Come cambiano i tempi… La difficoltà di confronto tra le diverse generazioni
Sui manuali la nostra società è definita “complessa”. I nostri figli se la portano dentro questa complessità e si riverbera soprattutto nella sfera emotiva.
Quando i nostri adolescenti ci mettono in crisi e non riusciamo a trovare una via efficace per il dialogo, capita a tutti di sfilare dalla tasca (o anche solo pensare) quella tipica frase che inizia con “Ai miei tempi…”.
E’ vero, ai nostri tempi le cose erano diverse. Migliori? Peggiori? Forse più semplici.
Il continuo confronto fra le passate e le nuove generazioni a volte aiuta la comunicazione. Andando a ritroso riusciamo a ricordarci com’eravamo e riusciamo a mettere a fuoco anche strampalati modi di ragionare, tipici di un’età acerba e di passaggio. Ma il confronto diventa difficile quando le generazioni che scambiano sono posizionate rispettivamente sul confine opposto di un’epoca che, in capo a meno di un ventennio, si è radicalmente trasformata, per non dire rovesciata.
E’ cambiato tutto. L’assetto delle famiglie, in primis. Famiglie tradizionali, famiglie allargate, famiglie dove le madri svolgono professioni impegnative e pressanti e quindi mancano per molte ore da casa.
E’ cambiata la gestione del tempo. Improvvisamente tutto è diventato accelerato, soprattutto il ritmo delle nostre giornate: gli impegni si sono infittiti sul calendario e le relazioni del nucleo familiare con il mondo esterno sono diventate variegate e multidimensionali (qui il riferimento ai social è d’obbligo).
Si è trasformata la comunicazione. E’ divenuta sempre più essenziale, serrata e al contempo anche dispersiva. E’ cambiato lo stile educativo, a volte nostro malgrado, per le continue interferenze di un mondo esterno sempre più intrusivo e condizionante nella vita degli individui.
Sui manuali la nostra società è definita “complessa”. I nostri figli se la portano dentro questa complessità e si riverbera soprattutto nella sfera emotiva, la più stimolata e anche la più compromessa.
Questa complessità ci mette in crisi. Difficile da gestire, perché difficile da interpretare e comprendere. Gli esperti dicono che occorre maturare delle “competenze”, di cui al momento siamo carenti: competenze che chiamano appunto “emotive”.
Servono ai genitori che educano e anche alla scuola che già si sta muovendo, lentamente, in questa direzione. Si inizia a parlare di intelligenza emotiva e a essa si dedicano particolari attenzioni. Il benessere emotivo è condizione primaria per l’apprendimento, ormai appare sempre più chiaro.
Intanto, mentre viviamo, spesso anche tragicamente, nelle sacche del malessere, siamo chiamati uno a uno a confrontarci con i nostri giovani e ad accantonare il paragone con il nostro passato.
La vera sfida è aprire un dialogo proficuo con il futuro, loro e nostro. Un futuro incerto, fatto di insidie e di proiezioni anche inquietanti. Lo scenario non è rassicurante e i nostri ragazzi lo respirano.
Lo respiriamo anche noi e ne siamo turbati.
Il nostro passato ha prodotto questo presente, non lo dimentichiamo. L’orizzonte futuro non è altro che il frutto della costruzione (o, in certi casi, della distruzione) della nostra e delle passate generazione.
Occorre riparare i guasti emotivi che ne sono derivati, nella consapevolezza che riguardano anche il mondo degli adulti. Ne siamo intrisi, ma ce la caviamo meglio perché le nostre vite sono già strutturate. Le loro, invece, sono proprio nell’occhio del ciclone della crescita.
L’adolescenza amplifica tutto, anche questo aspetto. Ecco perché fanno gesti incomprensibili e spesso ci deludono, o addirittura ci annichiliscono con certe manifestazioni dell’età.
Il mondo della complessità è ancora in evoluzione, riserverà altre “sorprese”. Alcune magari ci stupiranno in positivo.
Li osserviamo i nostri ragazzi, la domanda più forte riguarda la loro futura identità: che tipo di adulti diventeranno?
Non abbiamo risposte per il momento e siamo un po’ scoraggiati, ma non dimentichiamo che in questo percorso il nostro ruolo è ancora molto importante.