Anziani non autosufficienti: cinque impegni per una giusta riforma

Nasce il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, che presenta il suo manifesto ai ministri Sparanza e Orlando. Cinque le azioni prioritarie richieste: fare la storia, superare la frammentazione, riconoscere le specificità, investire per cambiare e connettere interventi transitori e riforma

Anziani non autosufficienti: cinque impegni per una giusta riforma

Cinque passi per iniziare a riformare l'assistenza e il welfare per gli anziani non autosufficienti: sono quelli indicati e richiesto come impegno al governo dal “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, il nuovo soggetto collettivo che nasce oggi ufficialmente, con la presentazione del suo manifesto ai ministri Orlando e Speranza, durante un incontro online.
Quasi 40 le sigle aderenti fino a questo momento: associazioni, sindacati, federazioni e diverse realtà che, in un modo o nell'altro, si occupano di anziani e di non autosufficienza. Tra questi, il Network non autosufficienza, Cittadinanzattiva, Uneba, Forum nazionale del Terzo Settore, Caritas Italiana.

“Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede la realizzazione della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia – si legge nel documento -. Si tratta di un risultato storico, da una parte, dato che questa riforma è attesa dalla fine degli anni ’90, ma è unicamente un punto di partenza, dall’altra, perché solo la sua elaborazione ne mostrerà l’effettiva capacità di rispondere alle esigenze degli anziani e delle loro famiglie. In sintesi, la previsione del Pnrr offre un’opportunità storica per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia: la sfida è riuscire a coglierla”.

Per questo, il Patto indica al governo i primi cinque passi da compiere per “cominciare bene il percorso riformatore”, precisando che “il Pnrr prevede due riforme separate, rivolte rispettivamente ai giovani e agli adulti, da una parte, e agli anziani, dall’altra. Seguendo tale suddivisione, il Patto si concentra su quella destinata ai secondi. Tuttavia, la natura trasversale della non autosufficienza deve sempre essere ricordata e richiede di rendere tra loro coerenti le due riforme da elaborare”.

Fare la storia

Il primo passo, denominato “Fare la storia”, consiste nel “modificare strutturalmente il settore, come avvenuto nei paesi vicini al nostro che già l’hanno introdotta (l’Austria nel 1993, la Francia nel 2002, la Germania nel 1995, la Spagna nel 2006)” e nell'estenderla, considerando “congiuntamente l’insieme degli interventi compresi nell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Dunque, la filiera sanitaria e quella sociale, i contributi economici e i servizi alla persona, le risposte nel territorio e quelle nelle strutture, così come gli interventi dedicati alle assistenti familiari”. La richiesta, in sintesi, è di “realizzare un ridisegno sostanziale dell’insieme degli interventi afferenti all’assistenza agli anziani non autosufficienti”.

Superare la frammentazione

Il secondo passo consiste nel “superare la frammentazione che oggi contraddistingue il sistema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Si tratta di ricondurre a un quadro unitario la molteplicità di risposte previste (siano esse contributi economici o servizi), fornite da attori sovente non coordinati tra loro. Dal punto di vista dei cittadini, un simile cambiamento dovrebbe toccare i percorsi per accedere agli interventi, la loro progettazione e la loro erogazione”. E' dunque necessario “promuovere un approccio unitario, ad ogni livello: percorsi di accesso, progettazione ed erogazione degli interventi e rapporti tra le istituzioni. Farlo a partire dall’elaborazione congiunta della riforma tra i ministeri della Salute e del Welfare”.

Riconoscere le specificità della non autosufficienza

Il terzo passo consiste nel “seguire il paradigma proprio dell’assistenza agli anziani: quello del care multidimensionale, che prevede risposte progettate a partire da uno sguardo complessivo sulla condizione dell’anziano, sui suoi molteplici fattori di fragilità, sul contesto di vita e le relazioni” Occorre inoltre “diversificare opportunamente le risposte in base all’eterogeneità dei profili degli anziani non autosufficienti, legata innanzitutto alle diverse condizioni di disabilità, fisica (motoria) e/o mentale (cognitiva). Emblematica, in proposito, è la diffusa difficoltà a predisporre interventi adatti alla realtà della demenza”.

Investire per cambiare

Il quarto passo è quello che chiede di “incrementare le risorse pubbliche dedicate al settore, in particolare ai servizi alla persona. Gli attuali stanziamenti pubblici per i servizi risultano nettamente inadeguati a rispondere alle esigenze degli anziani e delle loro famiglie. Lo mostrano gli studi così come i confronti internazionali. Tale carenza accomuna tutte le principali unità di offerta: domiciliari, semi-residenziali e residenziali”. Se però da un lato si chiede di “incrementare i finanziamenti pubblici dedicati alla non autosufficienza, in

particolare ai servizi (domiciliari, intermedi e residenziali)”, dall'altro si indica una “semplice regola: ogni euro stanziato in più deve essere finalizzato a innovare le risposte”.

Connettere interventi transitori e riforma

Il quinto passo consiste nell' “avviare il cantiere della riforma”, il quale “dovrebbe comprendere sia l’elaborazione della riforma sia la predisposizione delle azioni transitorie (investimenti Pnrr + eventuali altri interventi decisi dal Governo) e considerarle sempre congiuntamente. La mancata coerenza tra preparazione della riforma e interventi, nel frattempo, messi in campo minerebbe alle radici il percorso di cambiamento”. Nel dettaglio, “in materia di interventi transitori, si parte dalla domiciliarità: è qui, infatti, che si concentrano gli investimenti previsti dal Pnrr (2,7 miliardi di Euro per il Ministero della Salute). Gli interventi transitori per la domiciliarità, dunque, dovrebbero essere congegnati come il primo passo del percorso che si compirà con l’introduzione della riforma. Affinché ciò accada è necessario che vengano disegnati congiuntamente dai due ministeri, così come la riforma, seguendo il modello del care multidimensionale, e attraverso risorse di fonte sia sanitaria sia sociale, così da rappresentare le basi per un approccio integrato”.

In conclusione, “lo sforzo richiesto a entrambi i dicasteri coinvolti è sostanziale. Al ministero della Salute: decidere di utilizzare le proprie risorse già disponibili in questa prospettiva. Al ministero del Welfare: prevedere, in Legge di Bilancio, un proprio stanziamento per la domiciliarità, così da affiancarlo a quello del Pnrr per il ministero della Salute. D’altra parte, gli interventi transitori per domiciliarità rappresentano il banco di prova della credibilità dell’intero percorso di riforma”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)