Agricoltura in difficoltà. Il settore è stretto tra costi in aumenti, produzioni di diminuzione, avversità climatiche

Un appello alle responsabilità di tutti.

Agricoltura in difficoltà. Il settore è stretto tra costi in aumenti, produzioni di diminuzione, avversità climatiche

L’agricoltura segna il passo, soffre e stringe i denti. Lo dicono le ultime statistiche rese note in questi giorni, lo si vede attraversando una qualsiasi delle aree delle nostre campagne. A sancire quantitativamente quanto sta accadendo, sono gli ultimi dati Istat sul Prodotto interno lordo (Pil), ma anche le continue stime sul tracollo della redditività dei campi sotto i colpi dei costi che salgono e delle produzione che diminuiscono.

In controtendenza all’andamento generale – ha fatto notare Coldiretti relativamente all’andamento del Pil nei conti economici trimestrali dell’Istat relativi al 2021 -, il valore aggiunto cala solo per l’agricoltura e la pesca con una diminuzione dello 0,8%. E nelle campagne sembra che diminuiscano anche gli occupati (-0,1% a fronte di un aumento generale dello 0,6%). Certo, si stratta di frazioni percentuali che potrebbero cambiare segno in breve tempo, ma la tendenza osservata dai tecnici del comparto è di tutt’altro tenore. A pesare sull’andamento del prodotto interno loro nelle campagne – viene fatto notare dai coltivatori -, è stato il balzo dei costi energetici che si trasferisce a valanga sui costi di produzione e sui bilanci delle imprese. Un aumento che è proseguito anche nel 2022 e che si è aggravato con la siccità e prima ancora con gli effetti della guerra Russia-Ucraina. Per capire meglio, basta pensare che solo per il gasolio agricolo, i produttori si sono visti aumentare del 50% i costi, per alcuni concimi il balzo è stato di oltre il 140%.

L’aumento dei costi riguarda anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi.

Il risultato è che più di una azienda agricola su dieci (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea.

Senza dire di situazioni particolari come quelle legate al latte. Confagricoltura ha fatto notare la congiuntura difficile ha fatto crescere il costo di prodizione di un litro di latte mentre l’accordo sul suo prezzo è scaduto il 30 giugno scorso e va sicuramente rinegoziato. “Attualmente – viene spiegato in una nota -, il prezzo riconosciuto dai maggiori player industriali del settore si aggira sui 0,48 euro al litro. Un importo che oggi, alla luce del quadro economico generale, non è più sufficiente a coprire i costi delle stalle”. Un condizione che, a quanto sembra, è stata compresa da parte di tutta la filiera: si andrà quindi verso un nuovo accordo il cui raggiungimento, tuttavia, è tutto da vedere ancora.

Intanto, la siccità non molla la presa: i danni stimati dai coltivatori variano certamente da zona a zona, ma complessivamente, si parla ormai di oltre tre miliardi di euro. Mentre in alcune aree si sta già delineando il conflitto tra usi agricoli e usi civili dell’acqua.

Ma quindi che fare? Serve – chiedono i coltivatori diretti – responsabilità della intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle e continuare a garantire le forniture alimentari alla popolazione con l’avanzare dei contagi che mette a rischio gli scambi commerciali. Un cambio di metodo che tutti accettano in linea teorica, ma non tutti riescono ancora a mettere in pratica.

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Fonte: Sir