Lavorare nonostante il Parkinson: a 5 anni dalla diagnosi il 40% ha ancora un impiego

“Incide tantissimo sull'autostima”, racconta Filippo Foscaro, terapista occupazionale. Giovedì online incontro dedicato al reinserimento lavorativo, organizzato dalla Confederazione Parkinson Italia

Lavorare nonostante il Parkinson: a 5 anni dalla diagnosi il 40% ha ancora un impiego

Si può lavorare anche con il parkinson. Non è facile, ma è possibile. “E quando questo avviene incide tantissimo sull'autostima della persona malata”, sottolinea Filippo Foscaro, terapista occupazionale alla Casa di cura Villa Margherita di Arcugnano, in provincia di Vicenza. Giovedì 6 maggio, alle ore 17, terrà un incontro on line dal titolo “Il reinserimento al lavoro nella malattia di Parkinson”. Appuntamento che rientra nel ciclo di incontri Non siete soli, organizzato dalla Confederazione Parkinson Italia in collaborazione con Fresco Parkinson Institute. “Visto che l'età media di insorgenza della malattia è intorno ai 55 anni, ci sono ancora potenzialmente parecchi anni di lavoro davanti. Da alcuni studi emerge che dopo cinque anni dalla diagnosi quasi il 40% dei pazienti ha ancora un impiego, mentre a 10 anni dalla diagnosi sono circa il 14%”.

Le condizioni di salute del lavoratore contano molto. Ogni paziente ha la sua storia, la sua capacità di gestire la malattia e di affrontarla. “Ma ci sono anche fattori esterni -spiega Filippo Foscaro-: il datore di lavoro, i colleghi, le mansioni svolte prima della diagnosi. Per questo è importante che sia il paziente, sia il datore di lavoro e colleghi ricevano un'adeguata formazione. Può farla il medico del lavoro, per esempio, oppure un terapista occupazionale”.

Il parkinson causa problemi motori, lentezza, rigidità, tremori. Può influenzare la capacità di parlare e camminare. Tra i tanti sintomi, anche la stanchezza e la compromissione della memoria. “Ci sono diversi aspetti che vanno presi in considerazione -aggiunge-. Il paziente è in grado di fare il percorso casa – ufficio? E con quali mezzi? E poi, quali mansioni può svolgere? Oppure quali soluzioni bisogna adottare perché possa continuare a svolgere quelle che svolgeva in precedenza?”.

“C'è stato per esempio il caso di un insegnante, che usava proiettore e computer perché non riusciva a scrivere con la penna -racconta Filippo Foscaro-. Oppure quello di un impiegato che aveva difficoltà a usare il mouse e per il quale è stato studiato un touchpad idoneo. Bisogna insomma trovare quali sono le soluzioni possibili ai problemi che man mano si pongono con il progredire della malattia”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)