“Terra bruciata”, un libro per raccontare l’Italia della crisi climatica

Il giornalista e scrittore Stefano Liberti racconta come il nostro paese sta affrontando il surriscaldamento globale: dai ghiacciai che si ritirano alle coste erose dall'innalzamento del mare, fino alle città sempre più arroventate 

“Terra bruciata”, un libro per raccontare l’Italia della crisi climatica

“La crisi climatica ancora ci appare come qualcosa di lontano nello spazio e nel tempo: pensiamo che si manifesti in atolli sperduti nel Pacifico o nel sud-est asiatico, oppure crediamo che riguarderà i nostri nipoti. Invece il cambiamento climatico è qui tra noi, oggi, in Italia: possiamo già toccarlo con mano”. Stefano Liberti, giornalista e scrittore, ha viaggiato per un anno dal nord al sud della penisola incontrando agricoltori, pescatori, apicoltori, studiosi, attivisti e semplici cittadini, per documentare gli effetti del surriscaldamento globale sui loro territori. Il suo nuovo libro “Terra bruciata. Come la crisi ambientale sta cambiando l'Italia e la nostra vita”, da oggi 22 settembre disponibile nelle librerie, è il racconto di questo viaggio, per documentare come stanno cambiando i territori e come gli abitanti stanno mettendo in atto strategie di adattamento e resilienza.

“La cosa che mi ha colpito è la consapevolezza che c’è nella popolazione che vive sui territori, mentre chi sta in città ha una percezione molto diversa – racconta Liberti –. Non c’è nessun agricoltore la cui attività non sia stata colpita direttamente dal cambiamento climatico: ad esempio in Abruzzo ho incontrato un produttore di vini artigianali che negli ultimi anni ha dovuto anticipare sempre più la vendemmia, e che non riesce più a fare vini di alta qualità come un tempo perché l’uva matura diversamente. Mi ha detto: ‘Non escludo che tra qualche anno il vino verrà prodotto a Oslo, e noi ci troveremo a fare frutta tropicale’. In realtà questa cosa sta già avvenendo: nel mio viaggio sono stato anche in Sicilia, tra i nuovi produttori di mango”.

L’Italia si può considerare infatti un “hotspot”, un luogo dove gli effetti dei cambiamenti climatici si misurano in modo più evidente che altrove. Questo è dovuto alla sua particolare posizione geografica, in mezzo al mar Mediterraneo, e alla morfologia più fragile dei territori, con molte montagne e pianure spezzettate. Nel nostro paese, la temperatura media annuale ha già sforato i livelli imposti dagli accordi di Parigi, il riscaldamento del mare è superiore rispetto a quello degli oceani, e i fenomeni estremi sono stati più frequenti. Il libro conduce in un viaggio che va dai ghiacciai che si ritirano alle coste erose dall'innalzamento del mare, fino alle città sempre più arroventate. Da Venezia minacciata dall'acqua alta alla la Sicilia in via di desertificazione, dai boschi del Nord-Est schiantati dalla tempesta Vaia al Po sempre più secco e imprevedibile.

“Ho toccato con mano una crisi molto potente, molto più preoccupante di come immaginavo, ma tanto poco discussa nel suo reale impatto dall’opinione pubblica, dalla politica, dai media – commenta Liberti –. Il comparto agricolo, quando può, mette in atto singole strategie di resilienza, ma mancano politiche pubbliche che affrontino il problema in modo globale ed efficace. Servirebbero investimenti importanti sulle politiche di adattamento dei territori, con un consenso trasversale. L’orizzonte temporale non può essere quello di una tornata elettorale: l’Italia è uno dei pochi paesi che ancora non ha adottato una strategia di adattamento al cambiamento climatico. Si tende ancora ad agire nel momento della crisi, senza fare prevenzione: naturalmente l’emergenza ha un costo enormemente più alto, ma con una politica ossessionata dal consenso non c’è interesse nella prevenzione, che non porta voti. Per questo servono delle politiche di mitigazione efficaci, oltre a strategie per ridurre le emissioni e cambiare l’attuale modello di sviluppo. Bisogna fare in fretta, questa è la grande urgenza della nostra epoca”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)