questo traguardo? Correremo il rischio dei “pochi ma buoni” (o soltanto pochi…) o saremo capaci di mantenere forte la connotazione popolare della nostra Chiesa, delle parrocchie come “fontana del villaggio”?
È vero che tra le persone sta nascendo una nuova domanda religiosa? C’è chi vede ora uno spazio straordinario per l’annuncio della fede, credo che il Risorto invia ciascuno a comunicare a uomini e donne di oggi l’amore del Padre per l’umanità, la bellezza della vita umana tanto amata da Dio. Ma come?

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