Coronavirus, Ordine degli psicologi: un decalogo per proteggersi dal panico

Un vademecum per orientare al meglio pensieri ed emozioni, governando la paura. David Lazzari, presidente Cnop: “Cedere alla paura o banalizzare non sono la soluzione. Richieste in aumento, ma rete psicologica pubblica inadeguata”

Coronavirus, Ordine degli psicologi: un decalogo per proteggersi dal panico

ROMA –  Dieci regole più 3 buone pratiche per governare la paura – “un’emozione potente e utile” che permette “di prevenire i pericoli” – e affrontare il coronavirus. Il Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop) ha diffuso un vademecum psicologico per aiutare i cittadini a “orientare al meglio i nostri pensieri, emozioni e comportamenti, individuali e collettivi” di fronte alla diffusione di Covid-19 ed evitare che le paure siano sproporzionate e generino ansia individuale e panico collettivo. “Viviamo in un’epoca in cui i pericoli, più che viverli in prima persona e quindi farcene un’esperienza diretta, ci vengono raccontati e spesso, addirittura amplificati, non solo dai media, ma anche dalla Rete e dai social, contesto in cui siamo immersi e in cui ognuno immette le sue idee e le sue emozioni – ha detto il presidente dell’Ordine degli psicologi David Lazzari, intervistato da Radio Città del Capo –. Siamo così ad alto rischio di un contagio psicologico, che da un lato può spingerci ad avere delle paure irrazionali ed eccessive, ma dall’altro può portarci ad avere comportamenti meno funzionali, a negare il problema, a chiuderci o a sottovalutarlo”.

Cedere alla paura o banalizzare non sono in alcun caso la soluzione: “Non ci portano ad avere un atteggiamento adeguato, giusto e anche protettivo per noi stessi o per gli altri: se non proteggiamo noi stessi ovviamente non proteggiamo gli altri”. Soprattutto in una “emergenza collettiva come questa” non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. D’altra parte, però, in questo momento in cui sono in aumento le richieste di supporto “sta venendo alla luce l’inadeguatezza di una rete psicologica pubblica del nostro Paese, perché gli psicologi del servizio sanitario nazionale sono pochi e le terapie psicologiche sono considerate un lusso – continua Lazzari –. Questo è un problema che il Parlamento e il Governo devono prendere in considerazione. La salute psicologica è importante come la salute fisica, anzi, spesso, il disagio psicologico si trasforma poi in malattia fisica. Lo stress ci rende più vulnerabili ed è uno dei più importanti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e metaboliche. Fare prevenzione e assistenza psicologica significa salvaguardare la salute complessiva delle persone”.

Secondo il decalogo degli psicologi, disponibile online (www.psy.it) e in distribuzione nelle farmacie italiane, la prima regola da rispettare è “Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo”: solo il 5 per cento delle persone contagiate dal coronavirus ha problemi gravi e, tra questi, i decessi sono la metà e riguardano in genere chi è affetto da altre patologie. La seconda regola è “non confondere una causa unica con un danno collaterale”: molti decessi non sono provocati solo dall’azione del coronavirus. La terza è più un’osservazione: “Se il panico diventa collettivo molti individui provano ansia e desiderano agire e far qualcosa pur di far calare l’ansia, e questo può generare stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi”. Il vademecum continua invitando a controllare le emozioni, a soffermarsi a ragionare, a valutare i dati oggettivi. Ultima regola, non ricercare in maniera ossessiva l’invulnerabilità: “è controproducente perché ci rende eccessivamente paurosi, incapaci di affrontare il futuro perché troppo rinchiusi in noi stessi”. Per evitare di lasciarsi sopraffare dalla paura, gli psicologi indicano anche 3 buone pratiche: la prima, “evitare la ricerca compulsiva di informazioni”; la seconda, “usare e diffondere fonti informativi affidabili”, ufficiali, aggiornate e accreditate, a partire dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità; la terza buona pratica, essere responsabili, perché il coronavirus è un fenomeno collettivo e non individuale, e, come nel caso dei vaccini, dobbiamo proteggerci come “collettività responsabile”.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)