La parola. Contaminarsi per essere moderni

Parlare di contaminazione potrebbe richiamare quel contagio virale che nessuno di noi vuole. Invece, qui si tratta di cambiare profondamente approccio umano, sociale ed economico per accompagnare il Paese verso il futuro e quella ripresa necessaria per continuare a vivere

La parola. Contaminarsi per essere moderni

«La strategia per i progetti del Next generation Eu non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare simultaneamente più settori, in maniera coordinata». Mario Draghi, presidente del Consiglio, nel discorso di insediamento del suo Governo il 17 febbraio 2021.

Decido di partire da qui per parlare di contaminazione. A dirla così, vien da pensare al contagio, a certe prossimità a cui non siamo più abituati. In realtà, qui recuperiamo un nuovo modo di guardare alle “cose”, la necessità di re-imparare a svolgere il proprio mestiere, la prassi con la quale riferirsi ad altre culture e ad altri settori che permette di creare un legame tra gli esseri umani e tra uomo e ambiente. La pandemia ha archiviato un’intera epoca che rimane solo in termini di patrimonio e non più come esperienza: le strategie verticali, i centri soffocati dallo zigzagare dei professionisti e le liturgie delle nostre giornate, sono state spazzate altrove, dimenticate dalla violenza di un virus che ancora non demorde.

Se dapprima ci si è sentiti soli di una solitudine nuova e difficile da descrivere, oggi siamo spaesati e un pochino incerti, magari fratturati per l’effetto di una precisa discontinuità sociale, spaziale e temporale.

Se questo è il contesto attuale, qui riassunto per sommi capi, vengo alla domanda centrale: perché la contaminazione? Perché è così necessaria?

Perché a forza di ostinarci nella salvezza del proprio settore - impresa - spazio, finiremo per esaurire ogni forma di ristoro senza aver trasformato le cose, e noi stessi. E perché l’impostazione del nuovo mondo economico e sociale ci dice che le ingenti risorse che arriveranno (e che saranno distribuite in base al programma del Piano nazionale di ripresa e resilienza, attualmente al vaglio del Senato e che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del programma Next generation Eu, ndr) chiedono una strategia multi settoriale, per progetti capaci di generare i co-benefici di cui parla il presidente Mario Draghi, ossia progettazioni e impatti con e su diversi settori. Ci costa fatica perché la contaminazione ci appartiene relativamente, ma è l’unico modo per evolvere e coltivare le alternative.

La contaminazione implica la conoscenza dell’altro, si muove nel territorio della pluralità ed è quindi un nuovo modo di abitare la terra, più consono al senso di comunità che al privato.

Mescolare le esperienze, i saperi, ibridare le tradizioni e i linguaggi digitale e live, delineano un sentiero a tratti disturbante, ma più affascinante e più consono al tempo presente.

Le pratiche di contaminazione sono orizzontali perché non c’è una “cosa più importante dell’altra”, mirano all’avanguardia e alla custodia al contempo: soprattutto dispongono di nuovi criteri per abitare la complessità attuale che non si sfama di soli ristori, piuttosto è transdisciplinare perché i problemi, le questioni da affrontare sono di per sé sparse, stratificate, miste, interprofessionali.

Serve, allora, l’arte di pensare alle cose annodando i piani, cogliendo i nessi, sostando sulla soglia prima di entrare nel merito, abolire il dualismo per essere moderni, nuovamente moderni, dentro questi tempi nuovi.

Roberta Rocelli

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