Autosufficienza alimentare per l’Italia. Le esportazioni superano le importazioni, ma la strada per arrivare davvero a sfamare tutti è ancora lunga
L’Italia, raggiunge per la prima volta nella storia recente l’autosufficienza nella bilancia alimentare.
Autosufficiente dal punto di vista alimentare. Traguardo importante (e mai raggiunto fino ad oggi), per il nostro Paese. Risultato che, tuttavia, deve essere ben osservato per comprendere che dietro i numeri generali si possono nascondere realtà concrete diversificate e non sempre positive. Meta comunque notevole, quella dell’autosufficienza alimentare indicata dalle statistiche generali, che dà il segnale della vitalità del comparto e della sua importanza.
L’indicazione della “conquista” dell’autosufficienza alimentare è arrivata da Coldiretti nel corso dell’edizione 2021 del Cibus di Parma, una delle più importanti manifestazioni dell’agroalimentare in Europa. “L’Italia – viene sottolineato in una nota dai coltivatori diretti -, raggiunge per la prima volta nella storia recente l’autosufficienza nella bilancia alimentare con le esportazioni di cibi e bevande nazionali che hanno superato in valore le importazioni dall’estero, sotto la spinta del cambiamento nei consumi e nel commercio determinati dall’emergenza Covid”. I numeri per capire sono tutto sommato pochi (a livello generale). Le esportazioni agroalimentari italiane del primo semestre del 2021 hanno raggiunto il valore di 24,81 miliardi con un aumento dell’12% rispetto all’anno precedente, mentre nello stesso periodo le importazioni sono arrivate a 22,95 miliardi. “Cambiamento senza precedenti”, dice Coldiretti che sarebbe stato raggiunto “sotto la spinta della ‘fame’ di Made in Italy all’estero, nonostante le difficoltà determinate dalle chiusure della ristorazione in tutto il mondo, ma anche dalla scelta patriottica nei consumi degli italiani che hanno privilegiato la qualità dei prodotti nazionali anche per sostenere l’economia ed il lavoro del Paese”. Nelle case degli italiani, viene quindi precisato, nell’anno del Covid sono cresciuti del +7,6% gli acquisti di prodotti che riportano in etichetta un legame con il Belpaese.
A guardare qualche dettaglio in più tuttavia, emerge una realtà notevolmente diversificata. Dal punto di vista produttivo e settoriale, per esempio, si coglie la necessità “potenziare la produzione per coprire – dice la stessa Coldiretti – il deficit del 64% del frumento tenero e del 40% per il frumento duro destinato alla produzione di pasta per il quale si è registrato un calo di autosufficienza in seguito alle massicce importazioni dal Canada”. Condizioni simili, di non autosufficienza, sono riscontrabili anche per il mais (che copre circa la metà, 53%, delle proprie necessità), ma anche per la soia e addirittura per il latte alimentare (la produzione italiana copre il 75% circa del fabbisogno).
Accanto alla produzione in campo e nelle stalle, c’è poi la distribuzione. In Italia ci sono ancora famiglie (e sono tante, troppe) che non arrivano alla fine del mese. E ci sono ancora tante (troppe) persone che ogni giorno si mettono in fila per un pasto caldo (molto spesso l’unico della loro giornata). Gli stessi coltivatori diretti, qualche settimana fa avevano indicato chiaramente la situazione sulla base degli ultimi dati Istat. Sarebbero, così, oltre 3 milioni gli italiani che hanno incontrato problemi nell’affrontare le spese alimentari durante la seconda ondata del Covid. Persone definite “la punta dell’iceberg”, visto che Istat indica in 5,6 milioni nel 2020 gli italiani definiti in povertà assoluta. E proprio il Covid-19 pare aver accentuato questa condizione allargando la platea di chi si è messo in fila alle mense: non solo “senza tetto”, ma anche operai in cassa integrazione, impiegati, piccoli commercianti. Insomma, se davvero l’Italia ha raggiunto l’autosufficienza alimentare, questa non è certo per tutti.