Stranieri che imparano l'italiano e l'arte di essere mamme. Succede in parrocchia a Santa Rita

Da due anni e mezzo i progetti Cleopa utilizzano la forza della relazione "a tu per tu" per insegnare la lingua a chi viene da fuori. E a giugno è partito per la seconda volta "Mamicleopa" in favore delle giovani mamme

Stranieri che imparano l'italiano e l'arte di essere mamme. Succede in parrocchia a Santa Rita

Immaginate di mutuare un progetto nato in aree dove il bilinguismo caratterizza la vita sociale quotidiana – come Barcellona o Bolzano, dove catalano e tedesco convivono con castigliano e italiano – e di trapiantarlo a Padova allo scopo di facilitare l’integrazione sociale. È quanto sta avvenendo ormai da due anni e mezzo nella parrocchia cittadina di Santa Rita da Cascia. C’è da scommettere che quando il parroco don Romeo Sinigaglia incontrerà il sindaco Giordani, nell’ambito del confronto che il primo cittadino ha chiesto a tutti i parroci, nella conversazione entrerà anche il progetto Cleopa “Parla con me l’italiano”.

«Siamo partiti nel febbraio 2016 – fa il punto la coordinatrice Alessandra Pallaro – e abbiamo raggiunto il numero di 114 coppie, 85 volontari e 81 apprendenti. Abbiamo uno zoccolo duro di volontari veterani sempre più capaci di avvicinare i giovani migranti che gravitano negli spazi circostanti la parrocchia. A loro si aggiungono anche nuove persone incuriosite da questo mondo così vicino e così lontano. Siamo sempre in attività».

A questa prima iniziativa si è poi aggiunto il progetto “Mamicleopa”, nato per trasmettere alle giovani donne migranti conoscenze relative all’educazione sanitaria della donna e per un affiancamento al maternage per mamme. L’attività prevede workshop sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, gravidanze responsabili e percorsi mirati in base alle esigenze della singola mamma. «La prima esperienza, dal novembre 2016 al maggio 2017, finanziata dal Fondo straordinario di solidarietà, in collaborazione con la parrocchia di Santa Rita, è stata attivata grazie anche all’impegno di Gisele Zawadi, rifugiata congolese che, formata da tre medici (ginecologa, pediatra, nutrizionista), è diventata l’operatrice del progetto – aggiunge Alessandra – Dopo una campagna di diffusione dell’iniziativa, siamo riusciti ad attivare tre workshop, raggiungendo 11 donne e 4 percorsi di maternage molto impegnativi.

Crediamo nella necessità di fare informazione e dare supporto alle donne. Speriamo in una maggiore adesione da parte degli enti che ospitano le donne migranti e per questo abbiamo avviato il mese scorso una seconda edizione del progetto, sempre finanziato dal Fondo straordinario di solidarietà insieme alla cooperativa Equality, augurandoci di raggiungere un maggior numero di donne».

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