Scuole superiori, si riparte. Ecco qualche idea perché nessuno sia escluso

Un volume collettivo, edito da Erickson, fa il punto su “Bambini, adolescenti e Covid-19”: tra dati e riflessioni, ecco l'impatto della pandemia. Ianes: “Due questioni prioritarie: la maturità e gli studenti con disabilità. Dobbiamo ridurre ansia e lamentosità e garantire inclusione”

Scuole superiori, si riparte. Ecco qualche idea perché nessuno sia escluso

Si prova a ripartire, nelle scuole superiori di quasi tutta Italia: è un secondo primo giorno di scuola, oggi, per migliaia di studenti che hanno rispolverato gli zaini prima di rimetterseli sulle spalle, dopo mesi di scuola da casa. Riaprono le scuole, non perché la pandemia stia arretrando (tutt'altro), ma perché si è fatta strada la consapevolezza di quanto devastanti possano essere gli effetti di un'ulteriore chiusura per i ragazzi. Si inizia a fare i conti, insomma, con l'impatto non sanitario della pandemia, soprattutto sulle giovani generazioni: impatto tutt'altro che trascurabile, secondo quanto inizia a emergere da diversi studi nazionali e internazionali, ma già previsto da tempo da esperti e studiosi. Tra questi c'è Stefano Vicari, primario di Neuropsichiatria infantile presso l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù, che già tempo fa metteva in guardia contro i rischi di un prolungato isolamento dei giovani e che è curatore, insieme a Silvia De Vara, del volume, appena pubblicato dalle edizioni Erickson, Bambini, adolescenti e Covid-19. L’impatto della pandemia dal punto di vista emotivo, psicologico e scolastico.

Come scrive proprio Vicari nell'introduzione, “sottovalutare l’impatto del Covid-19 anche tra i più giovani rischia di trasformare una emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo non solo in una crisi economica, ma anche in una crisi dei diritti dei bambini e dei ragazzi. Inoltre, sebbene sia ancora prematuro tracciare un quadro preciso delle reali conseguenze della pandemia sul benessere mentale dei più piccoli, cominciano ad essere disponibili dati poco rassicuranti. Obiettivo di questo volume è quello di raccogliere le riflessioni di importanti esperti del nostro Paese in tema di infanzia e adolescenza, per tentare una prima valutazione dell’impatto della pandemia su aspetti emotivi, psicologici e scolastici dei minori”.

Tra gli esperti chiamati a raccolta, c'è Dario Ianes, docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale all'Università di Bolzano e fondatore del Centro studi Erickson di Trento. Durante e dopo il lockdown, ha osservato con attenzione e preoccupazione la condizione dei più giovani, soprattutto quelli con disabilità. Nel giorno in cui la maggior parte degli studenti delle scuole superiori rientrano in classe, la sua preoccupazione è soprattutto per quelli dell'ultimo anno e per gli alunni con disabilità.

“Togliere ansia” all'esame di maturità

“La scuola superiore è stata la più martoriata, mentre i primi livelli, tranne in alcune regioni, non hanno avuto un'interruzione grave, in questa seconda fase. Se vogliamo soffermarci solo sull'aspetto didattico, in questo momento credo che sia da affrontare urgentemente il tema della maturità: occorre prendere atto, come già altri Paesi hanno fatto, che non si potrà fare un esame di maturità normale. Tutti gli autori, nel libro che abbiamo appena pubblicato, evidenziano un aumento di incertezza e ansia tra i giovani e i giovanissimi. Ora, sappiamo bene quanto l'ultimo anno del liceo sia di per sé l'anno dell'ansia, per una prova che è di passaggio, anche dal punto di vista psicoevolutivo. Come se non bastasse, questo è anche per molti il periodo degli esami di ammissione alle università, che anticipano sempre più le prove d'ingresso, molte già a febbraio. Questa sovrapposizione crea un surplus di incertezza e ansia, che in questa fascia, ora particolarmente fragile, dobbiamo assolutamente ridurre”.

La “lamentosità”

C'è poi una questione, che Ianes evidenzia, citando Recalcati: la “lamentosità”. Questa ha a che fare con “la frustrazione di questi 'tira e molla' – spiega Ianes – del non poter andare a scuola, delle regole durante le feste: i ragazzi più grandi hanno sentito molto profondamente queste limitazioni e sviluppano una 'lamentosità', appunto, che è legata al fatto di non aver sviluppato una capacità di resistere alle difficoltà. Come osserva Recalcati, abbiamo cresciuto i nostri ragazzi senza fare attenzione alla loro capacità di sopportare le avversità, perché abbiamo sottratto molte difficoltà. Per questo, oggi sono impreparati a limitazioni importanti come le quarantena, più difficile da comprendere e da accettare rispetto al lockdown totale: se quello ha rappresentato un'impresa corale, collettiva, una sorta di bomba atomica che ha bruciato tutto, le quarantene sono sottotraccia, dividono dal gruppo, spesso anche all'interno della stessa famiglia, creano separazione, sono simili a una granata a frammentazione e come tali, appunto, frammentano. Questo contribuisce a sviluppare quell'ansia e quei disturbi che, come sottolinea anche Vicari nel volume e nei suoi interventi, sono in aumento tra i giovani”.

La “strana storia” degli studenti con disabilità

Per quanto riguarda invece gli studenti con disabilità, questi hanno vissuto diverse stagioni: Ianes ricorda l'iniziale “senso di smarrimento: da marzo a giugno ci dicevamo: 'Li stiamo perdendo'. E' quello che in tanti abbiamo denunciato, durante la prima fase. E proprio per questo, la seconda fase si è aperta con un sussulto di consapevolezza: ''Non possiamo lasciarli in Dad', abbiamo gridato. Così a scuola sono entrati solo loro, scatenando però giustamente un putiferio, di fronte a soluzioni emarginanti, tutt'altro che inclusive. Si sono quindi fatte strada diverse ipotesi, come i piccoli gruppi eterogenei, ma cosa sia accaduto realmente, non lo sappiamo: non ci sono dati, non ci sono monitoraggi. Abbiamo solo storie sparse, singole esperienze, ma manca un quadro generale su quale sia stata la sorte degli studenti disabili delle scuole superiori durante questi mesi di didattica a distanza”. Sicuramente alcuni hanno continuato ad andare a scuola: senza compagni e – da quel che risulta – anche senza termosifoni.

Il punto adesso è: se l'impatto c'è stato e il danno anche, cosa si può fare per recuperare, ora che – si spera – la scuola riapre per tutti (o quasi)? Anche in questo caso, Ianes guarda con attenzione particolare agli studenti con disabilità, che per mesi hanno visto scomparire i compagni dietro uno schermo e oggi li vedono rientrare dalla porta. “Bisogna evitare che siano nuovamente destabilizzati: in particolare, dobbiamo fare in modo che quel 50% di presenza non sia inteso come un'alternanza tra classe vuota e classe piena, con studenti con disabilità che, in certi giorni e in certe settimane, si ritrovano nuovamente soli in classe. Facciamo in modo che in classe ci sia sempre un gruppo ridotto di studenti, che garantisca inclusione stabilità a tutti. Perché tutti ne hanno bisogno”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)