Primo maggio, festa senza lavoratori

Verso i tradizionali festeggiamenti del primo maggio, fra concertoni e grigliate, la grande stampa nazionale certifica che qualcosa non funziona più. 

Da 1° maggio cercasi del Fatto Quotidiano a Primo maggio di costrizione de il Foglio passando per il Chiamalo 1° maggio di Repubblica, i titoli ben riassumono una situazione complicata per l'Italia che lavora, sospesa in un limbo di incertezze e scarse prospettive.

Il quadro si fa ancora più annichilente andando a leggere gli ultimi bollettini dell'Istat che certificano un andamento altalenante dell'economia nel suo complesso e un'invecchiamento progressivo della popolazione.

Primo maggio, festa senza lavoratori

Il ritornello di quest'anno è, almeno per la grande stampa nazionale, uno solo e lo riassume bene il titolo di Repubblica: la festa senza il lavoro.

Disoccupazione giovanile, precarietà del lavoro e la paura di un'innovazione tecnologica che nella robotica trovi la sostituzione della maggior parte della manodopera non qualificata sono i grandi temi del dibattito.

Non c'è più il proletariato

L'Europa invecchia e l'Italia invecchia più dell'Europa: se da un lato questo dato ci fa ben sperare, in quanto figlio di un benessere generalizzato, dall'altro dovrebbe preoccuparci vista la natalità ormai al lumicino.

Solo la Francia raggiunge il quasi ragguardevole primato degli 1,9 figli per donna relegando Italia e Spagna in coda alla classifica con 1,3. In Italia si fanno pochi figli e in un'età sempre più elevata, ormai prossima ai 32 anni, e dove ci si sposa sempre di meno, appena 3,4 matrimoni ogni mille abitanti.

Il risultato, come certifica Repubblica, è sintetizzabile in un solo dato: ogni 100 giovani ci sono 173 anziani, con annesse preoccupazioni per la tenuta del sistema previdenziale soprattutto in un'ottica di denatalità.

Mercato del lavoro tra luci e ombre

«I dati comunicati dall’Istat mettono in evidenza il positivo andamento del mercato del lavoro — scrive in una nota il ministro dell'economia, Giovanni Tria — con il tasso di disoccupazione che scende a marzo al 10,2%. Da segnalare in particolare, oltre all’aumento dei giovani occupati e delle posizioni permanenti, il miglioramento del tasso di occupazione che risale al 58,9%, toccando i massimi dall’aprile 2008. Numeri che testimoniano la solidità e la tenuta dell’economia italiana».

Se i dati sull'occupazione possono apparire rassicuranti, è tra le maglie delle statistiche che si celano i dati più controversi, come quelli legati ai Neet: i giovani che non studiano e non lavorano.

Stando al rapporto Noi Italia dell'Istat, infatti, i Neet nel 2018 erano il 23,4% in calo dello 0,7% sull'anno precedente ma comunque in aumento di oltre 4 punti sul 2008

L'Italia è fuori dalla recessione, ma non basta

Sempre l'Istat certifica l'uscita del Paese dalla recessione: dopo due trimestri consecutivi in calo, il primo periodo del 2019 ha registrato un timido +0.1% su base annua.

«L'Italia fuori dalla recessione dimostra che la direzione intrapresa è quella giusta — ha commentato a caldo il ministro dello sviluppo economico, Luigi di Maio, ripreso poi da Ansa — andiamo avanti come un treno verso il cambiamento».

Il paese cresce ma lo fa a rilento, incapace di agganciare il buon andamento continentale così come di recuperare i livelli precrisi. È un'Italia col freno tirato quella che emerge da ogni statistica, incapace di prendere una direzione chiara che non implichi un ripiegamento, un arretramento anche psicologico di fronte alle sfide che le vengono poste d'innanzi.

Il nodo della paura

C'è un sottile filo rosso che lega tutti i valori dell'economia italiana ed è ascrivibile alla paura. Paura non sempre immotivata di perdere il lavoro, ad esempio, così come di non essere in grado di onorare impegni a medio lungo termine. Abbiamo paura essenzialmente del futuro, della novità nella misura in cui mette in discussione uno status quo che riteniamo immutabile. 

«Siamo il paese che ha introdotto la tv a colori con oltre dieci anni di ritardo — chiosava pochi giorni fa Marco Bentivogli, segretario Fim Cisl, intervistato da Maria Grazia Gispi — siamo un popolo di inventori ma, è un paradosso, l’innovazione gode di una opposizione generalizzata, subentra poi la fase in cui la novità è di moda per cedere infine alla noia». 

In un mondo che cambia velocemente e con dei paesi capaci di pianificare mosse a lunghissima scadenza — basti pensare a quanto sta avvenendo in Cina  noi a stento ci barcameniamo o direttamente annaspiamo nella contingenza del quotidiano, dell'istante del tweet, incapaci di vedere le cose in prospettiva e relegando il primo maggio ad una semplice celebrazione del lavoro. Perché di festa, non si può decisamente parlare.

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