Aggiungi un posto a tavola...per ospitare persone con disagio psichico

INCHIESTA. A Bologna e dintorni, grazie al progetto Iesa, oltre 30 famiglie accolgono in casa propria altrettante persone con problemi di salute mentale. Si calcola che il ricovero in strutture specializzate costi tre volte di più. Ma non è solo una questione di spesa pubblica: a migliorare è soprattutto l’equilibrio psichico

Aggiungi un posto a tavola...per ospitare persone con disagio psichico

BOLOGNA - Gabriele sfreccia sulla pista ciclabile guardando attento davanti a sé; sta tornando a casa dopo aver passato mezza giornata a lavorare come magazziniere all’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Fino a un paio di anni fa ritornava in un appartamento dove abitava assieme ad altre persone con problemi di salute mentale come lui. Oggi la sua casa è più lontana, nell’estrema periferia nord della città, ma abita in famiglia, più precisamente con Loretta che ha deciso di accoglierlo grazie all’opportunità offerta dal progetto Iesa. Un progetto raccontato sulle pagine di SuperAbile Inail  da Nicola Rabbi. L’acronimo sta per Inserimento etero famigliare supportato per adulti e, nell’area metropolitana bolognese, il progetto vede la partecipazione di oltre 30 famiglie che accolgono persone con problemi di salute mentale. L’idea di fondo è quella di garantire una maggiore inclusione sociale della persona e anche un risparmio di risorse pubbliche, dato che l’inserimento di un individuo con problemi psichiatrici in una struttura costa tre volte di più che non in una famiglia.

La dolce malinconia di un autogrill

La casa di Loretta è arredata bene, anche i dettagli sono curati: al centro del tavolo del salotto, attorno al quale ci accomodiamo per l’intervista, è sistemata una torta al cioccolato, mentre sentiamo là in cucina il bollitore che fischia sempre più forte. "Ho lavorato tutta la vita come grafica pubblicitaria", racconta. "Gli ultimi dodici anni, alla fine, sono diventata direttrice artistica in un’agenzia pubblicitaria". La decisione di accogliere Gabriele non è nata a tavolino, ma è la diretta conseguenza di alcune vicende che hanno coinvolto la sua famiglia. Come ha sperimentato lei stessa, tutti possono avere dei problemi di salute mentale, nessuno è escluso e, anche se nel suo caso la vicenda si è conclusa bene, le è rimasta la voglia di impegnarsi e aiutare altre persone, così come erano state aiutate lei e la sua famiglia in un momento difficile.

Gabriele ha superato i 50 anni e non abita con i suoi da tempo. Ha bisogno di spazi e tempi precisi, ma soprattutto ha bisogno di tranquillità e comprensione. "Dopo pranzo, il pomeriggio, sto sempre un po’ male", spiega con il volto serio incorniciato da una curata barba bianca. "Mi riposo un’oretta e poi passa tutto. Accendo la radio fino a sera, mi piace riflettere e ascoltare musica". Non sempre è facile per Loretta: a volte, quando lo vede turbato, non riesce a trovare il modo di renderlo sereno, ma il loro equilibrio funziona pur nella diversità. "A me piace uscire con gli amici e andare al cinema, mentre Gabriele è molto restio a frequentare le persone: io non lo forzo mai, se ha voglia di fare qualcosa insieme, me lo dice".

Questo incontro porta anche a dei cambiamenti, come nella cucina, spesso di tipo vegetariano, visto che Gabriele non mangia carne. "È una scelta non violenta per non fare del male agli animali", spiega. O come nel modo di vestirsi dato che, di fronte alle osservazioni di Loretta, ha cominciato ad acquistare camicie e pantaloni più eleganti. Gabriele prende la chitarra e ci invita nella sua stanza per suonare e cantare Autogrill di Francesco Guccini: una canzone malinconica, ma è un tipo di malinconia dolce, che non ti abbatte. Evidentemente anche la sua vita familiare con Loretta è così, un equilibrio alterno, ma che prima o poi ritorna sempre.

Un "puerto escondido" per Nerio

Da quando si è separato dalla moglie, Umberto ha preso in affitto una casa molto grande, con l’idea che comunque non sarebbe vissuto da solo. Le famiglie che aderiscono al progetto Iesa non devono essere per forza formate da padre, madre e figli, sono anche donne e uomini separati, coppie omosessuali o single, come nel suo caso. Nerio è arrivato in questa spaziosa casa a San Giovanni in Persiceto (in provincia di Bologna) nel 2013 e da allora non se ne è più andato: "Prima abitavo con i miei in campagna, dove avevamo le mucche e le galline; per qualche anno ho fatto anche un po’ di pugilato. Poi è successo qualcosa e dopo un po’ non avevo più una famiglia, ero rimasto solo".

Accogliere per Umberto è qualcosa che appartiene alla sua storia molto particolare. Animatore di un centro sociale a Carpi negli anni Sessanta e Settanta, decide di lasciare l’azienda tipografica di sua proprietà e va a vivere per dodici anni in America Latina, dove si occupa degli aspetti grafici per vari giornali di sinistra; quando ritorna in Europa va direttamente in Bosnia durante il periodo dell’assedio di Sarajevo per portare aiuto attraverso il trasporto di generi vari con un camion. Dopo avere trovato una compagna e aver avuto due figlie, si ritrova solo ma ha delle idee ben precise.

"Ai tempi del centro sociale il Mattatoio di Carpi", ricorda, "andavamo a prendere i pazienti dal manicomio di Reggio Emilia e li portavamo ai concerti. Accadeva prima della riforma Basaglia e, quando ho conosciuto lo Iesa, ho capito che faceva per me". In effetti questo progetto, anche se non nasce con Franco Basaglia ma ha un’origine molto più antica, rientra perfettamente nei principi del grande psichiatra italiano, che ha rivoluzionato il trattamento di cura del disagio psichico. Per Basaglia i pazienti erano persone come le altre, con gli stessi diritti, la cura doveva essere volontaria e doveva avvenire nel territorio di residenza. Tutto questo oggi può sembrare scontato, ma un tempo non era così: le persone con problemi di salute mentale erano ricoverate a for za, in strutture di contenimento, e spesso venivano trattate con violenza. Questa rimane la loro situazione in molte parti del mondo. Curiosamente, in Italia, la pratica dell’accoglienza famigliare per le persone con problemi di salute mentale è meno sviluppata rispetto ad altri Paesi europei con una tradizione di cura meno prestigiosa di quella italiana come il Belgio, la Francia e l’Inghilterra.

Mentre Nerio si esercita con dei pesi per tenersi in allenamento, in soggiorno entra Aidara, un ragazzo senegalese che era arrivato in Italia come aspirante calciatore e che ora lavora come metalmeccanico in zona: anche lui ha trovato, tramite i servizi sociali, un suo posto qui con Nerio e Umberto, almeno per un po’. Questa famiglia insolita abita una casa altrettanto insolita, dove regna un’atmosfera di tranquilla precarietà, forse dovuta all’incredibile disordine che si osserva in ogni stanza. "Non litighiamo mai", dice Umberto, "anche se lui è un pigrone che non vuole mai uscire di casa e sta sempre davanti alla tv". "Non è vero", gli fa eco Nerio, "io vado sempre al mio paese a parlare con la gente". Quando domando loro che cosa fanno assieme, Umberto prontamente risponde: "Lui vorrebbe che facessimo la doccia assieme, ma io non la faccio!". Nerio ride forte dall’alto dei suoi 185 centimetri di altezza. Evidentemente in questa casetta disordinata ha trovato un porto tranquillo in cui ormeggiare.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)