Nuove scoperte sulla resistenza ai farmaci antitumorali

Uno dei problemi non ancora risolti è che spesso, dopo una prima fase in cui il paziente risponde bene alle terapie, il tumore muta le proprie caratteristiche e diventa resistente ai farmaci.

Nuove scoperte sulla resistenza ai farmaci antitumorali

Lotta ai tumori: un’ardua sfida che continua a catalizzare l’impegno e l’ingegno della ricerca scientifica odierna. I dati statistici dicono con chiarezza che la cura di varie forme di cancro ha sicuramente conosciuto enormi avanzamenti e successi negli ultimi vent’anni, anche grazie a massicce campagne di prevenzione nella popolazione. Tuttavia, la medicina ancora non è riuscita a trovare rimedio a diversi aspetti delle patologie tumorali, che continuano quindi a “mietere” vite e ad incutere paura.

Uno dei problemi non ancora risolti, ad esempio, è che spesso, dopo una prima fase in cui il paziente risponde bene alle terapie, il tumore muta le proprie caratteristiche, diventando resistente ai farmaci e mostrandosi di conseguenza ancora più aggressivo. Purtroppo, ciò accade anche con i farmaci di ultima generazione, quelli detti “a bersaglio molecolare”, che sono sviluppati ad hoc per risultare più efficaci.

Alla ricerca di una spiegazione di questo fenomeno, finora gli studiosi hanno ritenuto che un piccolo numero di cellule, resistenti alla terapia, fosse già presente nella massa tumorale ancor prima che il farmaco venisse somministrato. Perciò, tale ostacolo era comunemente considerato, in qualche misura, un fatto inevitabile.

Ma un recente studio (pubblicato su “Science”) mette in dubbio questa interpretazione, aprendo nuove prospettive terapeutiche. Secondo la nuova ricerca, finanziata dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro e dalla Fondazione Airc, le cellule resistenti ai farmaci in realtà non sempre sarebbero già presenti nella massa tumorale. In alcuni casi, infatti, sono i tumori che – in seguito all’attacco delle terapie a bersaglio molecolare – sembrano in grado di “imparare” ad adattarsi ad esse, riuscendo di conseguenza a resistere alle terapie.

L’intuizione per questa nuova interpretazione è riconducibile ai due autori dello studio, la ricercatrice Mariangela Russo e il prof. Alberto Bardelli (Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino), che operano presso l’Istituto di Candiolo, il centro specializzato nel trattamento delle patologie oncologiche che si trova alle porte di Torino. Questi scienziati, ispirandosi a quanto accade nelle malattie infettive, dove i batteri, “bombardati” dagli antibiotici, riescono a mutare il proprio Dna in modo da continuare a crescere nonostante le terapie, hanno immaginato un meccanismo analogo per i tumori. Osservando, infatti, una frazione di cellule dei tumori intestinali, i ricercatori si sono accorti che questa cessava di crescere, risultando tuttavia ancora in grado di sopravvivere all’attacco delle terapie a bersaglio. Ciò accade in seguito alla capacità delle cellule cancerogene, sotto attacco farmacologico, di modificare i meccanismi che portano alla riparazione del loro Dna; si realizza così un processo noto, chiamato “mutagenesi adattiva”, in cui le cellule tumorali accumulano mutazioni fino a diventare resistenti al trattamento, provocando di conseguenza una ricaduta della malattia.

Questa importante scoperta – cui ha contribuito anche l’Ifom (Istituto di oncologia molecolare) con esperti di matematica computazionale – apre con molta probabilità la strada a nuove possibilità terapeutiche. Infatti, se la resistenza alle terapie non è un qualcosa di già “presente” nella malattia tumorale, ma al contrario rappresenta un processo che si attiva durante la terapia stessa, si può senz’altro ipotizzare che, colpendo adeguatamente i meccanismi alla base della “mutagenesi adattativa”, si potrebbero ottenere maggiori probabilità di successo dei farmaci già in uso. In questa direzione, dunque, si concentreranno gli sforzi di ricerca dei ricercatori torinesi – che in verità, sono già al lavoro per questo – per capire in che modo si può rallentare, o magari persino prevenire, l’insorgere della resistenza alle terapie, consentendo così una prolungata efficacia dei farmaci e, di conseguenza, la sopravvivenza dei pazienti. Ce lo auguriamo tutti di cuore!

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Fonte: Sir