Alla moda con Ke-chic: nell'atelier di Cheikh Diattara

Nato 44 anni fa a Dakar, la poliomielite non ha fermato Cheikh Diattara. Nella vita ha fatto il musicista, il giocatore di basket e il sarto. E ora ha anche un suo marchio. "Ke-chic ha uno spirito internazionale e interculturale"

Alla moda con Ke-chic: nell'atelier di Cheikh Diattara

Il bellissimo cappotto in lana viola ha un taglio classico. Il pizzico di fantasia è nel colletto, nei polsini e nell’interno, realizzati in cotone wax, ossia un’esplosione di colori che richiama l’Africa. Il contrasto, o forse sarebbe meglio dire l’abbinamento, tra lo stile europeo e quello africano crea un’eleganza briosa. Le mani esperte di Cheikh Diattara intrecciano fili, colori, saperi e usanze diversissime tra loro, in un piccolo laboratorio in via Arese 18, nel quartiere Isola di Milano. Ha due macchine da cucire, di cui una portatile che ha sempre con sé nello zaino appeso alla sua carrozzina. Sul banco di lavoro cartamodelli da lui realizzati, aghi, spilli, rocchetti di filo. Una vera bottega, in cui fantasia e manualità si incontrano. Nato in Senegal 44 anni fa, Cheikh ha dato vita, insieme all’amica giornalista Valeria Zanoni, a un nuovo marchio della moda milanese, giocando con il suo stesso nome “alla francese”: Ke-chic. «È il mio grande sogno, che ho fin da quando ero bambino e ho cominciato a imparare questo mestiere».

Partiamo dall’inizio, dall’infanzia...
La mia vita ha subito una svolta a otto anni, quando sono stato colpito dalla poliomielite. All’epoca le scuole erano inaccessibili per un bambino disabile. E così sono stato mandato al Centre Handicapé di Dakar, dove sono cresciuto e ho imparato a giocare a basket, a suonare e a fare il sarto. È stata mia nonna a infondermi coraggio. Quando sono partito per Dakar mi ha detto: 'La tua forza è nel tuo cuore, non pensare di essere imperfetto. Tu puoi fare tutto'. In Senegal sono diventato un giocatore della nazionale paralimpica di basket.

Quando è arrivato in Italia?
Nel 2013 con la compagnia di ballo Andyritmo per la quale suonavo il djembé, tipico tamburo a forma di calice dell’Africa occidentale. Ho conosciuto un atleta paraplegico che mi ha introdotto nel mondo della pallacanestro italiana su carrozzina. Ho deciso quindi di rimanere in Italia, perché volevo giocare a livello professionale. Ho militato prima nella Cantù e poi al Basket Seregno Gelsia, che disputa i campionati di serie B. Nel frattempo ho lavorato in alcune sartorie, fino a quando Valeria e io abbiamo cominciato a sognare di creare un nuovo marchio di abiti.

Oggi Ke-chic è una start up. Come siete riusciti a ottenere questo risultato?
Nel 2019 siamo stati selezionati dal Politecnico di Milano e abbiamo partecipato al progetto Singa Business Lab, incubatore di imprese per stranieri. Perché non basta saper cucire, bisogna pianificare, scrivere un business plan, trovare eventuali finanziatori, avviare una comunicazione efficace per promuovere il proprio prodotto. E per noi non si tratta solo di fare impresa. Vogliamo essere una sartoria sociale, uno spazio di creatività, relazioni e convivenza tra le diversità. Per questo il nostro laboratorio è animato e sostenuto da tanti amici, professionisti e partner in Italia e in Senegal.

Nell’atelier ci sono stoffe coloratissime, con le quali realizza camicie, t-shirt, abiti da donna, gonne, sciarpe, mascherine e inserti variopinti per felpe, maglioni, gilet o pantaloni. Come definirebbe il suo stile?
I clienti possono scegliere tra capi già pronti, oppure chiederne uno fatto su misura. Penso che quello che apprezzino sia soprattutto il mix di stili. C’è il gusto europeo, ma anche quello africano. Cerco di creare uno stile armonioso, che possa essere indossato anche in una città come Milano. Per ora è possibile vedere le creazioni di Ke-chic sulla pagina Facebook e sul canale Instagram, ma stiamo ultimando anche il sito kechic.it per avviare l’ e-commerce. Lo scorso settembre, per il Festival delle Abilità, abbiamo organizzato anche una sfilata sotto il grande porticato della cascina del Parco della Chiesa Rossa a Milano. Ogni occasione è buona per farci conoscere.

Prima accennava ai partner italiani e senegalesi. Chi sono?
Ke-chic ha uno spirito internazionale e interculturale non solo nelle scelte dei colori o nel mix di stili, ma anche perché alcuni degli accessori sono prodotti in Senegal, nel laboratorio del Centre Handicapé di Dakar. Non mi sono dimenticato delle mie origini, dei miei ex compagni di scuola e del luogo in cui ho potuto imparare quel che oggi so fare meglio, ossia il sarto. Per questo ho voluto creare un rapporto di collaborazione con il Centre Handicapé, per dare un’opportunità di formazione e di lavoro ai giovani che ora lo frequentano. Scelgono per noi le migliori stoffe, le spediscono in Italia e realizzano una parte della produzione. Tutto questo sarebbe stato impossibile senza il valido supporto della Scuola di sartoria Teatro della moda di Milano, in particolare del direttore Alessandro D’Ambra. Tra l’altro, da un anno tutte le settimane frequento per alcune ore la scuola del Teatro della moda per studiare nuove tecniche e gli stili europei. Il direttore sarà presto anche tutor e formatore dei ragazzi del Centre Handicapé, appena la fine dell’emergenza covid consentirà di raggiungerli. La sede ha bisogno di essere ristrutturata perché è stata fortemente danneggiata dalle piogge estive. Un motivo in più per rafforzare il legame tra Milano e Dakar.

(L’intervista è tratta dal numero di dicembre di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

Dario Paladini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)