Yemen, Medici senza frontiere: “Mille neonati morti in ospedale in 2 anni”

Msf diffonde il nuovo rapporto “Parti complicati” sulla guerra in Yemen: in due soli ospedali, tra il 2016 e il 2018, sono morte 36 donne incinte e 1529 bambini di cui 1018 neonati. Un terzo dei bambini arriva deceduto in ospedale. La ong: “La guerra ha portato al collasso del sistema sanitario del Paese”

Yemen, Medici senza frontiere: “Mille neonati morti in ospedale in 2 anni”

Più di mille neonati morti fra 2016 e 2018 in soli due ospedali dello Yemen a causa del conflitto che “ha provocato il collasso del sistema sanitario pubblico nel Paese”. Queste le parole con cui Medici senza Frontiere fotografa una delle situazione più drammatiche nella nazione mediorientale in guerra civile da quattro anni. Msf, che in Yemen lavora in 12 ospedali e fornisce supporto in 20 diverse strutture, ha diffuso il nuovo rapporto “Parti complicati, madri e bambini yemeniti muoiono senza cure”. Trentuno pagine di relazione basate su quanto osservato dalle équipe mediche della ong nei governatorati di Taiz e Hajjah e che mostrano l'impatto della guerra su donne incinte, neomamme e bambini sotto i quindici anni. “Tra il 2016 e il 2018 – scrive Msf – 36 donne e 1.529 bambini, di cui 1.018 neonati, sono morti nell'ospedale di Msf a Taiz Houban, nel governatorato di Taiz, e nell'ospedale di Abs, supportato da Msf, nel governatorato di Hajjah”. Mentre “a Taiz Houban quasi un terzo dei bambini e neonati erano già deceduti all’arrivo in ospedale. Molti neonati arrivati nelle strutture erano sottopeso alla nascita o erano nati prematuri a casa o in piccole cliniche private. Le cause più comuni dei decessi, sono la nascita prematura, l'asfissia e la sepsi neonatale”. 

Le cause di un così elevato numero di decessi di bambini e neonati sono dai ricercarsi nei fattori direttamente legati al conflitto che dal 2015 infiamma lo Yemen: la scarsità di strutture sanitarie funzionanti, le difficoltà delle persone nel raggiungerle, l’impossibilità di soluzioni alternative. Fino allo scoppio del conflitto infatti “la maggior parte dei servizi medici in Yemen era fornita da strutture sanitarie private, a costi relativamente sostenibili”. Oggi la situazione è radicalmente cambiata e “la capacità degli yemeniti di accedere a cure sanitarie di qualsiasi tipo è diminuita drasticamente perché il conflitto ha devastato l'economia e svalutato i risparmi, lasciando la maggior parte delle persone dipendente dalla limitata sanità pubblica disponibile”. Ci sono poi i problemi di mobilità. Scrive l'organizzazione umanitaria nata nel 1971 che “per raggiungere un ospedale ancora funzionante” molte persone “devono attraversare le linee del fronte, passare attraverso terre di nessuno o negoziare il passaggio attraverso più posti di blocco”. Tanto che “anche alcune madri e bambini ammessi all'ospedale di Taiz Houban hanno attraversato le linee del fronte. Questo li espone a un pericolo fisico oltre ad aumentare in modo esponenziale i tempi del viaggio”. Se “prima del conflitto, i residenti di Houban, alla periferia di Taiz, potevano raggiungere un ospedale pubblico nel centro città in dieci minuti” oggi “il viaggio per raggiungere le cure può durare fino a sei ore”. 
Di notte invece è quasi impossibile viaggiare e chi ci prova per raggiungere le strutture sanitarie mostra di frequente disturbi da stress post traumatico. Come spiega Sadeqa, ostetrica di Medici senza Frontiere nell'ospedale di Abs, “i pazienti non possono spostarsi a causa di attacchi aerei e combattimenti e non escono di notte per paura di essere attaccati. Una volta un'auto è stata colpita da un attacco aereo che ha ucciso tutte le persone a bordo”. Una situazione che impatta anche sul personale medico oltre che sui pazienti: “I problemi di sicurezza non riguardano solo le persone che hanno bisogno di cure mediche, ma colpisce anche il personale medico che fornisce le cure – fa sapere in una nota Jana Brandt, consulente per le operazioni di Msf in Yemen –. Il nostro staff ospedaliero preferisce fare un turno notturno di quattordici che lavorare otto ore durante il giorno, pur di non dover viaggiare di notte su strade estremamente insicure”. (Francesco Floris)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)