Cosa sta cambiando? L’inflazione che colpisce anche l’alimentare porta ad una revisione più generale di sistemi produttivi e mercati

Se le famiglie iniziano davvero a stringere la cinghia, le imprese agricole sono costrette a fare la stessa cosa.

Cosa sta cambiando? L’inflazione che colpisce anche l’alimentare porta ad una revisione più generale di sistemi produttivi e mercati

Crescono i costi di produzione. Crescono i prezzi al consumo. Crescono le difficoltà per aziende agricole e consumatori finali. Nella partita del commercio agroalimentare sembra che stiano perdendo un po’ tutti. E’ la conseguenza della situazione difficile sia sui mercati al consumo che su quelli delle materie prime e dell’energia. Qualcosa che sta già costando molto caro, anche alle famiglie.

A fare i conti in tasca agli italiani ci ha pensato Coldiretti che, sulla base dei dati sull’inflazione di giugno, ha calcolato in otto miliardi di euro il peso economico dell’aumento generalizzato dei prezzi dei prodotti alimentari. Sul fronte produttivo, invece, la crescita dei costi di produzione sta “costringendo molti produttori – dice l’organizzazione agricola – a lavorare in perdita”.

Il dato Istat medio relativo all’aumento dei prezzi – +9% -, nasconde ovviamente realtà molto diverse. La reale crescita dei prezzi, infatti, va dal +11,7% della verdura al +10,8% per la frutta segnata da pezzature più piccole per la mancanza di acqua. Proprio quella siccità che, tra l’altro sta schiacciando le produzioni e, di conseguenza, facendo aumentare i prezzi. Dice ancora Coldiretti, infatti, che si registrano cali produttivi del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi, meno 20% cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po.

E se le famiglie iniziano davvero a stringere la cinghia, le imprese agricole sono costrette a fare la stessa cosa. Stando ai coltivatori, più di una azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione. Anche in questo caso, bastano pochi numeri per capire: gli aumenti vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio.

Ma a questo punto che fare? Al di là delle numerose dichiarazioni e appelli alla responsabilità di tutti per fare fronte ad un’emergenza su più fronti (da quelli commerciali e quelli ambientali), vale anche l’opinione degli scienziati e dei tecnici. A partire proprio da quanto sta accadendo relativamente alle disponibilità idriche per arrivare al più generale cambiamento climatico. “Il compito che ci aspetta nei prossimi anni – dice per esempio Marco Trevisan, preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica – è quello di elaborare misure di sostenibilità, per tutelare l’acqua nella sua totalità tramite una programmazione condivisa delle misure di prevenzione e salvaguardia, visti i tempi necessari per la formazione e il ricambio naturale delle acque. Infatti, l’acqua è una risorsa rinnovabile, ma limitata e non omogeneamente distribuita, inoltre solo il 2,5% dell’acqua complessivamente presente sul pianeta è acqua dolce e utile per la vita”. Una strategia che deve però allargarsi. Sempre Trevisan aggiunge: “Il cambiamento climatico in atto, crea alcune situazioni, che se non verranno adeguatamente contrastate, potranno creare pesanti ripercussioni sulla nostra vita e sulle attività agricole in particolare. L’aumento delle temperature, il cambiamento nella distribuzione delle piogge accompagnati alla cementificazione e al mancato ripristino della sostanza organica dei suoli stanno lentamente portando alla desertificazione di ampie aree, un tempo fertili e coltivate. Questo non è ancora appieno compreso ma deve essere uno degli obiettivi dei prossimi anni della ricerca nel settore agrario”. Già, forse tutto deve partire da qui, dalla maggiore consapevolezza e attenzione, di tutti.

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Fonte: Sir