La messa del vescovo Claudio per i nonni della Scarmignan. Balsamo spalmato su Merlara ferita

La comunità di Merlara e Minotte ha dedicato una messa ai 34 nonni della casa di riposo Scarmignan morti durante l’emergenza coronavirus. L’ha celebrata il vescovo Claudio, visitando poi i sopravvissuti del pensionato: «Sapevo che mi aspettavano». Ai familiari ha assicurato che i loro cari non sono stati affidati alla morte, ma al Signore. E ora vivono nel Risorto. 

La messa del vescovo Claudio per i nonni della Scarmignan. Balsamo spalmato su Merlara ferita

«Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio». Parole del profeta Isaia che domenica scorsa nella comunità di Merlara e Minotte si sono tradotte in una messa in memoria dei 34 nonni della casa di riposo Scarmignan morti in questi tre mesi di emergenza Coronavirus. A celebrarla, nel giorno della Santissima Trinità, è stato il vescovo Claudio Cipolla, che ha poi visitato di persona i “sopravvissuti” del pensionato, in segno di speranza e conforto: «Sapevo che mi aspettavano».

Alla celebrazione hanno partecipato le autorità civili e militari che in questi tre mesi hanno unito le forze per arginare l’emergenza: sindaco, prefetto, rappresentanti della Provincia, vertici della struttura e anche dell’esercito, in rappresentanza del contingente di infermieri militari arrivati quando il personale scarseggiava (24 dipendenti su 45 hanno contratto il virus). La messa è stata un balsamo spalmato su una ferita, un modo per lenire il dolore di una comunità che ha visto morire quasi la metà degli ospiti (34 su 73) del centro servizi per anziani, uno dei fronti più drammatici dell’emergenza Covid dell’intera provincia.

All’ingresso della chiesa di Merlara i loro 34 volti sorridevano da un cartellone. Le foto erano accostate l’una all’altra come tessere di un mosaico su cui però la morte non ha avuto l’ultima parola: «Vivono… nel Signore Risorto!». Una certezza stampata non soltanto sulla carta, ma anche nei cuori dei loro familiari a cui le restrizioni hanno impedito un ultimo saluto, degli operatori che li hanno visti morire e dell’intera comunità scossa dal lutto. «Erano parte di noi. Li abbiamo conosciuti, visitati, abbiamo pregato insieme – ha ricordato il parroco don Lorenzo Trevisan – Tanti bei momenti». Interrotti poi dalle sirene delle ambulanze che, a partire da quell’8 marzo in cui tutto è cominciato, hanno scandito settimane di angoscia.

«Le domande che avete nel cuore sono molto impegnative – ha esordito il vescovo durante l’omelia – Perché questa sofferenza? Come mai Dio si è dimenticato di noi?». Per provare a rispondere, don Claudio ha condiviso i suoi due principi ispiratori: il valore della vita e la fede in un Dio che salva e che ama. «Non può essere Lui a volere il nostro dolore perché è l’amante della vita e vince anche la morte. I vostri cari non li avete consegnati alla morte, ma al Signore – ha proseguito il vescovo – Quando ci sono queste sofferenze la sua Parola è ancora più efficace. Siamo nella condizione di ascoltare, proprio come la terra rivoltata dall’aratro è pronta a ricevere acqua».

I 34 ospiti sono stati ricordati uno per uno, in un silenzio carico di cordoglio da parte delle oltre 150 persone presenti. Il parroco, nelle domeniche di lockdown in cui celebrava a porte chiuse ma in diretta Facebook, non ha mai smesso di ricordare i nonni della Scarmignan. «Questo momento è servito, gli anziani se lo meritavano» – commenta all’uscita dalla chiesa Antonella Sbicego, a cui il virus ha portato via il padre Enrico.

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