Coronavirus, Asti e Alessandria: 7 associazioni su 10 operative in emergenza

Arriva anche la fotografia del Csv locale sull’impatto della pandemia sul terzo settore locale. Come nel resto d’Italia i servizi più richiesti sono stati la consegna a domicilio e l’ascolto telefonico, rivolti soprattutto ad anziani e persone sole

Coronavirus, Asti e Alessandria: 7 associazioni su 10 operative in emergenza

Per avere un quadro dell’impatto dell’emergenza Coronavirus sul terzo settore ad Asti e Alessandria, il Csv locale ha raccolto informazioni, tramite un questionario on line, basato su quello proposto ad aprile da CSVnet a tutta la rete dei Centri di servizio. Hanno partecipato al sondaggio, rimasto aperto fino a giugno, 110 enti non profit, di cui il 69% ha realizzato attività in risposta all’emergenza durante la fase più acuta della crisi. Tra le associazioni che non hanno svolto servizi specifici, invece, il 47% ha interrotto completamente anche le attività ordinarie, mentre il 41% lo ha fatto solo in parte e il 12% per nulla.

Come nel resto d’Italia, la maggior parte degli enti impegnati durante la crisi, si è occupata di distribuire a domicilio beni di prima necessità (43%) e di offrire ascolto e compagnia per via telefonica (30%). Il 21% delle azioni ha riguardato invece il volontariato sanitario. Per il 58% dei rispondenti gli anziani sono stati i principali destinatari di queste iniziative, seguiti dalle persone in quarantane o sole (50%), dalle persone con disabilità (38%) e i minori (29%).

Diverse sono state le problematiche rilevate dai volontari tra la popolazione, più di tutte la solitudine (57%), ma anche l’aumento della povertà (43%) e la difficoltà nella gestione domestica e/o finanziaria (42%). Significativo è anche l’aumento o l’insorgenza di casi di depressione, rilevati dal 35% dei rispondenti.

Inoltre, durante la crisi sanitaria anche ad Asti e Alessandria molto spesso le associazioni hanno lavorato in sinergia con altre realtà, sia pubbliche che private. Il 37% ha dichiarato di aver collaborato con i Comuni, il 35% con la protezione civile, il 28% con le Asl, il 20% con Caritas e parrocchie e un ulteriore 20% con altre associazioni non profit.

Accanto alle attività in risposta all’emergenza, il 50% dei rispondenti ha continuato solo in parte a svolgere anche quelle istituzionali, il 33% le ha interrotte convogliando le proprie energie su iniziative “speciali”. Come nel resto del paese quelle sospese riguardavano principalmente servizi e iniziative per il tempo libero (50%), attività formative ed educative (30%). I motivi sono da rintracciarsi, ovviamente, nelle restrizioni imposte dalle normative anti-Covid.

La carenza di dispositivi di sicurezza (37%), ma anche dei volontari disponibili (28%) e delle risorse economiche (27%) sono state le principali difficoltà a cui hanno dovuto far fronte le associazioni durante il periodo più critico. In media, ognuna di quelle rimaste attive ha impiegato 16 volontari, di cui 4 “nuovi”.

Infine, sulla base dell’esperienza maturata negli ultimi mesi, il sondaggio del Csv ha chiesto agli Ets quale aiuto si aspettano in futuro proprio dal centro di servizio e la risposta più ricorrente è stata il “Reperimento di dispositivi di sicurezza”. Altrettanto importanti sono risultate le consulenze e l’assistenza sulla normativa e la sicurezza dei volontari, sulla ri-programmazione e sul ripensamento delle attività o per la ricerca dei volontari. Inoltre, il 23% dei rispondenti vorrebbe che il Csv facilitasse il rapporto tra gli Ets e le amministrazioni pubbliche, mentre il 18% conta sul Centro per la fornitura di apparecchiature telematiche (una risposta sicuramente stimolata dall’intenso utilizzo delle tecnologie informatiche che ha caratterizzato il periodo di lockdown).

Qui il report integrale del sondaggio.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)