Siria: nella roccaforte jihadista di Idlib la Domenica delle Palme dei 70 giovani di Knaye: “Non siamo vinti”

La Domenica delle Palme a Knaye, villaggio cristiano del governatorato di Idlib, roccaforte dei miliziani jihadisti del fronte Hayat Tahrir al-Sham, affiliato ad Al-Qaeda. Il grido dei 70 giovani cristiani: "Non siamo vinti!"

Siria: nella roccaforte jihadista di Idlib la Domenica delle Palme dei 70 giovani di Knaye: “Non siamo vinti”

Anche se obbligati a stare dentro la loro piccola chiesa latina priva di croci e immagini sacre, i giovani cristiani dei villaggi di Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh, agiteranno le palme e pregheranno per la pace e per la Siria. Sarà per loro l’ottava Domenica delle Palme, tante quanti gli anni della guerra che sta devastando il loro Paese. “Una guerra che nessuno ha voluto e che siamo costretti a subire”. Padre Hanna Jallouf, 66 anni, francescano siriano della Custodia di Terra Santa, è il parroco latino di Knayeh, nel governatorato di Idlib, ultima roccaforte degli oppositori al presidente siriano Assad controllata dai miliziani aderenti al fronte Hayat Tahrir al-Sham – gruppo jihadista di ideologia salafita, affiliato ad Al-Qaeda ed erede del più conosciuto Jabhat Al Nusra. Durante la Quaresima ha offerto settimanalmente le sue riflessioni al Sir, accompagnando il cammino di preparazione alla Pasqua. Ma ci tiene a raccontare la Domenica delle Palme, alla quale è tradizionalmente legata la Giornata della Gioventù.

“Tra Knayeh, Yacoubieh e Gidaidehraduno circa 70 giovani. Vivremo la Settimana Santa con il resto della comunità, circa 800 famiglie. Ma fare i conti con questo conflitto non è facile – racconta il parroco che nel 2014 fu rapito dai qaedisti – soprattutto se si è giovani. La guerra ha posto nel cuore dei giovani siriani, non solo cristiani, una grande sofferenza. Tantissimi sono cresciuti conoscendo solo armi, violenza, bombe, non hanno potuto frequentare le scuole, non sanno leggere e scrivere. Sono stati sradicati dalle loro case, allontanati, costretti a emigrare e peggior cosa indotti a uccidere l’altro. Soprattutto i maschi. Molti di loro hanno disertato il servizio militare perché affatto convinti della necessità di imbracciare le armi in questa guerra. Di giovani ne sono rimasti pochi e la maggior parte sono ragazze. Ci colpisce molto la tristezza nei volti dei bambini più piccoli”. Nonostante ciò, aggiunge il frate, “vedo nei giovani della mia comunità una fede che è cresciuta, maturata, che li ha spinti a rifiutare la violenza e a dedicarsi in opere di servizio sociale caritativo. Rimasti attaccati alla Chiesa, alla preghiera e alle liturgie, combattono così la loro guerra contro la mancanza di futuro, di prospettive certe, lottando per alimentare la speranza”.

“La Pasqua – ribadisce – ci dice che la morte non ha l’ultima parola. Questo è ciò che testimonieremo da Domenica, quando nella nostra chiesa alzeremo le palme per salutare Cristo e chiedergli speranza e salvezza per noi e la nostra amata Siria”.

Non ci saranno addobbi pasquali a rendere visibile la Pasqua nei villaggi cristiani di Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh. Così come non ci sono, oramai da anni, croci, statue e altri segni esteriori sulla chiesa del convento di san Giuseppe. “I jihadisti ci hanno vietato di indossare l’abito francescano” rimarca padre Hanna che poi rivela: “ci hanno proibito anche di distribuire dolci la Domenica delle Palme. Non vogliono che facciamo festa. Ma non ci toglieranno mai la gioia della Pasqua. Non potranno mai strapparci la nostra fede in Dio.

Ci dicono che siamo infedeli perché crediamo in un Dio uno e trino, in più Dei. Ma non importa, proviamo a spiegare loro, di far conoscere i fondamenti della nostra fede, è dura ma restiamo saldi”.

Sono lontani i tempi, prima della guerra, in cui “si poteva fare la processione all’esterno della chiesa e cantare ‘Osanna al Figlio di Davide’, agitare le palme. Oggi i nostri fedeli piangono a quel ricordo” ammette il parroco. Per lenire il dolore dei suoi parrocchiani padre Hanna sta pensando di mostrare loro le immagini via satellite delle celebrazioni del triduo pasquale presiedute da Papa Francesco, “non so se sarà possibile ma certamente per noi la vicinanza del Pontefice è un balsamo. Sapere che nella Chiesa si prega anche per noi ci aiuta a non sentirci soli, abbandonati a questo destino. Sappiamo di fare parte del grande popolo di Dio”.

In questi anni di “persecuzione jihadista” la comunità cristiana di Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh ha ulteriormente stretto i propri vincoli e si è ancora più unita. “Alla processione delle Palme – afferma il parroco – verranno tanti giovani con le famiglie. Molti di loro cammineranno per chilometri per arrivare qui. Per le persone più anziane, impossibilitate a muoversi, abbiamo organizzato un servizio di auto con dei volontari che andranno a prenderle a domicilio”. Domenica anche nella roccaforte jihadista di Idlib si leveranno le Palme e si farà festa in attesa della Pasqua: “Con Cristo la morte è sconfitta – ribadisce padre Hanna – non ci toglieranno mai la gioia più grande. E i giovani domenica lo grideranno forte, ‘non siamo vinti’”.

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Fonte: Sir