Sbarchi in Calabria. Suor Pisani: “Non basta accogliere, ma bisogna innescare processi di integrazione”

Dall'inizio del 2022 sono stati 34 gli sbarchi in Calabria, per un totale di circa 5mila migranti. E con l'estate ancora nel vivo, non c'è dubbio che il numero degli arrivi per l'anno in corso sarà ben superiore rispetto alle 7mila unità fatte registrare nel 2021

Sbarchi in Calabria. Suor Pisani: “Non basta accogliere, ma bisogna innescare processi di integrazione”

Il 27 giugno scorso, a Roccella Jonica, sono arrivati 108 migranti. Il 3 luglio sono sbarcati altri 50. Poche ore dopo, sulle coste calabresi sono arrivate altre 150 persone.

“Il mare piatto di questi giorni favorisce gli sbarchi, con le rotte che provengono dalla Afghanistan e dalla Turchia, ma anche dalla Siria”, dice al Sir suor Loredana Pisani, direttrice dell’Ufficio Migrantes dell’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina.

Dall’inizio del 2022 sono stati 34 gli sbarchi in Calabria, per un totale di circa 5mila migranti. E con l’estate ancora nel vivo, non c’è dubbio che il numero degli arrivi per l’anno in corso sarà ben superiore rispetto alle 7mila unità fatte registrare nel 2021.

Roccella, Siderno, Caulonia, Palizzi, Reggio Calabria, le località dove più di tutte si verificano gli sbarchi. Nel Reggino, infatti, gli approdi nel 2022 sono aumentati, come testimonia Cristina Ciccone, presidente della cooperativa Demetra, nata grazie al Progetto Policoro, impegnata nell’accoglienza nella diocesi di Reggio Calabria-Bova. Tra i nodi da risolvere dell’impegno delle associazioni e delle Istituzioni ecclesiali e civili, c’è quello delle carenze strutturali e della necessità di garantire situazioni di accoglienza dignitose a quanti arrivano in Calabria.

Anche perché “da febbraio – spiega Ciccone – da un lato abbiamo dovuto provvedere all’accoglienza dei migranti, per i quali vengono utilizzate anche palestre presenti in città, dall’altro vi è stato il fermento dovuto all’arrivo delle famiglie ucraine, per cui non sempre si riesce a dare accoglienza dignitosa”.

Nel Crotonese la situazione non è delle migliori. Il capoluogo pitagorico, grazie al centro di accoglienza “Sant’Anna” di Isola Capo Rizzuto, è quello maggiormente impegnato nell’accoglienza dei migranti che arrivano nell’area dello Jonio calabrese. “Il maggior numero di sbarchi si verifica nei mesi primaverili ed estivi perché la costa jonica è sempre accessibile, di conseguenza diventa un punto strategico”, evidenzia suor Pisani.

“L’ultimo sbarco, di pochi giorni fa, con 150 persone in due momenti diversi, tra cui anche dei minori, ha visto approdare sulle nostre coste persone provenienti da Afghanistan, Iraq, Iran e Turchia, che sfuggono dalla povertà e dalla guerra. Un fatto è certo: Crotone è un punto di sbarco, ma chi viene qui lo fa per raggiungere altri luoghi, perché starci non conviene; infatti, la pandemia, la mancanza di lavoro e la carenza delle infrastrutture rendono non appetibile il territorio”.

In Calabria i migranti arrivano a migliaia, vengono aiutati dalla Capitaneria di Porto, dalla Protezione Civile e dalla Croce Rossa, secondo le sensibilità dei territori. Gli organismi ecclesiali, da parte loro, offrono ascolto, accoglienza, cura pastorale.

È essenziale, soprattutto da parte delle associazioni impegnate sui territori, dare un sostegno a quanti arrivano. Così come ha inteso fare Medici senza frontiere (Msf), che a Roccella, durante l’estate, fornirà supporto medico e psicologico ai migranti, con particolare attenzione all’individuazione di persone con vulnerabilità mediche a cui garantire la continuità delle cure nelle strutture di prima e seconda accoglienza. “In questi primi giorni abbiamo visto arrivare, dopo viaggi lunghi giorni e spesso a bordo di imbarcazioni fatiscenti, famiglie, minori soli, donne incinte – afferma Giovanni Perna, capo progetto di Msf a Roccella Jonica -. Siamo qui per supportare la città e in generale tutto il territorio della Prefettura di Reggio Calabria, che dall’inizio dell’anno è stata chiamata a gestire uno sbarco in media ogni 3 giorni”. L’altro segnale viene dalla Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, che ha messo a regime tre motovedette classe 300 pronte ad intercettare nelle miglia di competenza quanti arrivano via mare.

Gli Uffici diocesani Migrantes e Caritas, unitamente alle parrocchie e alle associazioni legate alla progettualità ecclesiale, sono attenti a quanto accade nei territori. Il 2022 è stata una sorta di palestra, perché arrivi di ucraini e incremento dei migranti hanno chiamato a una nuova responsabilità. Terminata l’esperienza della comunità parrocchiale San Nicola di Roccella Jonica, che per un mese ha accolto 50 giovani profughi sfuggiti dalla guerra, l’impegno nella carità è diffuso a più livelli nelle zone “calde” degli sbarchi:

“Il nostro desiderio è quello di offrire assistenza, anche solo una vicinanza di prossimità – chiarisce suor Pisani -. Non basta accogliere, ma bisogna innescare processi di integrazione, imparando a far convivere le diverse culture”.

A farle eco Agostino Martino, socio della cooperativa Demetra, responsabile dell’area immigrazione: “Noi non ci occupiamo di prima accoglienza, ma da anni siamo impegnati nel campo dell’immigrazione con diversi progetti di prossimità, una presa in carico olistica per non abbandonare nessuno di quelli che arriva nel Reggino, a partire dalle criticità dell’area di Gioia Tauro, dove si trova la tendopoli di San Ferdinando e, ancora, l’insediamento dei migranti a Taurianova”. Questo perché “la logica dell’assistenza non ha senso: dobbiamo puntare sulla emancipazione”.

Fabio Mandato

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Fonte: Sir