La Comunità Missionaria Malbes di Padova: una famiglia e due suore comboniane che vivono insieme per la missione

Malbes oggi è una comunità di famiglie e religiose comboniane che ha sede nella canonica della parrocchia di Santa Maria Assunta al Bassanello a Padova. Nata il 13 settembre 2015, la comunità, composta oggi da una famiglia e due suore comboniane, prende origine da un sogno di vita insieme. Il racconto di chi vive questa realtà ogni giorno.

La Comunità Missionaria Malbes di Padova: una famiglia e due suore comboniane che vivono insieme per la missione

Malbes. Siamo nel 1800 e Malbes è un piccolo villaggio in Sudan, un villaggio che ha una particolarità: una comunità di famiglie, preti e suore africani che vivono del loro lavoro e si integrano nelle loro diverse ministerialità, annunciando una testimonianza di fede concreta, nella vita del quotidiano. Questo villaggio è la realizzazione del sogno di San Daniele Comboni il cui motto è “salvare l’Africa con l’Africa”; laici, religiosi e religiose insieme per la rigenerazione dell’Africa.

Di quel villaggio in Sudan oggi rimangono qualche capanna e un grande baobab, ma lo spirito che lo ha animato ha trovato espressione oggi nella Comunità Missionaria Malbes a Padova.

Malbes oggi è una comunità di famiglie e religiose comboniane che ha sede nella canonica della parrocchia di Santa Maria Assunta al Bassanello a Padova. Nata il 13 settembre 2015, la nostra comunità, composta oggi da una famiglia e due suore comboniane, prende origine da un sogno di vita insieme: dopo il cammino GIM di discernimento nella famiglia comboniana, ci si chiedeva come far fruttare i doni ricevuti di condivisione, preghiera e vita comunitaria nello stile e carisma comboniano. Dopo anni di cammino e discernimento assieme, si è giunti a capire che questa era una vera e propria chiamata.

La vita a Malbes si fonda su tre pilastri: Parola, che è la Parola di Dio, che preghiamo assieme tutte le mattine prima di iniziare la giornata; Missione, lo stile missionario è ciò che ci connota; Far causa comune, propriamente comboniano, che ci vede costantemente attenti ed impegnati verso il più povero ed abbandonato. La vita per ciascuno di noi inizia, come per tutti, al mattino, ciascuno poi impegnato nel proprio lavoro, impegni di famiglia e di congregazione, ma ci vede uniti nel vivere assieme la Parola, la Missione e il Far Causa Comune, nell’accoglienza reciproca nella diversità di vocazioni (laici e suore insieme) e nel testimoniare tutto ciò come ricchezza e dono.

Questa comunità allargata si inserisce nel cammino dell’istituto delle suore missionarie comboniane di questi ultimi anni di condivisione del carisma comboniano con i laici, considerandolo come un dono dello Spirito, parte dell’identità carismatica che porta a un reciproco arricchimento nella spiritualità e nella missione, nella certezza che queste due vocazioni si illuminano reciprocamente.

La comunità desidera e si impegna ad essere “ponte” e luogo di integrazione tra le persone di diversa nazionalità e religioni presenti sul territorio, operando in rete con le associazioni, istituzioni e parrocchie presenti nella comunità locale e con altre realtà comunitarie allargate legate ad altri istituti religiosi e altre comunità di famiglie presenti nel territorio (es Bethesda, Missio KM 0, Famiglie Missionarie KM 0).

La sua missionarietà e il suo far causa comune si manifesta con l’apertura al ministero dell’accoglienza, attualmente di due donne immigrate con 4 bambini dei quali uno disabile; riteniamo sia oggi un segno importantissimo di animazione missionaria fatta, non tanto con le parole ma con piccoli gesti concreti verso i poveri e gli esclusi di oggi.

Oltre alla partecipazione alla vita ordinaria dell’unità pastorale ci siamo inseriti in alcune attività parrocchiali, consoni al nostro carisma, in particolare nell’annuncio della parola aprendo a tutti momenti di condivisione della parola (lettura popolare della bibbia), nella Caritas parrocchiale, nella visita ad anziani e ammalati,  nella disponibilità a coordinare il doposcuola in una delle parrocchie dell’unità pastorale, con l’insegnamento dell’italiano ai ragazzi richiedenti asilo, con l’organizzazione di alcuni momenti di incontro su tematiche missionarie legate alla giustizia, pace e integrità del creato o di veglie missionarie.

Nel nostro quotidiano non mancano le difficoltà, dall’altro canto accogliere non è semplice, perché non basta offrire un tetto e un letto, è necessario mettersi in gioco totalmente ed essere in grado anche, come diceva don Tonino Bello, di saper dare la buonanotte.

Anche nel cammino della Chiesa oggi, questa esperienza cerca spazio, è una novità che molte volte “rompe” degli schemi, ma il camminare assieme ad altre realtà simili ci aiuta e consolida.

Sentiamo anche che è importante avere chiara la proposta: ci sentiamo chiamati ad essere piccola comunità; ad essere segno di condivisione e fraternità; ad essere segno ministeriale per il servizio alla carità. Inoltre sentiamo veramente forte che è una vocazione, un dono che si è ricevuto e ci chiama ad essere coppie e persone fertili ovvero avere disponibilità al servizio, servizio che si manifesta, come già visto, attraverso l’accoglienza, l’attenzione agli ultimi, e il servizio alla Parola. Questo ci fa sentire al posto giusto e ci dà una profonda e vera gioia.

Quale futuro? Non lo conosciamo, camminando si apre il cammino come diceva Arturo Paoli, ma il fatto che una giovane coppia si sta avvicinando alla nostra comunità e chiede di entrare a farne parte, è un gran bel segno di speranza e futuro per tutti noi.

Mario Zarantonello

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