Spalanchiamo la porta, è ora! Facciamo i conti con noi stessi

Il Signore è sulla soglia, bussa per entrare e fare festa insieme

Spalanchiamo la porta, è ora! Facciamo i conti con noi stessi

Gli era sembrata una bella idea, quella di far raccontare per iscritto ai suoi studenti come stessero vivendo questa lunga quarantena. La consegna, ben articolata, precisava di sorvolare sulle scontate attività scolastiche o di svago, e di concentrarsi piuttosto su emozioni, sentimenti e riflessioni sorti durante i lunghi giorni passati chiusi in casa. Il risultato finale, però, l’aveva alquanto sorpreso e amareggiato: dopo una lettura attenta degli elaborati si ritrovava a mettere in fila «una collezione di riflessioni superficiali, a volte persino banali, condite da abusati luoghi comuni in voga nei media e nei social».

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Con queste parole il collega concludeva il suo sfogo, che aveva condiviso nel gruppo (d’aiuto?) di Whatsapp, istituito in tempo di pandemia tra docenti. Le prime risposte, a caldo, erano state lampi di solidarietà e di incoraggiamento, volti a stemperare lo scoramento dell’interessato; fintanto che non è arrivato il contributo della “decana”, che con sapiente garbo chiedeva al collega se avesse preparato la classe, per tempo e con cura, ad affrontare un tema così impegnativo. L’opportuna domanda aiutava a rileggere in modo nuovo l’esito della verifica. Quando si dice l’esperienza: niente, di ciò che davvero vale, cresce spontaneamente, ma necessita del suo tempo e della giusta cura.
Questo aneddoto didattico mi aiuta a interpretare meglio la triste sensazione, spesso condivisa con altri, che serpeggia in questi mesi. Sentiamo che, pur tra difficoltà e sofferenze, ci sta venendo offerta una occasione propizia, che però non riusciamo a cogliere: la possiamo soltanto guardare svanire, mentre rimaniamo bloccati in un tempo sospeso, quasi fossimo in stand by, nell’attesa di ritornare alla normalità.

In questi mesi l’essere costretti a stare a casa ci ha privato di molte cose, che ci impegnavano del tempo. Un tempo che forzatamente si è svuotato, ma non per questo si è trasformato in tempo liberato. Capita spesso che i ragazzi confessino di essere storditi da full immersion nei social o da maratone su videogiochi e serie tv. Spontaneamente il tempo disponibile tende velocemente a riempirsi di ciò che si muove in superficie: nel mondo adulto si affolla di urgenze, che non lasciano posto alle questioni necessarie.

Ma c’è da chiedersi: non c’è il tempo per le questioni necessarie, perché si è sommersi dalle urgenze; o piuttosto ci si lascia sommergere dalle urgenze, per evitare di affrontare le questioni necessarie? Non è un giochetto linguistico, quanto piuttosto trovare il coraggio di “riprendersi in mano” e fare i conti, fino in fondo, con se stessi. In primo luogo fermarsi e scrutare il proprio volto, chi sono realmente diventato e chi ho intenzione di diventare; passare al vaglio le relazioni, i sentimenti e gli atteggiamenti; entrare nella stanza del desiderio, che muove la propria esistenza: dare a esso il suo giusto nome, affinché si risvegli e si riaccenda. Per noi credenti la questione si traduce nello spalancare, finalmente, le porte al Signore che, ostinatamente, sta sulla soglia e bussa per entrare, per fare festa insieme.

Tutto questo non è certo il programma di una quarantena, perché richiede il tempo che ci va: forse quello di una vita intera. Ma questa sosta forzata acquisterebbe un prezioso significato, se davvero segnasse la decisa volontà di intraprendere questo viaggio, personale e di comunità, con la profonda convinzione che il Signore provvederà ad accompagnarci secondo i suoi modi, attraverso le persone che ci metterà accanto.

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