Coronavirus, come diverse città europee stanno aiutando i senza dimora

A Copenhagen nuove unità mobili vanno in giro a fare il test a chi è in strada, in Francia stanno aprendo centri dedicati per i senza casa positivi al Covid-19, mentre a Londra, Barcellona e Bruxelles vengono potenziate le politiche di housing. Owen (Feantsa): “La risposta dell’Unione Europea a questa crisi deve includere anche un focus sulle persone senza dimora”

Coronavirus, come diverse città europee stanno aiutando i senza dimora

“All’inizio della pandemia, in tutta Europa le istituzioni hanno inizialmente trascurato la popolazione dei senza dimora. Ora si stanno progressivamente attivando, con misure che vanno dal dare una casa ai senzatetto all’attivazione di unità mobili per fare il test a chi è in strada”. Così Ruth Owen, vicedirettrice di Feantsa (Federazione europea delle organizzazioni che lavorano con persone senza dimora), racconta come diverse città in giro per l’Europa stiano sperimentando misure innovative per affrontare l’emergenza Covid-19 e tutelare le persone senza dimora, ancora più esposte ai pericoli di contrarre il virus o di venire fermati dalla polizia. “Siamo preoccupati: stiamo rilevando un aumento delle misure punitive che colpiscono i senza casa, che vengono denunciati o addirittura multati per trovarsi in strada ‘senza un valido motivo’”.

Tra le misure più innovative messe a punto per aiutare i senza dimora durante la quarantena, la città di Copenhagen sta sperimentando nuove unità mobili che vanno in giro a fare il test a chi è in strada. “Questa sarebbe una misura assolutamente necessaria dappertutto, ma ancora è ben poco diffusa – racconta Owen –. Anche il sindaco di Londra sta provando a organizzare un servizio simile, ma ancora non è totalmente operativo. E poi esistono i servizi di housing, che stanno venendo potenziati per permettere ai senza dimora di autoisolarsi in una casa: in molte città, come Londra, Barcellona e Bruxelles, per trovare gli spazi le istituzioni stanno coinvolgendo gli hotel e le strutture turistiche, ma utilizzano anche gli edifici vuoti. In Francia stanno aprendo inoltre dei centri dedicati per i senza casa che risultano positivi al Covid-19 ma che non hanno bisogno di essere ricoverati, affinché passino lì la quarantena”.

E poi c’è l’estensione degli orari dei dormitori, ora aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e il prolungamento del piano freddo anche oltre la data prestabilita. È quello che è successo a Bologna, dove l’amministrazione comunale ha prolungato di un mese il piano freddo e sta costruendo delle tensostrutture per distribuire pasti ai senzatetto ospiti dei dormitori, così da evitare che si allontanino troppo dalle strutture per raggiungere le mense dislocate in città e allo stesso tempo abbiano un luogo sicuro dove rimanere durante l’orario di chiusura dei centri. Per chi dorme fuori, poi, in diverse città europee stanno venendo creati dei “punti igiene” dove ci si può recare per lavarsi e disinfettare le mani. E anche le mense stanno lavorando per riorganizzare il proprio servizio, consegnando cibo take-away. Nel frattempo, dappertutto le associazioni per il diritto alla casa stanno chiedendo alle istituzioni di fermare gli sfratti abitativi, bloccare i mutui e approvare misure per supportare i lavoratori più fragili.

“Le persone senza dimora sono particolarmente vulnerabili al Covid-19 – spiega Owen –. Una ricerca negli Stati Uniti ha stimato che, se paragonati al resto della popolazione, i senzatetto hanno il doppio delle probabilità di venire ricoverati, da due a quattro volte più probabilità di finire in terapia intensiva e da due a tre volte più probabilità di morire. I dormitori, spesso sovraffollati, possono essere ambienti pericolosi per la diffusione di malattie infettive, soprattutto perché non ci sono spazi di isolamento per chi presenta dei sintomi”.

E per chi sta in strada la situazione è ancora peggiore: andare nei bagni pubblici, mangiare all’aperto, dormire in luoghi di passaggio sono già di per sé comportamenti a rischio, oltre al fatto che spesso le biblioteche, i centri diurni e le strutture pubbliche dove solitamente trovano rifugio coloro che dormono fuori in questo momento sono chiusi. “Crediamo che la risposta dell’Unione Europea a questa crisi generalizzata debba includere anche un focus sulle persone senza dimora – conclude Owen –. Le istituzioni europee devono stanziare finanziamenti, fornire linee guida e destinare mascherine e kit igienizzanti ai servizi che si occupano di senza dimora. Stiamo arrivando a un punto di svolta: semplicemente, non possiamo più permetterci di lasciare che ci siano ancora delle persone senza una casa”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)