Arte migrante, l’inclusione arriva (anche) attraverso il web

Serate di performance artistiche, laboratori per migranti e senza dimora e raduni nazionali con gruppi in più di 30 città, il tutto utilizzando piattaforme online e social media. L’associazione Arte migrante durante il lockdown non si ferma e anzi rilancia: “Ne abbiamo approfittato per rafforzare le relazioni, soprattutto con le persone che di solito vengono lasciate sole”

Arte migrante, l’inclusione arriva (anche) attraverso il web

Performance artistiche su Zoom, laboratori per migranti e senza dimora e una trasmissione radio per parlare di temi come l’intercultura e l’uguaglianza nelle differenze. L’associazione Arte migrante non ha spento i motori neanche durante la pandemia, e anzi ne ha approfittato per consolidare le relazioni instaurate e per crearne di nuove. Nata nel 2012 a Bologna, Arte migrante oggi è presente in più di 30 città con l’obiettivo di includere attraverso la musica e le arti persone a rischio di esclusione sociale: migranti, senza dimora, ragazze di strada, tossicodipendenti, ma anche lavoratori, disoccupati, anziani e studenti, che insieme riescono a comunicare proprio grazie alle performance artistiche. Ma come continuare le attività durante il lockdown?

“Era fondamentale mantenersi attivi, anche online, e rafforzare i rapporti sociali e le relazioni umane, soprattutto con quelle persone che di solito vengono lasciate sole – racconta Tommaso Carturan, fondatore dell’associazione –. 
Con la pandemia e il distanziamento sociale, le persone più fragili si sono ritrovate ancora più escluse. Ecco perché da Padova a Cagliari, da Brescia a Palermo, ci siamo organizzati con una serie di attività sul web e sui social network: serate di condivisione artistica, raduni nazionali, ma anche laboratori e workshop, con decine di partecipanti ogni volta”.

Il momento più importante era l’incontro settimanale dei singoli gruppi cittadini, che in pandemia si svolgeva in videochiamata: canzoni da diversi paesi, musiche e strumenti lontani, monologhi teatrali, danze popolari, poesie, testimonianze di vita. Ognuno aveva l’occasione di condividere ciò che si sentiva, attraverso lo schermo. Oltre a questo sono stati organizzati anche raduni nazionali, con più di 70 persone, e sono stati realizzati alcuni video da condividere sui social network, come quello sulla falsa informazione ai tempi del Covid, o la lettura del manifesto di Arte migrante recitato in modo teatrale.

“Tra le iniziative più belle c’è stata anche la Radio migrante, messa in piedi dal gruppo di Palermo – continua Carturan –. Due volte al mese, è stata realizzata una trasmissione in collaborazione con Radio Comunitaria, per portare le nostre performance anche nell’etere”. Nel frattempo, a Bologna sono proseguiti in remoto i Laboratori migranti, in collaborazione con Antoniano onlus: corsi di italiano per stranieri, inglese, danze afro, yoga, informatica, chitarra e anche teoria della patente. A partecipare sono state circa 50 persone, tra cui molti senza dimora e migranti, supportati da 20 volontari.

“Certo, abbiamo dovuto affrontare diverse difficoltà – conclude Carturan –. Prima tra tutte, il fatto di riuscire a includere i senza dimora e raggiungerli attraverso la rete: non è stato facile, non tutti hanno uno smartphone e alcuni non sanno utilizzare le tecnologie. Invece i migranti sono molto attivi sul web e sui social, a volte anche più degli italiani. Comunque siamo riusciti a mantenere le nostre relazioni, e oggi ricominciamo i nostri incontri all’aperto con più energia di prima: questa emergenza è stata l’occasione di sperimentarci con linguaggi diversi, e dimostrare che l’arte non viene fermata neanche da una pandemia”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)