Carcere, finito l’effetto pandemia. Torna il sovraffollamento

L’allarme lanciato dall’associazione Antigone che oggi ha presentato il diciottesimo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. A fine marzo presenti oltre 54 mila detenuti con un affollamento ufficiale del 107,4%, ma in alcuni istituti si arriva anche al 185%, come al tempo della condanna del Cedu

Carcere, finito l’effetto pandemia. Torna il sovraffollamento

Torna a crescere il sovraffollamento nelle carceri italiane, tanto che in alcuni istituti di pena ci sono gli stessi tassi di affollamento che si registravano al tempo della condanna dell’Italia da parte della Cedu, la Corte europea dei diritti dell’uomo. La denuncia arriva dal nuovo rapporto di Antigone presentato oggi. “Le carceri viste da dentro”, questo il titolo del diciottesimo rapporto sulle condizioni di detenzione realizzato dall’associazione, è il anche il primo rapporto post-pandemia e i dati presentati mostrano trend interessanti. Il primo, già anticipato, è il ritorno del sovraffollamento. Dopo il drastico calo della popolazione penitenziaria nei primi mesi della pandemia, a fine marzo negli istituti ci sono 54.609 detenuti, contro i 53.364 di fine 2020. Il tasso di affollamento ufficiale è del 107,4%, ma nella realtà potrebbe essere più alto, come spiega l’associazione in una nota: “a causa di piccoli o grandi lavori di manutenzione, la capienza reale degli istituti è spesso inferiore a quella ufficiale”. Il dato più preoccupante, però, è quello del sovraffollamento in alcune regioni italiane, come la Puglia, dove è pari al 134,5%, e la Lombardia dove si attesta al 129,9%. Tuttavia, in alcuni istituti di pena si raggiungono percentuali ben più alte, come Brescia, come si è raggiunto un sovraffollamento del 185%.  Secondo l’associazione, calano i reati, anche se in maniera più ridotta rispetto a quanto accaduto durante i lockdown. Se nel 2019 i reati erano 2,1 milioni, nel 2021 si parla di 1,8 milioni, con un calo del 12,6% A diminuire in modo netto rispetto al passato sono gli omicidi: nel 2021 ce ne sono stati 289 (4 in più rispetto al 2020, 24 in meno rispetto al 2019), nel 1990 erano oltre 3mila. Altro dato interessante riguarda la recidiva: se nel 2008 il numero di reati per detenuto era di 1,97, oggi il dato è al 2,37 e ciò, spiega Antigone, “è indice dell’aumento del tasso di recidiva”. I reati più presenti sono quelli contro il patrimonio (31 mila), quelli contro la persona (23 mila) e le violazioni della normativa sulla droga (19 mila). Seguono a una distanza significativa le violazioni della normativa sulle armi (9.249), reati contro la pubblica amministrazione (8.685), di stampo mafioso ex 416bis (7.274) e contro l’amministrazione della giustizia (6.471). Per quanto riguarda le misure alternative, al 15 marzo 2022 queste riguardavano ben 32.460 persone. Di queste, 20.347 (il 62,7%) si trovavano in affidamento in prova al servizio sociale, 11.241 (il 34,6%) in detenzione domiciliare, 872 (il 2,7%) in semilibertà. Il 9,3% delle persone in misura alternativa (ovvero 3.017) era composto da donne. La misura della messa alla prova riguardava inoltre 24.402 persone. Molto limitata l’area delle sanzioni sostitutive (semidetenzione e libertà controllata) che a metà marzo riguardava solo 129 persone. Sono 8.860, inoltre, le persone sottoposte a lavori di pubblica utilità, quasi esclusivamente (93,1%) per violazioni del codice della strada. La misura di sicurezza della libertà vigilata interessa infine 4.617 persone. “Nel 2021 sono aumentati i numeri delle misure alternative - spiega Antigone -, dopo una lieve flessione avvenuta nel 2020 per via della diminuzione degli affidamenti in prova al servizio sociale e della semilibertà non compensati appieno da un aumento delle detenzioni domiciliari”. Cresce l’età media dei detenuti: quelli con meno di 40 anni di età, dal 2015 sono minoranza. La loro percentuale al 31 dicembre 2021 si fermava al 45%. Gli over 40 erano dunque il 55%, gli over 60 il 9,5% (mentre 10 anni prima non arrivavano nemmeno al 5%). Altro dato importante è quello che riguarda le condanne in via definitiva: erano il 69,6% dei presenti al 31 dicembre 2021, mentre 10 anni prima erano il 56,9%. “Una crescita di 10 punti percentuali in 10 anni - spiega Antigone -. Da tempo infatti si registra una costante tendenza alla riduzione del ricorso alla custodia cautelare e dunque in proporzione alla crescita tra i presenti di persone con una condanna definitiva. Ancora però i numeri sono altissimi”. Le condanne a pene più lunghe, intanto, stanno crescendo. Tra i presenti al 31 dicembre 2021, il 50% dei detenuti aveva subito una condanna definitiva uguale o superiore a 5 anni, si legge nel rapporto. Questa percentuale 10 anni prima era del 40%. Il 29% aveva subito una condanna a 10 o più anni (erano il 21% nel 2011). Cresce anche il numero degli ergastolani: sono 1.810, di cui 119 stranieri. Nel 2012 erano 1.581, nel 2002 erano 990, nel 1992 erano 408. Sono cresciuti di 1.402 unità in trent’anni. Al 31 marzo 2022, inoltre, erano 2.276 le donne presenti negli istituti penitenziari italiani, pari al 4,2% della popolazione detenuta totale. Un dato piuttosto stabile negli ultimi due decenni, ma che allo stesso modo risente del sovraffollamento. “Ad eccezione della Casa di Reclusione di Venezia - spiega Antigone -, gli altri tre istituti risultano significativamente sovraffollati”. Al 31 marzo 2022, inoltre, erano 19 i bambini di età inferiore ai tre anni che vivevano insieme alle loro 16 madri all’interno di un istituto penitenziario. Dopo il calo dovuto ai lockdown, tornano a ristabilirsi sulle vecchie cifre anche i numeri della detenzione minorile: se all’inizio del 2020 i 17 Istituti penali per minorenni italiani ospitavano 375 persone e due mesi dopo erano scese a 280, al 15 marzo 2022 trovavamo in carcere 353 minorenni o giovani adulti. Infine il dato sugli stranieri. Secondo Antigone, il tasso di detenzione di cittadini non italiani “ha visto una decisiva diminuzione, passando dallo 0,71% del 2008 allo 0,33% del 2021. Gli ultimi dati disponibili al 31 marzo 2022, vedono scendere ancora la percentuale di detenuti stranieri presenti sul totale della popolazione ristretta in Italia: il 31,3% dei reclusi infatti non era italiano (17.104 persone su 54.609). Andando ad analizzare lo storico delle presenze di detenuti stranieri negli istituti penitenziari italiani, è possibile vedere come a fronte di un apice nel 2011 con il 36,1% dei detenuti in carcere che aveva una cittadinanza diversa da quella italiana, questa percentuale è andata poi progressivamente e costantemente a diminuire”. Un altro dato da considerare, quando si parla di stranieri in carcere, è quello della custodia cautelare. “Se i detenuti in attesa di giudizio rappresentano in totale (quindi italiani e stranieri) il 15,6% della popolazione ristretta, i soli detenuti stranieri in attesa di primo giudizio rappresentano il 17% sul totale dei detenuti stranieri. Questo dato dimostra come generalmente i detenuti stranieri siano maggiormente colpiti dalla misura cautelare del carcere rispetto agli italiani”. Sono 57, infine, i suicidi in carcere nel 2021 per il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, mentre al 23 aprile 2022, i suicidi sono già a quota 21. Tra il 2020 e il 2021, però, il tasso di suicidi è diminuito: se nel 2020 era pari a 11,4 (ogni 10.000 persone detenute), nel 2021 è sceso a 10,6 . In ogni caso, spiega Antigone, si tratta di un tasso superiore rispetto alla media europea e anche rispetto alla popolazione libera (13 volte in più). A crescere, invece, sono i casi di autolesionismo. “Gli ultimi dati ufficiali risalgono al 2020, non essendo pubblicati dal Dap e dovendo quindi far riferimento all’ultima relazione al Parlamento del Garante Nazionale - spiega Antigone -. Negli ultimi cinque anni osserviamo una costante crescita dell’autolesionismo, che nel 2020 arriva a contare 11.315 episodi. Dalle informazioni raccolte tramite le visite effettuate da Antigone nel corso del 2021, emerge una media di 19,9 casi di autolesionismo registrati in un anno ogni 100 persone detenute. Numerosi sono gli istituti con un numero di casi ben superiore”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)