Pianeta: passiamo dal dire al fare? Il futuro chiede buone pratiche

Chiese & chiose. Un "appello" ai ragazzi del Friday for future e ai professori che il 15 marzo li hanno condotti o seguiti in piazza a manifestare 

Pianeta: passiamo dal dire al fare? Il futuro chiede buone pratiche

Perché decine di migliaia di adolescenti hanno sentito l'irresistibile richiamo a scendere in strada il 15 marzo nel Friday for future? Tolte le scelte opportunistiche della facile vacanza, la motivazione più accolta è perché vogliono un futuro e, vedendo che appare a rischio, si danno da fare. Al di là di qualche isolato slogan, è stata una manifestazione “pro” e non "contro", attorno alla parola più declamata, pianeta. Il clima è un'idea forte, convincente e pare essere diventato una causa decisiva, meritevole dell’impegno dei giovani a scuotere gli adulti, i decisori politici ed economici. Una manifestazione dal carattere cosmopolita, miracolo della rete, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali: l'effetto serra, la devastazione delle terre, il consumo del suolo, la plastica invasiva sono preoccupazioni mondiali, planetarie appunto. 

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C’era e c’è bisogno di una scossa di responsabilità, senza dubbio. Il Veneto, per esempio, è una delle regioni più inquinate d’Italia: sentiamo tutti qualche responsabilità e tutti possiamo agire immediatamente per ridurre l’impatto dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, anche nel nostro territorio. Ma che fatica lasciare l’auto in garage, ridurre il riscaldamento o scegliere cibi a chilometri zero…

Dai giovani è arrivato un autentico scossone, e la cosa bella è che li abbiamo visti non solo sui social ma in carne e ossa, con il desiderio di essere protagonisti. Hanno preso tutti in contropiede, invitando gli adulti affacciati alle finestre a scendere giù con loro, coinvolgendo i passanti a marciare insieme. 

Io non ho partecipato alla manifestazione padovana, ma l’ho incrociata dal Prato della valle a via Rogati: e, tra volti noti e cartelloni in varie lingue (dialetto veneto incluso), mi è venuto in mente il celebre appello del presidente americano John Kennedy, pronunciato al suo insediamento: «Non chiedetevi cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese». Oggi, per questi giovani e adolescenti, il paese è il mondo intero, il pianeta Terra. 

Adesso occorre stabilire un’alleanza seria, nuova, con loro, sostenerli e spalleggiarli perché la protesta porti a scelte politiche e a concretezza decisionale. Ma occorre darsi da fare subito, ciascuno secondo le proprie competenze e responsabilità. Certamente un lavoro importante tocca alla scuola, che può esprimere molte potenzialità: conoscenza scientifica e ricadute professionali, etica sociale ed economica e sviluppo tecnologico, educazione alla sostenibilità con percorsi di cittadinanza consapevole e... comportamenti quotidiani!

Il mondo ecclesiale può sentirsi stimolato da queste masse giovanili a riscoprire il messaggio dell’enciclica di papa Francesco? Forse, dice qualcuno, la sintonia tra una “Chiesa formato Laudato si’” e le nuove piazze potrebbe rivelarsi più profonda di quello che pare. Forse “sporcarsi le mani” su temi ambientali potrebbe rivelarsi per le parrocchie l’occasione propizia, da non perdere, per (ri)agganciare giovani che si allontanano. Forse un circolo Laudato si’ potrebbe attecchire in qualche comunità e avviare proposte nuove, rinvigorire ambienti poco frequentati. Magari trovando iniziative concrete, aggreganti, che impegnino mani, cuore e mente: una mappa per leggere la situazione di ciascun territorio sull’ambiente (aria, acqua, inquinamento); la valorizzazione delle esperienze territoriali, in dialogo con le associazioni più esperte in campo ambientale; la tessitura di relazioni con le istituzioni, diventando coscienza critica di scelte amministrative e pianificazioni urbanistiche; un “festival delle buone pratiche”, anche semplici, di casa, in patronato, nelle sagre… 

In cauda venenum o dulcis in fundoMi piacerebbe leggere sui giornali tante notizie simili a quella dei ragazzi che giorni fa, dopo il Friday for future, muniti di apposita attrezzatura hanno ripulito dalla sporcizia un tratto delle sponde dell’Adige. Ragazzi del 15 marzo, professori che li avete condotti o seguiti in piazza a manifestare, proviamo a passare dal dire al fare? Basta anche qualche segno semplice: ma bisogna porlo, non solo dirlo.

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