Umanità, famiglia di famiglie. Le famiglie non si sentano sole nel percorrere la via delle Beatitudini

C’è un documento che merita un’attenzione maggiore di quella che forse negli anni gli è stata attribuita: si tratta della Gravissimam sane.

Carissime Famiglie! La celebrazione dell’Anno della Famiglia mi offre la gradita occasione di bussare alla porta della vostra casa, desideroso di salutarvi con grande affetto e di intrattenermi con voi. Lo faccio con questa lettera, prendendo l’avvio dalle parole dell’Enciclica Redemptor hominische ho pubblicato nei primi giorni del mio ministero petrino. Scrivevo allora: l’uomo è la via della Chiesa.

Giovanni Paolo II, Gratissimam sane, n.1, 2 febbraio 1994

Umanità, famiglia di famiglie. Le famiglie non si sentano sole nel percorrere la via delle Beatitudini

Dopo la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, il 22 novembre 1981, papa Giovanni Paolo II ha proseguito fino al novembre del 1984 le sue udienze del mercoledì che sono poi andate a confluire in quel poderoso patrimonio di sapienza teologica comunemente chiamate “catechesi sull’amore umano”. Solo per questo sforzo di approfondimento Karol Woytjla può a buon ragione essere chiamato il “Papa della famiglia”, ma le occasioni in cui egli è tornato a parlare della famiglia e per la famiglia sono state anche altre nel suo lungo e intenso pontificato.
C’è un documento che merita un’attenzione maggiore di quella che forse negli anni gli è stata attribuita: si tratta della Gravissimam sane. Questo testo si presenta con caratteristiche diverse rispetto agli altri che abbiamo poc’anzi ricordato perché si presenta sotto forma di lettera, una lettera che il Papa desidera indirizzare a tutte le famiglie del mondo in occasione della celebrazione, nel 1994, dell’Anno della Famiglia, un’iniziativa internazionale dell’ONU.

La contingenza di questa occasione laica e – come detto – la scelta di rivolgersi direttamente alle famiglie e non alle gerarchie ecclesiastiche o ai pastori rende il dire del Papa molto accorato, affettuoso e forse, nello stesso tempo, anche più semplice. La lettera mette in evidenza fin dal titolo della sua prima parte un’espressione – che già era stata usata da Paolo VI – “la civiltà dell’amore”. Essa racchiude in sé un convincimento che il Papa sviluppa riprendendo i capisaldi del suo magistero, ovvero che c’è una civiltà, non in senso solo politico, ma più profondamente umanistico che va edificata a partire proprio dalla verità che l’uomo e la donna sono da sempre pensati per creare quella comunione di persone che alimenta e perpetua il mondo. L’uomo e la donna chiamati a realizzare il bene comune del matrimonio e della famiglia attraverso il dono di sé e la consapevole volontà di essere padri e madri responsabili, coprotagonisti del mistero d’amore che origina la vita. “La civiltà – scrive il Papa – appartiene alla storia dell’uomo, perché corrisponde alle sue esigenze spirituali e morali: creato ad immagine e somiglianza di Dio, egli ha ricevuto il mondo dalle mani del Creatore con l’impegno di plasmarlo a propria immagine e somiglianza. Proprio dall’adempimento di questo compito scaturisce la civiltà, che altro non è, in definitiva, se non l’umanizzazione del mondo (n. 10).

Questa umanizzazione ha bisogno di tutte le energie positive provenienti dagli uomini e le donne di buona volontà e il Papa richiama le occasioni in cui pressante è stato il suo invito alle nazioni perché convergessero su una piattaforma condivisa dei diritti della persona prima e della famiglia di conseguenza. L’umanità vive ancora profonde disparità fra Paese e Paese e vi sono luoghi nel mondo in cui non si raggiungono quei principi di dignità che permettono alle creature di essere chiamate tali. La valorizzazione della famiglia quale risorsa imprescindibile per lo sviluppo umano è un impegno che deve coinvolgere tutti, ma a cui la Chiesa invita soprattutto gli sposi cristiani presenti in tutto il mondo quali “naturali” missionari di quella civiltà dell’amore che attende di essere pienamente realizzata. Per questo motivo la seconda parte della lettera è intitolata “Lo sposo è con voi”, perché il Papa sprona i credenti a rinvigorire la fede nella presenza viva e feconda del Signore nel cammino della storia. Gesù è presente, agisce, interviene, proprio come fece a Cana di Galilea. Maria, sua madre ha detto allora e ripete ogni giorno “fate quello che Lui vi dirà”.

Le famiglie non si sentano sole nel percorrere la via delle Beatitudini perché essa è ardua, ma sempre attuale e possibile. Di certo Giovanni Paolo II si affiancherebbe oggi al fervore con cui papa Francesco ci invita a pregare la Madre del Signore per invocare la fine della pandemia e dal cielo crediamo interceda perché le famiglie del mondo, pur nelle grandi prove a cui siamo chiamati, possano alimentare la speranza che l’umanità sarà sempre più una famiglia di famiglie.

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Fonte: Sir