Senza tempo e senza prezzo. Un'iniziativa per restituire alle famiglie gli oggetti dei propri cari defunti in ospedale per Covid

L’Azienda Usl di Piacenza ha pubblicato sulla propria pagina Fb una serie di oggetti con l’obiettivo di restituire alle famiglie gli effetti personali delle persone ricoverate per Covid-19 nei primi mesi dello scorso anno.

Senza tempo e senza prezzo. Un'iniziativa per restituire alle famiglie gli oggetti dei propri cari defunti in ospedale per Covid

“Ciao mammona, stai tranquilla. Ci vediamo presto. Un bacione!”.

Questo il messaggio scritto a mano su un post-it giallo, incollato su una foto che ritrae tre persone in un momento felice. Un messaggio carico d’affetto e di speranza. È uno degli oggetti che, nei giorni scorsi, l’Azienda Usl di Piacenza ha pubblicato sulla propria pagina Fb, con l’obiettivo di restituire alle famiglie gli effetti personali delle persone ricoverate per Covid-19 nei primi mesi dello scorso anno, quelli più terribili.

“Ce l’abbiamo messa tutta per restituire gli oggetti, oltre 500 grandi sacchi con indumenti e oggetti e un centinaio di buste più piccole, contenenti valori, alcuni molto preziosi, come orologi e gioielli, altri che invece hanno avuto un grande significato affettivo per chi ha perso un genitore, un coniuge o un familiare”, spiegano nel post Gabriella Di Girolamo (direzione delle professioni sanitarie), Elisabetta Tinelli e Manola Gruppi (affari legali Ausl). “Ci sembrava etico fare ogni sforzo possibile e siamo andati incontro ai parenti con il massimo impegno, anche se tutto questo percorso ha richiesto tempi lunghissimi e sollevato ancora tantissimo dolore per tutti. Ma era doveroso”. Al gruppo di lavoro hanno contribuito anche i professionisti della camera mortuaria e la direzione sanitaria.

“La stragrande maggioranza degli oggetti è stata restituita – si legge ancora nel post – qualcosa, ne siamo consapevoli, è andato probabilmente perso nella concitazione dei primi momenti dell’emergenza o nei passaggi tra i vari reparti o strutture sanitarie”. Ma rimangono ancora alcune storie a cui manca un finale. Sono quelle degli oggetti anonimi e mai reclamati – indumenti, fotografie, cellulari, dentiere, borsellini, pochette per il trucco – raccolti in più di 60 sacchi che aspettano di “tornare a casa”.

Si tratta di oggetti che valgono ben più del loro valore reale. La camicia da notte appartenuta alla propria madre è senza prezzo. Così come senza prezzo è la coppia di fedi che, a poche ore dalla loro pubblicazione su Fb, sono diventate il simbolo di questo lungo e doloroso percorso nel dolore, avviato l’Ausl di Piacenza a partire dall’estate dello scorso anno. “Da Pasqualina a Giovanni. Da Giovanni a Pasqualina”. Chi era Pasqualina? E chi era Giovanni? Da quanto erano sposati? Avevano dei figli? Di loro non si sa nulla. Come non si conosce la storia che si nasconde dentro una piccola scatolina bianca, contenente un piccolo ciondolo, un simbolo di affetto donato per far sentire la sua vicinanza a chi stava affrontando la sua battaglia contro il virus.

A Piacenza, dal 20 febbraio al 30 giugno 2020 i decessi per Covid sono stati 938. L’emergenza in quei mesi in Italia era grande e soprattutto non si sapeva come e quando sarebbe terminata. Solo quando è stato possibile tirare un po’ il fiato, si è iniziato ad occuparsi degli oggetti personali rimasti nelle strutture. All’Ausl di Piacenza è stata fatta una scelta etica, anche se forse un po’ più complessa da gestire: non è stato eliminato nulla, perché ci si è resi conto che per i familiari era importante riavere le cose dei propri cari. Anche solo la camicia da notte della mamma o le scarpe del papà.

Gli operatori della Ausl hanno rivissuto il dolore di quei mesi, attraverso le storie di quegli oggetti senza tempo e senza prezzo, che sono tornati nelle loro famiglie. Famiglie spesso distrutte dal passaggio del Covid. Una lunga processione dolorosa, percorsa al passo di chi oggi piange una persona cara, a cui non ha potuto tenere la mano o regalare un ultimo abbraccio o un bacio. Persone pronte a fare anche decine di chilometri pur di poter stringere ancora tra le proprie mani gli oggetti un tempo appartenuti a chi oggi non c’è più. Per sentirli ancora vicini. Come ha fatto una donna statunitense che, non appena è stato possibile, è arrivata direttamente dall’America per recuperare i valori del marito, che si trovava in Italia per lavoro quando è scoppiata la pandemia ed è morto di Covid nell’ospedale di Piacenza.

“Mio marito è stato ricoverato nei primissimi tempi, quando purtroppo regnava il caos e non ce l’ha fatta – scrive Laura D. tra i commenti al post dell’Ausl –. Grazie per avermi restituito tutti i suoi effetti personali. Ora io indosso la sua fede, guardo il suo orologio e uso il suo portamonete: sono solo oggetti, ma ogni volta che li sfioro e chiudo gli occhi percepisco la sua “presenza”. Continuate a cercare!”.

“Che malinconia – scrive Laura B. – se penso a quei giorni e quanta gente ho visto morire! Io ce l’ho fatta”.

“Io devo ringraziare davvero l’Ospedale – commenta Chiara B. –, il mio papà aveva lasciato portafoglio, e cellulare oltre ad altri effetti. Ci è stato restituito tutto intatto”.

Molti sono ancora gli oggetti attendono ancora di tornare a casa. “Noi ci speriamo ancora – scrive l’Ausl di Piacenza su Fb – se qualcuno riconoscesse questi oggetti e volesse richiederli, ovviamente fornendo una descrizione utile per identificarli, può contattarci tramite l’Urp. Noi non ci arrendiamo e continuiamo a cercare”. Per contattare i responsabili del percorso di restituzione è possibile scrivere una mail a urp@ausl.pc.it.

Nel frattempo grazie a Fb è stata ritrovata la donna che ha affidato ad un post-it incollato sulla foto di famiglia il suo messaggio di affetto e incoraggiamento per la sua “mammona”.

“Questo è il mio – ha scritto Lauretta A. a commento della foto pubblicata su Fb – che avevo scritto alla Mia mamma, ma purtroppo non è andata così…”.

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Fonte: Sir