Striscia di Gaza: il Calvario nascosto dei “bambini farfalla”

Da un anno e mezzo circa è attivo nella Striscia di Gaza il progetto "Aiuto ai bambini farfalla" portato avanti dalla locale parrocchia latina insieme all'ong della Custodia di Terra Santa, Pro Terra Sancta (Pro Ts). Si occupa di pazienti, in gran parte bambini, affetti da epidermolisi bollosa (Eb), rara malattia genetica che provoca bolle e lesioni in corrispondenza della pelle e delle mucose interne. Li chiamano “bambini farfalla” perché non possono essere toccati o abbracciati, anche un semplice contatto potrebbe recare loro danno e dolore. Il Sir ha raccolto le testimonianze del parroco, padre Romanelli e del responsabile del progetto, Vincenzo Bellomo, rientrato proprio in questi giorni dalla Striscia

Striscia di Gaza: il Calvario nascosto dei “bambini farfalla”

“Quando la mamma mi abbraccia mi vengono le bolle: purtroppo sono un bambino farfalla”. Ahmed è uno degli oltre 60 bambini gazawi affetti da epidermolisi bollosa (Eb), una rara malattia genetica che provoca bolle e lesioni in corrispondenza della pelle e delle mucose interne. Li chiamano “bambini farfalla” perché non possono essere toccati o abbracciati, anche un semplice contatto potrebbe recare loro danno e dolore. Il più delle volte passano tutto il loro tempo in casa. Bambini fragili come le ali di una farfalla. La pelle di questi piccoli, infatti, è così sottile che una semplice lacerazione è paragonabile ad una ustione di terzo o quarto grado. Le loro manine spesso non hanno unghie e le lesioni bollose, nelle forme più gravi e invalidanti, vanno a colpire le unioni delle mani e dei piedi, così da rendere molto difficile il loro uso.

Quella dei “bambini farfalla” è una sindrome, non trasmissibile, che non ha ancora una cura risolutiva anche se sono allo studio diversi trattamenti, compresa la terapia genica. Chi ne è affetto ha bisogno di tante cure e continue attenzioni, dalla fisioterapia a scarpe speciali, creme, antibiotici, bende con cui evitare che le lesioni entrino in contatto con gli abiti. La presa in carico di questi pazienti, secondo quanto prevede la medicina attuale, “consiste nell’evitare la comparsa delle bolle, tramite una meticolosa protezione della cute e l’adozione di stili di vita appropriati, che limitino i traumi, e nel prevenire le infezioni secondarie mediante un’attenta cura delle ferite”.

In prima linea. L’enclave palestinese è governata dal 2007 dal movimento islamista Hamas ed è circondata dal muro di separazione israeliano. La vita dei suoi due milioni di abitanti è scandita da continui conflitti militari con Israele, – l’ultimo a maggio di quest’anno – e segnata da una pesante crisi sociale economica, che si riflette nella carenza di lavoro, di medicine, di acqua potabile, di energia elettrica, di beni essenziali. In questa situazione i bambini farfalla sono una delle tante sfide cui la popolazione gazawa deve fare fronte. Chi è in prima linea nella cura e nella assistenza di questi piccoli malati è la parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica cattolica della Striscia con i suoi poco più di 100 fedeli, coadiuvata da Pro Ts, pro Terra Sancta, l’ong della Custodia di Terra Santa. Il responsabile del progetto, denominato “Aiuto ai bambini farfalla”, è Vincenzo Bellomo, rientrato solo pochissimi giorni fa dalla Striscia di Gaza, dove ha fatto visita alle famiglie dei bambini seguiti e fatto il punto sull’andamento del progetto che va avanti da un anno e mezzo. “Attualmente – dice al Sir – seguiamo 38 bambini. In tutta la Striscia gli affetti dalla sindrome sono poco meno di 70, almeno quelli segnalati. Il nostro progetto, nato sul finire del 2020, porta avanti l’opera cominciata qualche anno fa da alcuni medici italiani volontari del Pcrf-Italia, onlus che fa capo alla ong palestinese Palestine Children’s Relief Fund (Pcfr), impegnata a rafforzare l’erogazione e migliorare la qualità dei servizi sanitari pubblici in Palestina. Compito di questi medici italiani era di prestare cure domiciliari e dare sostegno sia sanitario che sociale, alle famiglie dei bambini portatori di epidermolisi bollosa nella Striscia di Gaza”.

Isahq e Sami. “Aiuto ai bambini farfalla” si avvale dell’opera di Isahq, un giovane gazawo di fede musulmana. Isahq ha imparato a trattare l’epidermolisi bollosa sin da bambino perché lui stesso ne è affetto, seppur in forma lieve. “Chi meglio di lui – dice Bellomo – può comprendere e aiutare i piccoli pazienti nelle cure quotidiane? Ogni giorno Isaac passa di casa in casa a bendare, stendere creme, pulire le lacerazioni epidermiche di questi bambini. È ancora lui che istruisce i familiari dei pazienti su come lavarli, curarli, assisterli senza creare ulteriore sofferenza”.

Il sistema sanitario palestinese non riconosce ancora questa sindrome. Solo pochi medici la studiano e le conoscenze in questo campo sono minime. Quando questi bambini si recano in ospedale i medici pensano che siano ustionati, quando invece si tratta di epidermolisi bollosa. “È capitato anche – ricorda Bellomo – che quando è nata una bambina farfalla i medici non sapendo cosa fare hanno chiamato il nostro operatore che nel giro di poche ore si è recato in ospedale riuscendo a dividere le dita delle manine, quando la pelle non si era ancora del tutto formata. Oggi questa bambina è cresciuta e segue le cure palliative. La famiglia da allora è riconoscente ad Isaac perché dice che ha salvato la vita alla figlia”. Da qualche tempo Isahq è aiutato da Sami, giovane cristiano studente in scienze infermieristiche. La pandemia ha reso necessario raddoppiare gli sforzi e le precauzioni. La maggior parte dei piccoli pazienti assistiti non sono ancora vaccinati per l’età, i rimanenti hanno ricevuto solo una dose. I due sono coadiuvati da un ristretto team di collaboratori che provvedono a svolgere tutte le pratiche legate alle cure, all’amministrazione e alla raccolta dei dati. Sottolinea Bellomo: “È importante raccogliere ogni informazione possibile sulla malattia, partendo da tutto ciò che è già stato fatto dai medici del Pcfr. Si tratta di un patrimonio di conoscenze che dobbiamo arricchire e condividere. Tra l’altro – segnala Bellomo – esiste anche un libro su questo progetto, scritto da una infermiera di Brescia, volontaria del Pcrf Italia, Gianna Pasini.

Il volumetto, in arabo e in italiano, si intitola “Storia di una bambina farfalla” (Edizioni Q), e racconta la vita di questa bambina farfalla trascorsa tra cure dolorose, aule di scuola e desideri da realizzare. Il ricavato del libro va al progetto di Pro Ts”.

Bambini sul Calvario. Le difficoltà sul terreno sono tante – ammette padre Gabriel Romanelli, parroco della Striscia di Gaza – ma

non possiamo lasciar vivere a questi bambini un continuo Calvario,

perché è di Calvario che parliamo. Stiamo cercando di creare una struttura che possa offrire cure e servizi a questi bambini in modo continuativo, quindi autonoma e indipendente. Assistendo questi piccoli malati vogliamo offrire una testimonianza di amore disinteressato.

Le piaghe di questi bambini, sparsi in tutta la Striscia di Gaza, ci indicano la loro comunione con la sofferenza di Cristo e le sue 5 piaghe che ha portato con dolore sul Calvario. Curiamo le loro piaghe per il bene di tutti. Ci avviciniamo al Natale e stiamo preparando una festa tutta per loro, speriamo che le condizioni lo consentano.

arà l’occasione per fare loro dei regali come creme, apparecchi domestici come ventilatori, molto utili in estate per dare refrigerio e sollievo a questi bambini perché il caldo rende le loro piaghe ancora più insopportabili. Contiamo molto sulla generosità di tanti benefattori”. Per donare: https://www.proterrasancta.org/it/come-sostenerci/#donaora (causale progetto “Aiuto ai bambini farfalla”)

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Fonte: Sir