“Prendere un bambino di peso è abuso all'infanzia”: riflessioni su violenza e affido

Serenella Pignotti, pediatra di Firenze, sarà ospite del Convegno nazionale organizzato da fondazione Pangea e rete Reama: “Nei tribunali non si prende in considerazione l'attaccamento primario del bambino e le ragioni di un suo rifiuto nei confronti dei genitori. Ne derivano dolore e danni psichici gravi. Bisogna intervenire con una legge”

“Prendere un bambino di peso è abuso all'infanzia”: riflessioni su violenza e affido

“Nei tribunali non si prende minimamente in considerazione l'importanza della relazione di attaccamento primario e gli effetti di una sua interruzione. Non si capisce il dolore e lo stress che derivano da incontri forzati con un genitore che viene rifiutato. Ne derivano sofferenze enormi e danni anche gravi, sia fisici che psichici”. Serenella Pignotti è “una delle poche pediatre consulenti dei tribunali, perché nei tribunali sono pochissimi gli specialisti dell'infanzia”, spiega. E questo è forse il primo e l'origine di tutti i problemi, che si verificano spesso nelle decisioni e le sentenze che riguardano l'affido del minore in caso di separazione, specialmente in un contesto familiare violento. Sarà questo il tema che andrà ad affrontare, Pignotti, in occasione del convegno nazionale di tre giorni organizzato da fondazione Pangea e rete Reama, dedicato a “Violenza domestica, assistita e subita dai minori: il diritto di visita, l'affido condiviso e il principio di bigenitorialità”.

“La relazione primaria è una relazione molto forte che costituisce la base dello sviluppo futuro e di ogni relazione sociale. Questa relazione è fondamentale affinché il bambino e poi il ragazzo metta in atto comportamenti di esplorazione, mantenendo un livello di stress non patologico. Come diceva Anna Freud, neanche la guerra fa male a un bambino se non lo uccide, non gli toglie la possibilità di nutrirsi e se ha accanto l'adulto accudente a cui è legato. Viceversa, interrompere o addirittura strappare violentemente un bambino al genitore con cui ha una relazione primaria produce danni enormi. Ma di questo non si tiene conto nei tribunali”, denuncia Pignotti. “Se un bambino ha uno stretto legame con la madre e distruggiamo quella relazione, lo catapultiamo in uno stato di stress intenso e gravemente dannoso per il suo sviluppo psichico e fisico, che porta a un'alterazione dell'architettura cerebrale e di tutti gli equilibri di funzionamento degli organi. Da anni cerco di spiegare questo nei tribunali, ma non ricevo ascolto: questo non è più accettabile. E non parlo solo dei contesti di violenza domestica: anche in altri contesti accade che i bambini siano portati via, allontanati, da operatori incuranti della relazione d'attaccamento primario”. E' quello che accede quando, per esempio, “si parla di sindrome da alienazione parentale: una patologia che non esiste, ma che viene spesso utilizzata per giustificare l'allontanamento di un figlio dalla madre, o meno soventemente da un padre”.

C'è poi un'altra situazione che, per Pignotti, produce gravi danni psicofisici al minore: sono le “visite forzate a un genitore che il bambino rifiuta. Visite che vengono imposte, senza curarsi delle ragioni di questo rifiuto, che ha sempre una ragione valida, dal momento che, in una situazione sana, il bambino spontaneamente cerca i suoi genitori e non certo li rifiuta. Pensiamo ai bambini adottati, quasi tutti in cerca dei loro genitori, nonostante le difficoltà. Costringere un bambino a stare con un genitore che non vuole vedere crea stati di ansia e stress prolungati e tremendi. E il bambino, specialmente se piccolo, reagisce con l'annichilimento: non si lamenta neanche più, annulla la situazione, ricorre alla strategia primordiale della negazione. Solo l'adolescente protesta se allontanato o se costretto: il piccolo tiene il dolore, che poi probabilmente riesploderà quando sarà grande, sotto forma di nevrosi e disturbi mentali”.

Errori gravi, secondo Pignotti, dovuti al fatto che “nei tribunali dovrebbero esserci consulenti esperti in infanzia, ma ce ne sono pochi, perché lo psicologo o lo psichiatra guadagna di più dedicandosi alla sessuologia o alla psicologia degli adulti, visto che tra i bambini c'è sicuramente meno richiesta. Così, assistiamo a decisioni terribili, come quelle di prelevare con forza un bambino o una bambina, o di minacciarli. Seguo tanti bambini che sono continuamente minacciati di non vedere più la mamma, se non accetteranno di vedere il papà: questo genera un'ansia di separazione dalla madre e un grandissimo stress. E' un problema che, seppur marginalmente, riguarda anche qualche papà: io ne seguo tre, costretti a far incontrare i figli con madri che non vogliono vedere. Si dice che per diventare grande e sano un bambino debba avere necessariamente due genitori, ma questa è un'idiozia. Pensiamo agli orfani: chi perde un genitore prova sicuramente un grande dolore, ma non sviluppa una psicopatologia. Dobbiamo smettere di trattare i bambini come sacchi di patate – denuncia ancora Pignotti – come si fa da sempre”. Ma cosa occorre fare per produrre questo cambiamento culturale? “Sono 12 anni che provo a lavorare con il sistema sociale e giuridico che si occupa di minori, ma incontro sempre un muro: a questo punto, penso che si debba intervenire a livello giuridico, dicendo chiaramente che prendere un bambino di peso è un abuso all'infanzia. E che l'unico motivo valido per prenderlo di peso è un pericolo di vita attuale”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)