Porto Empedocle, migrante morto: "Domani tutti dimenticheranno"

Il commento di Fulvio Vassallo Paleologo: "Da accertare  se il trattenimento in quarantena a bordo di navi traghetto sia necessario, proporzionato e non discriminatorio"

Porto Empedocle, migrante morto: "Domani tutti dimenticheranno"

"Era assolutamente prevedibile”. Così Fulvio Vassallo Paleologo, esperto in diritti umani, commenta la morte di un migrante di nazionalità tunisina, gettandosi dalla nave-quarantena 'Moby Zaza'' ferma in rada a Porto Emepdocle, in provincia di Agrigento. “Già negli scorsi anni, in diverse occasioni, naufraghi soccorsi in alto mare, ed ormai vicini al porto, si gettavano in acqua per la disperazione di fronte al reiterato divieto di sbarco a terra. Adesso non pagherà nessuno e al prossimo sbarco riprenderà la propaganda di sindaci interessati soltanto a tenere i migranti più lontano possibile. – sottolinea - Domani tutti dimenticheranno ed il governo continuerà a negare la indicazione tempestiva di un porto di sbarco sicuro, in violazione degli obblighi di soccorso imposti dal diritto internazionale. Il trattenimento in regime di quarantena di naufraghi a bordo di imbarcazioni private è una prassi che si è diffusa dopo i provvedimenti che alcuni stati, prima l’Italia e poi Malta, hanno adottato per dichiarare i loro porti non sicuri, non nell’interesse delle persone soccorse, ma per la asserita insostenibilità che il loro sbarco a terra avrebbe potuto comportare per il sistema sanitario nazionale. Una giustificazione pretestuosa e del tutto smentita dai fatti, anche per l’assenza, finora, di naufraghi che siano risultati positivi al COVID 19".

"Rimane dunque da accertare - continua il giurista - se il trattenimento in quarantena a bordo di navi traghetto ancorate in mare, come la Moby Zazà, o peggio costrette a fare la spola da un porto all’altro per recuperare naufraghi appena sbarcati dopo azioni di ricerca e salvataggio (SAR), sia necessario, proporzionato e non discriminatorio. La prassi del trattenimento su navi traghetto destinate alla quarantena dei naufraghi ha comunque disatteso il chiaro indirizzo fornito dalla Corte di cassazione con la sentenza del 20 febbraio 2020, sul caso Rackete, che ribadisce come le operazioni di soccorso in mare si concludano soltanto con lo sbarco a terra, in conformità del diritto internazionale e della normativa interna. Adesso che ci troviamo davanti alla prima vittima di una tragedia della disperazione che era ampiamente prevedibile, chiediamo che la magistratura indaghi su quanto è successo ad un miglio da Porto Empedocle. Chiediamo anche che la nave Moby Zazà venga fatta entrare immediatamente in porto con il trasferimento di tutte le persone, che sono attualmente bloccate a bordo in regime di quarantena, verso strutture di prima accoglienza a terra, nel rispetto rigoroso dei protocolli di sicurezza previsti per l’emergenza COVID 19, oltre che della legge e delle Convenzioni internazionali. Siamo vicini alla famiglia della vittima e faremo tutto il possibile perchè non venga dimenticata".

La Moby Zazà era appena tornata da Lampedusa, dove aveva preso a bordo prima i 68 migranti dell’ultimo sbarco autonomo sull’isola e poi il marito di una donna evacuata dalla barca maltese che da sud di Lampedusa ancora attende un porto da sabato notte con naufraghi a bordo. La donna era stata trasferita in elisoccorso a Palermo e l’uomo preso a bordo della Moby Zazà. Erano quindi 122 i migranti sulla nave da quarantena, fino a ieri sera.

Serena Termini

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)