Covid e carcere, proposte “per la salute, la dignità, contro l'isolamento”

Lettera indirizzata al Governo e ai parlamentari della Commissione Giustizia di Camera e Senato e sottoscritta da Antigone, Anpi, Arci, Cgil, Gruppo Abele e a cui hanno aderito altre realtà. Ecco le proposte contro il sovraffollamento e per rendere “non rischiosa e piena di senso la vita in carcere”

Covid e carcere, proposte “per la salute, la dignità, contro l'isolamento”

“Anche il carcere sta subendo le conseguenze della seconda ondata della pandemia di Covid-19, con numeri peraltro più ampi rispetto a quanto non sia avvenuto nei mesi di marzo e aprile. Il numero dei detenuti e degli operatori positivi sta raggiungendo le 1.000 unità per ciascuna di queste categorie, con ritmi di crescita che destano preoccupazione”. Così una nota di Antigone, che rende note alcune proposte contenute nella richiesta sottoscritta assieme ad Anpi, Arci, Cgil, Gruppo Abele. Il tutto in una lettera indirizzata al governo e ai parlamentari della commissione giustizia di Camera e Senato, a cui hanno aderito anche Ristretti, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia-CNVG, CSD - Diaconia Valdese, Uisp Bergamo, InOltre Alternativa Progressista.
Afferma l’associazione: “In circa il 40% degli istituti del paese c'è stato almeno un caso di positività tra le persone recluse e, in alcuni casi, abbiamo assistito a veri e propri focolai.
Nonostante questa situazione, il tasso di affollamento è ancora preoccupante. Ci sono circa 7 mila detenuti in più rispetto ai posti letto disponibili. Se si considera poi che alcune sezioni sono state liberate per essere destinate a diventare spazi per accogliere i contagiati, la situazione può essere considerata ancora più difficile rispetto a quanto non ci dicano questi numeri. Per questo c'è bisogno di misure drastiche e urgenti”.  

Le misure da adottare

Le misure proposte - riportate di seguito - sono volte innanzitutto a ridurre in maniera incisiva la popolazione detenuta e a mettere in sicurezza le persone sanitariamente a rischio, ma anche a rendere non rischiosa e piena di senso la vita in carcere. Eccole.

1 – Estensione dell’affidamento in prova per chi ha patologie. “L’estensione dell’affidamento in prova in casi particolari e della detenzione domiciliare senza limiti di pena a coloro che soffrono di pregresse patologie fortemente aggravabili in caso di contagio da Covid-19, naturalmente sempre sottoposta al vaglio della magistratura di sorveglianza, va nella direzione di assicurare l’universale diritto alla salute.

2 – Detenzione domiciliare. “Non è questo il momento di dare un seguito carcerario a quei provvedimenti di esecuzione delle sentenze emesse nei confronti di persone cui il magistrato non ha ritenuto di dover applicare un provvedimento di custodia cautelare in carcere, non considerandole dunque un pericolo per la società. Tali provvedimenti possono venire trasformati in provvedimenti di detenzione domiciliare, così da non andare ad aumentare il numero delle presenze in carcere ma anche da non rischiare l’ingresso del virus. La detenzione domiciliare, piuttosto che la sospensione, permetterà che la pena continui a scorrere e che non ci si ritrovi con una gran mole di sentenze arretrate da eseguire tutte insieme alla fine della pandemia”.

3 – Estendere la possibilità di lavoro all’esterno. “Le licenze per i detenuti semiliberi, che rischiano con più facilità di introdurre il virus in carcere, devono essere estese a coloro che lavorano all’esterno dell’istituto”.

4 – Estensione della detenzione domiciliare. “La possibilità di trascorrere in detenzione domiciliare la parte finale della pena, oggi prevista per residui pena fino a 18 mesi, è estesa a residui pena fino a 36 mesi. Se al 30 giugno scorso erano poco più di 10 mila le persone detenute con residuo pena fino a 18 mesi, il numero si alzava a 18.850 per residui pena fino a 36 mesi. La misura vedrà sempre la discrezione della magistratura di sorveglianza, permettendo dunque un significativo incremento delle uscite dal carcere senza tuttavia compromettere esigenze di sicurezza”.

5 – Estensione della liberazione anticipata per buona condotta.  “Già a seguito della sentenza della Corte di Strasburgo che nel 2013 condannò l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea, quello che proibisce tortura e trattamenti inumani o degradanti, l’estensione della liberazione anticipata per buona condotta si rivelò uno degli strumenti maggiormente efficaci per deflazionare la popolazione carceraria, che infatti ricominciò a crescere dal 31 dicembre 2015, data in cui cessava la relativa misura provvisoria. Nel momento drammatico che stiamo vivendo, bisogna assolutamente ricorrere a tale strumento, rivolto a coloro che mostrano una volontà di reintegrazione sociale”.

6 – Garantire il diritto alle relazioni affettive e le attività. “La mancanza di contatti con i propri cari è pesantissima da sostenere tanto per le persone detenute quanto per chi si trova fuori dal carcere. È fondamentale che il diritto alle relazioni affettive venga garantito anche nella situazione che stiamo vivendo, attraverso strumenti non portatori di contagio quali le video-chiamate, che hanno dato buona prova di sé nella prima fase della pandemia e che possono essere potenziate. Ma la vita penitenziaria non può ridursi all’attesa del momento in cui si ha un contatto con le persone care. La vita in carcere deve essere in ogni suo aspetto dotata di senso e proiettata al futuro rientro in società. Non possiamo pensare che, per l’intero e indefinito tempo della pandemia, le giornate rimangano sospese nel vuoto della cella e nell’inattività. Così come la vita esterna ha provato ad adeguarsi alla situazione sanitaria, prevendo la didattica a distanza e altri strumenti di lavoro analoghi, così deve fare la vita carceraria”.

7 – Prevenzione dei contagi e reazione sanitaria. “Continuano a essere attuali le proposte che già presentammo nel marzo scorso in relazione alla prevenzione dei contagi e alla stretta reazione sanitaria. Ancora troppo spesso il carcere non è dotato degli strumenti idonei per proteggere chi lo abita. Così come manca una prospettiva di orizzonte che sappia riportare il giuramento di Ippocrate al centro delle politiche sanitarie in carcere”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)