Abbiategrasso, “il lato oscuro dell'adolescenza”: un podcast per comprendere

Roberta Lippi, autrice di “Baby Gang” per Storielibere e Publispei, riflette sulla vicenda dello studente che ha accoltellato l'insegnante. “La pandemia ha fatto implodere la rabbia e alcuni non sanno gestirla. Sappiamo quanto abbiano sofferto i ragazzi, ma cosa si è fatto per sostenerli?”

Abbiategrasso, “il lato oscuro dell'adolescenza”: un podcast per comprendere

C'è il gruppo di ragazzi napoletani, che prende di mira Arturo, minaccia di ucciderlo e quasi ci riesce. C'è la comitiva di giovanissimi, in provincia di Como, che spadroneggia nel quartiere e promette vendetta alla coppia che cortesemente protesta. E poi c'è lui, il ragazzo di Abbiategrasso che ha accoltellato una professoressa e ora si dice abbia un “disturbo paranoide”.

Mentre si attende di conoscere maggiori dettagli sulla vicenda e sulla storia del ragazzo e di sapere quale sarà il suo destino, Redattore Sociale ha raggiunto Roberta Lippi, giornalista, già nota per le serie d’inchiesta “Love Bombing” e “Soli” e ora autrice del podcast “Baby Gang. Il lato oscuro dell'adolescenza”, che nelle scorse settimane è uscito con le prime due puntate e domani uscirà con la terza. “Ogni puntata una storia – ci racconta Lippi – con l'obiettivo di dare la voce a tutti, per esprimere ogni punto di vista: della vittima, come dell'autore della violenza”. Perché di questo racconta, il podcast di Lippi: della violenza agita dai giovani, spesso dai giovanissimi, per lo più riuniti in gruppo o, come si usa dire, in “branco” o, appunto, in “baby gang”. A Roberta Lippi, che per questo nuovo lavoro ha raccolto decine di storie di adolescenti e del loro “lato oscuro”, abbiamo chiesto come leggere questa vicenda: un caso isolato, o il segno allarmante di un fenomeno drammatico?

“Certamente non è un caso isolato e non è neanche il primo episodio che si verifichi in un ambiente teoricamente sicuro, come la scuola. Non conosco tutta la storia del ragazzo, né il contesto familiare e scolastico e le dinamiche con i compagni e i docenti, ma penso di poter dire che alcuni elementi, come l'arma giocattolo, sono delle costanti nelle storie di questi ragazzi, o spesso bambini, che utilizzano la violenza contro un insegnante, o un adulto in generale”.

Comprendere le ragioni, oppure le cause, non è possibile, ma Lippi evidenzia almeno un paio di elementi su cui vale la pena di riflettere. “Gli adulti - e tra questi gli insegnanti hanno perso autorità. Questo non vuol dire che il professore debba bacchettare i ragazzi, perché anzi sappiamo che empatia e comprensione funzionano molto meglio. Il problema è che il mondo adulto ha perso di concretezza: i ragazzi guardano gli adulti senza capire se questi abbiano davvero in mano la bussola e con ciò respirano incertezza”.

Il secondo elemento è la pandemia, che Lippi sottolinea spesso anche nelle puntate del podcast, non per spiegare, né tanto meno per giustificare, ma piuttosto per contestualizzare la violenza agita da giovani e giovanissimi: "Li abbiamo tenuti in cattività per quasi due anni, specialmente gli studenti. Non hanno avuto contatti con coetanei e docenti e ora li percepiscono con una distanza che li rende anche irreali. Questo senso di sospensione ha causato una rabbia che doveva essere intercettata, canalizzata, espressa. Molti ragazzi però questa rabbia l'hanno introiettata, specialmente in presenza di contesti familiari e sociali meno strutturati: un po' come è successo con la violenza sulle donne, che durante e dopo il lockdown si è manifestata soprattutto in presenza di dinamiche disfunzionali. Per questo, è giusto che il ragazzo intanto sia stato preso in carico da uno psichiatra, per capire da dove sia arrivata questa rabbia e se siamo in presenza di una psicosi, che eventualmente deve essere trattata”.

Ma cosa si è fatto, per dare se non una risposta, almeno un sostegno a questo “lato oscuro” degli adolescenti, reso appunto ancor più oscuro dai due anni di limitazioni sociali imposte dalla pandemia? “Siamo tanto bravi a parlare di prevenzione – risponde Lippi – ma di fatto non sono stati messi in campo strumenti, né a scuola, né sul territorio. Così, gli atti violenti contro gli insegnanti, così come contro altre figure adulte, sono sempre più frequenti, anche grazie alla consapevolezza che i più giovani hanno di non poter essere puniti. Quello che dobbiamo comprendere è che questi ragazzi vogliono fortemente entrare nel mondo degli adulti e sono pronti a farlo anche in modo drammatico, prendendosi tutta la scena. Gesti come questo sono un urlo di disperazione che, come tale, va ascoltato”.

“Baby Gang”, il podcast e il progetto

Il progetto nasce da un’idea di Publispei, che vuole declinare il tema anche nella forma televisiva e ha coinvolto Storielibere per realizzare la serie podcast, con la supervisione di Matteo B. Bianchi. “Da sempre Publispei racconta con i suoi prodotti televisivi temi legati al mondo dei giovani, si occupa di serie tv 'young adult' - spiega Verdiana Bixio, presidente Publispei - In virtù di questo racconto, farlo oggi attraverso i podcast rappresenta per Publispei un modo per sperimentare registri e linguaggi nuovi che possono anche diventare nuove serie TV”.

Spiega Valentina Grotta, curatrice del podcast per Storielibere: “Le bande giovanili di oggi non corrispondono più all’identikit che ci eravamo costruiti, basato per lo più su luoghi comuni. Le incursioni delle baby gang sono un fenomeno disorientante, che aumenta di giorno in giorno, e la cui violenza sembra essere incontenibile, spesso impunibile, che non ha più a che fare con l’estrazione sociale o la religione, ma nemmeno con il sesso – esistono baby gang formate da sole ragazze – o l’etnia. Essendo così imprevedibile, con questo podcast Roberta Lippi ha cercato di ampliare lo sguardo sugli accadimenti degli ultimi anni, per cercare di rilevare le tracce di questa strana epidemia per comprendere cosa sta succedendo.

La terza delle sei puntate verrà trasmessa domani, su Storielibere e le principali piattaforme.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)