Procedure lacunose e poco chiare, ancora intoppi per la regolarizzazione

Nuovo incontro tra le organizzazioni e i rappresentanti dei ministeri interessati. Ad oggi la misura ha raggiunto una platea di 100 mila persone (90% per lavoro domestico). Miraglia (Arci): “Restano fuori richiedenti asilo e chi lavora in altri settori, abbiamo chiesto di prorogare almeno oltre il 15 agosto”

Procedure lacunose e poco chiare, ancora intoppi per la regolarizzazione

Un migrante irregolare che accede alla misura di regolarizzazione può iniziare a lavorare il giorno stesso? Se non ha il codice fiscale e non può fare la comunicazione Inps-Inail, cosa succede in caso di infortunio? E ancora, se un richiedente asilo, che lavora in uno dei settori non compresi nella regolarizzazione riceve un diniego, come fa a non diventare irregolare? Sono questi soltanto alcuni dei quesiti posti dalle organizzazioni della società civile e dai sindacati nell’ultimo incontro che si è tenuto ieri con i rappresentanti del governo (erano presenti Teresa Bellanova per il ministero dell’Agricoltura e Matteo Mauri per il Viminale) per ragionare sull’andamento della regolarizzazione, partita il 1 giugno scorso. 

Secondo gli ultimi dati sono 93.371 le persone che hanno fatto domanda, di cui ben 81.674 per lavoro domestico. 11mila sono, invece, le persono ancora in attesa. Secondo il Viminale, stimando che un 10% di domane in attesa non si traducono poi in vere richieste, in tutto la cifra di adesione alla misura ha raggiunto ad oggi 103mila persone. Per alcuni è un flop, per altri comunque un buon risultato. Di sicuro il provvedimento, che era nato per rispondere alla necessità di avere lavoratori in regola per la stagiona agricola non ha intercettato chi  è impiegato in quel settore. I braccianti sono pochi, il 90% delle domande è per lavoro domestico o lavoro di cura.

A rendere problematico l’accesso sono anche alcune procedure non chiare, su cui le associazioni sono in pressing sul governo per avere spiegazioni.“Abbiamo chiesto un incontro per approfondire le questioni più tecniche. Già 15 giorni fa c’era stato un confronto online con i ministeri e le associazioni di categoria ed erano arrivate una serie di richieste di chiarimenti e interpretazioni, che potessero allargare la platea degli aventi diritto - spiega Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci -. In particolare, ci sono i datori di lavoro che non sanno cosa fare per avviare il rapporto di lavoro. Gli intoppi sono concreti: per esempio se si regolarizza un migrante, che non ha codice fiscale, non si può fare la comunicazione Inps-Inail. E ovviamente si ha paura che ci possano essere problemi in caso di infortuni o di un controllo”.  Una volta inoltrata la domanda di regolarizzazione, infatti, al lavoratore viene dato un tagliandino che serve ad avviare il rapporto di lavoro, perché certifica l’avvenuta richiesta. Ma può bastare? 

L’impegno del governo è quello di emanare a breve una nuova circolare che servirà a chiarire i punti più controversi sollevati dalle organizzazioni.  “L’altra questione rilevante, riguarda i richiedenti asilo ricorrenti, che in gran parte hanno un lavoro anche in settori diversi da quelli previsti per la regolarizzazione. Non possono accedere alla misura di emersione da lavoro nero ma rischiano un diniego - aggiunge Miraglia -. Per ora il permesso che hanno gli consente di lavorare, ma non è convertibile in permesso di lavoro. Serve un’ interpretazione anche su questo, parliamo di  decine di migliaia di persone in questa situazione, almeno 40mila. Il rischio è che, come sta già accadendo, si faranno assumere come colf o badanti per essere in regola, e faranno un lavoro in più. Oppure saranno costretti a comprarsi il contratto: dai dati che abbiamo c’è chi chiede anche seimila euro per un falso contratto di regolarizzazione”. 

Secondo Miraglia, inoltre, per quanto riguarda l’agricoltura c’è anche da tener presente la reticenza di alcuni datori di lavoro a regolarizzare i migranti, perché si preferisce pagarli in nero. Poi incide l’incertezza delle procedure, ancora lacunose. “Abbiamo chiesto di prorogare oltre il 15 agosto la scadenza, ci sono ancora procedure non definite quindi il problema c’è - spiega -. Per esempio c’è la questione dei kit che possono essere richiesti a Poste italiane, ma spesso il personale allo sportello non è preparato e chiede documenti che non servono, bloccando le richieste. Infine, resta aperta la questione relativa a chi lavora nei settori esclusi dalla misura, queste persone non possono accedere”. L’Arci, insieme alle altre associazioni del Tavolo Asilo aveva sostenuto gli emendamenti della Campagna Ero Straniero che chiedeva di allargare i settori di applicabilità della sanatoria . “Non penso che la regolarizzazione sia un flop - conclude Miraglia - anche se si fermasse a quota 100mila persone, è da considerare un risultato importante. I limiti stringenti hanno impedito a tanti di accedere. Ora chiediamo che siano almeno prorogati i termini di scadenza oltre il 15 agosto”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)