Una call to action delle religiose anti-tratta di tutto il mondo: “curare le vittime e guarire le ferite”

Dal 2009 la rete internazionale Talitha Kum, fondata dalla Uisg (Unione internazionale superiore generali), è impegnata per liberare donne e bambine sfruttate per scopi sessuali, lavorativi o per traffico di organi, coinvolgendo oltre 3.000 religiose e collaboratori in 90 Paesi. Da Roma hanno lanciato oggi una chiamata all'azione rivolta alle suore, alla Chiesa cattolica, ai leader religiosi e ai governanti. Le testimonianze raccolte dal Sir di religiose impegnate in prima linea in Europa, America Latina, Africa e Asia.

Una call to action delle religiose anti-tratta di tutto il mondo: “curare le vittime e guarire le ferite”

Una call to action, ossia una chiamata all’azione delle religiose anti-tratta di tutto il mondo per chiedere di “curare, guarire, empower e rigenerare” le donne vittime di tratta. E’ stata lanciata oggi, 25 novembre, durante un seminario con le rappresentanti di tutti i continenti delle rete globale Talitha Kum, in corso a Roma in occasione del Giornata nazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. L’appello è rivolto alle suore, alla Chiesa cattolica, ai leader di tutte le religioni e ai governanti. Quattro gli obiettivi principali: “curare le vittime; guarire le ferite psicosociali e spirituali; empowering dei sopravvissuti e delle persone a rischio; rigenerare la dignità umana”.

“C’è bisogno di garantire l’accesso alla giustizia e all’assistenza psicosociale e sanitaria a lungo termine sostenuti dallo Stato, e permessi di lavoro e soggiorno per le vittime. Anche perché la riduzione dei fondi in tutto il mondo è insufficiente a rispondere alle necessità”, spiega al Sir suor Gabriella Bottani, coordinatrice internazionale di Talitha Kum. “Oltre a proteggere e promuovere la dignità delle vittime di tratta – si legge nel documento -, vogliamo creare un cambiamento a lungo termine, per smantellare i sistemi che permettono l’oppressione e lo sfruttamento”. Nella call to action viene sottolineata, tra l’altro, la necessità di “eliminare gli squilibri di potere di genere”, “garantire la parità di accesso a un’istruzione di qualità” e a “pari diritti al lavoro per le donne”, come pure “sostenere percorsi di migrazione sicuri e legali, anche nei casi di migrazione forzata”. In senso più ampio si chiede di “promuovere un’economia della cura e della solidarietà”, tramite modelli di business e consumo etici e responsabili, oltre all’integrazione e inclusione socio-economica dei sopravvissuti.

Europa: case di accoglienza sempre piene durante i lockdown. La responsabile per l’Europa di Talitha Kum, suor Luisa Puglisi, 43 anni, vive in Spagna. Laureata in Scienze politiche sognava di fare l’ambasciatrice. Invece ha deciso di dedicare tutta la sua vita alle vittime di tratta nella Congregazione delle Suore Adoratrici Ancelle del Santissimo Sacramento e della Carità, dedita proprio alle donne vittime della prostituzione e di altre forme di sfruttamento. A Madrid le donne sottratte alla tratta vengono avvicinate dalle unità di strada e poi accolte in case di prima e seconda accoglienza, con tre religiose che condividono il quotidiano, affiancate da una équipe professionale. “E’ il nostro focolaio domestico – dice suor Luisa, direttrice generale della Fondazione Amaranta -. Le aiutiamo a ricostruire un sé distrutto dalla violenza fisica e psicologica e le sosteniamo nei momenti duri”. Per ciascuna viene costruito un progetto individuale. “I parametri di successo sono soggettivi – precisa -. Per alcune è utile trovare un lavoro, per altre è meglio focalizzarsi sul superamento del trauma”. Con la pandemia in tutto il mondo il fenomeno è aumentato ma ha cambiato forma, è diventato più invisibile (indoor anziché in strada) ma “la domanda dei clienti è sempre alta e le nostre case sono sempre piene”, puntualizza. Le donne trafficate vengono dall’America Latina, dall’Africa francofona, dall’Est Europa, dal Vietnam e dalla Cina.

America Latina: fenomeno più virtuale e clandestino. “Durante il confinamiento – racconta suor Carmen Ugarte Garcia, messicana delle Hermanas Oblatas del S.S. Redentor  e rappresentante di Talitha Kum per l’America Latina – il fenomeno è diventato virtuale e ancora più clandestino”. Le donne cadono nella rete con l’inganno, come ovunque, ma le menzogne sono diverse: “Spesso si innamorano del loro sfruttatore, che promette il sogno di una vita migliore altrove. Invece vengono avviate alla prostituzione con la forza, minacciando di allontanare e uccidere i figli o i familiari se non obbediscono o fuggono. La paura le tiene legate ai loro aguzzini, per un periodo che può durare fino a 20 anni”.  In America Latina la tratta è legata principalmente alle migrazioni di massa verso gli Stati Uniti, iniziate già prima dell’emergenza sanitaria. La crisi venezuelana e la povertà estrema in Centro America spingono caravanas di migliaia di migranti verso le frontiere. Negli ultimi anni è aumentato lo sfruttamento sessuale dei minori nelle zone turistiche.

Africa: schiave nelle miniere, matrimoni forzati e traffico d’organi. “Nel nostro Paese il clima di instabilità a causa del terrorismo ha peggiorato la situazione”, spiega suor Yvonne Clémence Bambara, della Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, coordinatrice per l’Africa di Talitha Kum, presente in 20 Paesi africani. “In Burkina Faso molte ragazze fuggono dai villaggi e cadono nelle reti dei trafficanti, che promettono un buon lavoro in Europa. Invece si ritrovano schiave nei bordelli delle città minerarie dove viene estratto l’oro”.  In Africa la tratta delle donne e ragazze si concretizza nei matrimoni forzati, nel lavoro domestico, nello sfruttamento sessuale nelle zone dell’industria estrattiva o in vere e proprie forme di rapimento contro la loro volontà. In Mozambico e Kenya si arriva perfino ad omicidi per il traffico di organi. Le suore africane fanno anche attività di sensibilizzazione nei villaggi più sperduti, per spiegare alle ragazze i rischi a cui vanno incontro.

Asia: prevenzione nei villaggi e sostegno alle vittime. Come accade nel sud est asiatico, alle frontiere del Bangladesh, della Cambogia, della Thailandia. O nei piccoli centri di Filippine, India, Sri Lanka. La coordinatrice dell’Asia suor Abby Avelino, della Congregazione Maryknoll Sisters of Saint Dominic, ha lasciato la carriera di ingegnere nelle Filippine per la vita religiosa. Ora vive a Tokyo, nella parrocchia di Sant’Ignazio, dove segue i migranti da Asia e Africa che entrano legalmente in Giappone per i “technical training”.  Invece si ritrovano a lavorare 20 ore al giorno sfruttati nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’edilizia, con il passaporto confiscato, senza sapere la lingua e a volte senza nemmeno ricevere un salario. Dietro il fenomeno della tratta c’è anche la Yakuza, la mafia giapponese. “I migranti pagano almeno 10.000 dollari ai trafficanti.  Le donne subiscono abusi fisici, ci sono molti incidenti sul lavoro e suicidi, almeno un centinaio negli ultimi tempi”, dice suor Abby: “Le donne incinte vengono costrette ad abortire o espulse. Noi mettiamo a disposizione un numero verde per denunciare e informazioni sui social media”.

Tra le storie drammatiche incontrate dalle religiose quella di Mary (sono nomi di fantasia), nigeriana, sfruttata sessualmente dagli operai di in una miniera isolata. E’ rimasta incinta e un uomo l’ha riempita di botte sulla pancia: il bambino è morto. Quando le suore l’hanno presa in carico era sotto choc, con gravissimi danni all’utero e problemi cardiovascolari. La paura di essere rintracciata dai trafficanti l’ha spinta a fuggire dalla casa di accoglienza. E’ stata trovata in strada in condizioni terribili. Grazie alle cure delle religiose dopo un mese in ospedale si è ristabilita. E’ tornata in Nigeria ma senza i farmaci di cui aveva bisogno è morta dopo sei mesi. Rosa, 30 anni, messicana, è riuscita invece, grazie alle suore, a ritrovare i due figli che non vedeva da anni, mentre il padre-sfruttatore era in carcere. Ora è libera e ha ricominciato una nuova vita insieme ai figli.

15.000 donne liberate da Talitha Kum.  Dal 2009 la rete internazionale Talitha Kum, fondata dalla Uisg (Unione internazionale superiore generali), è impegnata per liberare donne e bambine sfruttate per scopi sessuali, lavorativi o per traffico di organi, coinvolgendo oltre 3.000 religiose e collaboratori in 90 Paesi. Solamente nel 2020 Talitha Kum si è presa cura di oltre 15.000 sopravvissute, e circa 180.000 persone hanno beneficiato di attività di prevenzione e formazione. Secondo i dati forniti da Talitha Kum nel mondo sono 50 mila le vittime della tratta ogni anno; il 72% sono donne. Ogni 10 vittime, 5 sono donne adulte e 2 sono giovani ragazze.

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Fonte: Sir