La premura di Gesù. Con l’immagine delle nozze di Cana si propone il tema dell’alleanza tra Dio e il suo popolo

"Dio vuole per noi il meglio - dice il Papa -, ci vuole felici. Non si pone limiti e non ci chiede interessi".

La premura di Gesù. Con l’immagine delle nozze di Cana si propone il tema dell’alleanza tra Dio e il suo popolo

“Non è ancora giunta la mia ora”. Il quarto Vangelo ci porta nella cittadina di Cana dove “il terzo giorno ci fu una festa”, scrive Giovanni. Non un giorno qualsiasi ma il terzo giorno, nel quale avviene la terza manifestazione di Gesù, dopo l’epifania, quando l’abbiamo trovato nella mangiatoia visitato dai magi venuti dall’Oriente; dopo il battesimo sulle rive del Giordano, l’inizio dell’attività pubblica del Signore. Siamo a Cana di Galilea, dunque, e durante una festa di nozze si compie il primo miracolo. Curiosità: in primo piano non è tanto un matrimonio, degli sposi non conosciamo i nomi e nel brano di Giovanni una sola volta leggiamo la parola sposo; anche la Madonna non viene mai chiamata per nome, ma solo con la parola madre. Cosa è avvenuto, allora, in quel terzo giorno? Con l’immagine delle nozze Giovanni ci propone il tema dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Nel dire che ci troviamo nel terzo giorno, il legame tra Antico e Nuovo Testamento: nell’Esodo, il terzo giorno – il Sinai, “sul far del mattino vi furono tuoni e lampi … era sceso il Signore nel fuoco” – è il giorno in cui Dio sancisce l’alleanza con il popolo di Israele, donando a Mosè le Tavole della Legge. Il terzo giorno è anche la pietra rotolata, le donne giunte al sepolcro vuoto. Cana, in ebraico significa creare, fondare; è un segno, dunque, un simbolo di una nuova fondazione che richiama l’antica alleanza e la rinnova nell’acqua tramutata in vino.

“Donna, che vuoi da me. Non è ancora giunta la mia ora”, dice Gesù alla Madre, prima di compiere quanto gli è stato chiesto. Per questo “nuovo inizio” c’era bisogno dell’intervento, della sollecitudine della Madonna; un atteggiamento che Michelangelo ha efficacemente raffigurato nel Giudizio della Sistina, dove la vediamo accanto al figlio, ma con lo sguardo rivolto verso il basso, là dove ci sono uomini e donne in attesa di conoscere la loro sorte, quasi a voler continuare la sua opera chiedendo misericordia per l’umanità.

Nel racconto di Cana, Giovanni non parla di miracolo, ma di “inizio dei segni compiuti da Gesù”. All’Angelus Papa Francesco spiega che il segno “è un indizio che rivela l’amore di Dio, che non richiama cioè l’attenzione sulla potenza del gesto, ma sull’amore che lo ha provocato. Ci insegna qualcosa dell’amore di Dio, che è sempre vicino, tenero e compassionevole”. E come avviene questo segno? La Madonna si accorge del problema e avvisa il figlio chiedendo ai servi di eseguire ciò che dirà loro; e Gesù lo farà in punta di piedi, senza clamore: “così agisce Dio, con vicinanza, con discrezione”. E i discepoli, dice il Papa, “vedono anche il modo di agire di Gesù, questo suo servire nel nascondimento, così è Gesù: ci aiuta, ci serve nel nascondimento. Così comincia a svilupparsi in loro il germe della fede, cioè credono che in Gesù è presente Dio, l’amore di Dio”. Pagina ricca di simbolismo, questa di Giovanni, che mette in risalto il tema dell’alleanza: invito a guardare alla resurrezione, ma anche a volgere lo sguardo indietro, al Sinai.

Ma c’è un secondo aspetto che Francesco evidenzia, nelle sue parole, all’Angelus: il primo segno di Gesù non è una guarigione, un miracolo, ma un gesto che viene in aiuto a una festa di nozze – anche qui potremmo chiederci: chi è il vero sposo e quale metafora per le nozze – “ma un gesto che viene incontro a un bisogno semplice e concreto di gente comune, un gesto domestico, un miracolo, diciamo così, ‘in punta di piedi’, discreto, silenzioso”. Questo perché Gesù “è pronto ad aiutarci, a risollevarci”. Segni, dunque, attraverso i quali “veniamo conquistati dal suo amore e diventiamo suoi discepoli”.

Poi il vino. La festa si conclude non con un vino meno buono, annacquato, ma con il vino migliore. Simbolicamente questo ci dice, afferma il Papa, “che Dio vuole per noi il meglio, ci vuole felici. Non si pone limiti e non ci chiede interessi. Nel segno di Gesù non c’è spazio per secondi fini, per pretese verso gli sposi. No, la gioia che Gesù lascia nel cuore è gioia piena e disinteressata. Non è una gioia annacquata!”

Di qui l’invito che fa a noi il Papa di “frugare tra i ricordi alla ricerca dei segni che il Signore ha compiuto” nella vita di ognuno; “segni che ha fatto per mostrarci che ci ama” e “chiediamoci: con quali segni, discreti e premurosi, mi ha fatto sentire la sua tenerezza?”

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Fonte: Sir