L’intelligenza di integrare. Una riflessione a partire dai dati del Rapporto della Fondazione Leone Moressa e di quello Caritas sui Migranti

Contributo demografico, contributo economico sono due aspetti che ci dicono che sarebbe intelligente proporre una vera politica di integrazione che abbandoni le retoriche.

L’intelligenza di integrare. Una riflessione a partire dai dati del Rapporto della Fondazione Leone Moressa e di quello Caritas sui Migranti

La capacità del sistema Paese di accogliere i migranti è una risorsa fondamentale in questo periodo storico, andrebbe curata e coordinata. Invece nelle narrazioni si continuano a cavalcare le immagini degli sbarchi, mantenere in sofferenza alcuni singoli territori, si allestiscono navi quarantena e si tengono accese le paure dello straniero con i racconti di fantomatiche invasioni.

Eppure una riflessione seria potrebbe partire dalle molte indicazioni che si ricavano dai diversi studi sul fenomeno migratorio, che certo non riguarda solo l’Italia e che quindi avrebbe bisogno di un coordinamento internazionale per poter essere governato. Questo non toglie che sarebbe possibile mettere in campo politiche per promuovere un’integrazione nella prospettiva della convivenza civile che rispetti e riconosca le differenze.

Dovremmo riconoscere, innanzitutto, che in mancanza dei nuovi cittadini stranieri il bilancio demografico sarebbe ancora più grave. L’Italia non ha mai avuto un calo così importante della popolazione dal 1918 ci dicono gli statistici. Il puntello più forte per arginare la discesa consiste nel numero dei nuovi arrivati – che sebbene in porzione minore rispetto al passato – continuano ad aumentare: 47mila in più secondo il Dossier Caritas Migrantes. A questi si deve aggiungere il contributo delle nuove nascite da genitori stranieri che conta 63mila nuovi nati per il Dossier. Infine ci sono i nuovi italiani: sono 126mila quelli che hanno acquisito la cittadinanza italiana completando il loro percorso di inserimento. Senza l’apporto offerto negli ultimi cinque anni, secondo il rapporto, gli “italiani” nel nostro paese sarebbero diminuiti di 1milione e 600mila persone.

Ci sono poi i contributi dati al mondo della produzione e dell’economia: secondo la fondazione Leone Moressa, che pubblica il Rapporto Annuale sull’economia dell’immigrazione, i lavoratori immigrati in Italia sono oltre 2,5 milioni: si tratta di lavoratori più giovani e concentrati nei mestieri meno qualificati, che però nel 2019 hanno dichiarato 17,9 miliardi di tasse e contributi previdenziali. Inoltre il Rapporto evidenzia che mantengono una vitalità le imprese guidate da cittadini stranieri che negli ultimi anni hanno registrato una crescita del 32,7% in confronto del calo delle imprese guidate da italiani.
Contributo demografico, contributo economico sono due aspetti che ci dicono che sarebbe intelligente proporre una vera politica di integrazione che abbandoni le retoriche, per evitare che gli immigrati siano i più coinvolti in pratiche di lavoro nero e sommerso, per incentivare percorsi scolastici che alimentino le opportunità dei più giovani, per invertire la tendenza degli ultimi periodi a rilasciare permessi solo per richiedenti asilo e ricongiungimenti familiari e rendere più accessibile la concessione di permessi per lavoro.

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Fonte: Sir